Immunità di gregge, la città in Italia che la avrebbe già raggiunta

Alessandro Cipolla

14/04/2021

Stando a un’analisi dell’Università di Modena e Reggio, a Piacenza una delle città più colpite dalle prime ondate del Covid ma poi risparmiata dall’ultima, potrebbe essere stata raggiunta una sorta di immunità di gregge.

Immunità di gregge, la città in Italia che la avrebbe già raggiunta

C’è una città in Italia che potrebbe aver già raggiunto una sorta di immunità di gregge. Tutto nasce da uno studio condotto dall’Università di Modena e Reggio, che ha analizzato l’andamento dei contagi in alcune delle zone più colpite dalla prima ondata del Covid.

Le conclusioni dei ricercatori sono molto interessanti: “ Piacenza , Bergamo, Lodi e Vo’ Euganeo, i territori colpiti più violentemente all’inizio dell’epidemia sono parsi maggiormente al riparo in autunno”.

In particolare a Piacenza potrebbe essere stata già raggiunta l’immunità di gregge, con la città emiliana che nel report del 13 aprile ha fatto registrare solo 25 nuovi casi di Covid e zero decessi.

Stiamo parlando di una delle Province più colpite dalla pandemia, visto che in totale finora nel piacentino si sono registrati 22.250 casi di positività mentre i morti tristemente sono stati 1.543.

A Piacenza raggiunta l’immunità di gregge?

Per spiegare questa situazione, i ricercatori hanno avanzato tre ipotesi. La prima è che, dopo la violenta prima ondata, i cittadini siano stati maggiormente attenti nel rispetto delle misure precauzionali rispetto ad altri territori.

Un’altra ipotesi parte dal fatto che nei territori della prima ondata si riteneva avessero raggiunto l’immunità il 5-10% della popolazione, ben lontana dalla immunità di gregge da fissarsi almeno al 50% del totale - ha spiegato Marco Vinceti del Dipartimento di scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze di Unimore al Resto del Carlino - Noi non siamo immunologi, ma forse a quel 5-10% occorre aggiungere tutte le persone che hanno visto scattare le immunità dettate dallo sviluppo dei linfociti T che si attivano in occasione di tante infezioni umane oppure molti hanno sviluppato cellule immunitarie di altri coronavirus come il raffreddore”.

Infine c’è la possibilità secondo Vinceti che “nella prima ondata sono stati individuati praticamente tutti i superdiffusori, quelle persone dotate purtroppo di grande capacità infettante”.

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