L’immunità di gregge è solamente un mito? A spiegare perché uno studio australiano sui dati internazionali raccolti sull’epidemia a Wuhan sin da dicembre.
Raggiungere l’immunità di gregge con l’esposizione della popolazione al virus è semplicemente un mito. Anzi si tratterebbe di una scelta deleteria.
La conferma arriva da uno studio condotto dall’Università del Nuovo Galles del Sud in Australia che va a dimostrare l’inefficacia di questa strategia per combattere il coronavirus.
La Svezia ha intrapreso questo percorso accantonando almeno per ora il lockdown. Ma anche Boris Johnson, primo ministro britannico, aveva avanzato la proposta per affrontare l’epidemia di COVID-19 per poi cambiare idea e allinearsi agli altri Paesi europei.
Immunità di gregge è un mito? Gli scienziati spiegano perché
Il Regno Unito prima, Olanda e Svezia poi hanno proposto il raggiungimento dell’immunità di gregge come alternativa al lockdown attuato negli altri Paesi Europei. Londra si è presto ricreduta sulla portata della minaccia e ha seguito le orme di Italia, Spagna e Francia. A conferma della poca affidabilità di una strategia del genere uno studio australiano pubblicato nelle ultime ore.
Esporre la popolazione al virus sarebbe solamente deleterio e l’immunità di gregge un vero e proprio mito. Percorrendo questa strada le epidemie da COVID-19 possono diventare cicliche e la conta dei morti potrebbe aumentare esponenzialmente. Tra le conseguenze oggettive ci sarebbe il collasso delle strutture ospedaliere e la riduzione drastica della forza lavoro.
Le conclusioni sono state ottenute dall’Università del Nuovo Galles del Sud, che ha effettuato una revisione dei dati di riviste mediche e ricerche universitarie condotte sin da dicembre 2019, mese in cui il virus è stato individuato a Wuhan in Cina. Queste le parole di Raina MacIntyre, a capo del Programma di ricerca sulla biosicurezza:
“L’immunità di gregge è un mito. Ha una connotazione di eugenetica. Si otterrebbe solamente un aumento esponenziali dei contagi e il lockdown a quel punto diventerebbe imprescindibile. Il sistema sanitario si ritroverebbe sull’orlo del collasso”.
Seconda ondata potrebbe portare mutazioni del virus
Scegliere di intraprendere un percorso del genere potrebbe inoltre rivelarsi inutile nel caso di una seconda ondata di contagi. Al momento non vi sono certezze circa la durata dell’immunità. Il rischio è che questa non possa essere sufficiente se il virus dovesse far registrare mutazioni anche minime nel tempo e con la conseguente circolazione di nuovi ceppi.
A questo proposito è intervenuto il professor Adam Kamradt-Scott del Centre for International Security Studies dell’Università di Sydney:
“Non sappiamo quanto duri l’immunità per il coronavirus. Se dovesse arrivare una seconda ondata potrebbe portare con sé mutazioni e nuovi ceppi. Non abbiamo prove sul fatto che l’esposizione precedente al virus possa conferire un’immunità adeguata”.
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