L’indicatore di crisi ai massimi record conferma: al referendum vince il No

Flavia Provenzani

14 Novembre 2016 - 17:01

Ecco l’indicatore di mercato che anticipa la vittoria del No al referendum costituzionale dopo il successo di Trump. Ondata populista e uscita dall’Euro in arrivo in Italia?

L’indicatore di crisi ai massimi record conferma: al referendum vince il No

La vittoria di Trump, secondo alcuni, rende la vittoria del NO al referendum costituzionale uno scenario concreto.

La riforma costituzionale voluta dal primo ministro Matteo Renzi è minacciata da un’onda populista mondiale. Anche prima del risultato delle elezioni degli Stati Uniti, Renzi stava già lottando per assicurarsi la vittoria al referendum - la maggior parte dei sondaggi danno le preferenze a favore del ’No’, anche se con molti elettori indecisi. Molti detrattori del referendum costituzionale ritengo che molti indecisi cambieranno idea in cabina elettorale e voteranno No, proprio come hanno fatto gli elettori statunitensi a favore di Donald Trump.

Il primo ministro Renzi ha già detto che si dimetterà se la sua riforma di punta del sistema politico italiano verrà respinta al referendum del 4 dicembre, il che fa di lui una vittima della rivolta populista che sta influenzando le democrazie occidentali e che sta aumentando la preoccupazione degli investitori per la terza economia più grande dell’Eurozona.

BTP: i rendimenti alle stelle anticipano la vittoria del No al referendum

Questa paura è ancor più evidente sui titoli di Stato italiani che sono crollati drammaticamente nelle ultime settimane (con un’accelerazione in questi ultimi giorni) con rendimenti del BTP 10Y sopra il 2,00% per la prima volta da luglio 2015 e con lo spread BTP-Bund ai massimi di 2 anni, nonostante il piano di acquisto titoli colossale portato avanti dalla BCE con il quantitative easing.

Flussi di capitale: vince il No al referendum per i mercati

E come se ci fosse bisogno di ulteriori prove delle crescenti preoccupazioni per il futuro d’Italia, la bilancia TARGET2 del nostro Paese ha appena raggiunto un livello record. Questo indicatore riflette il “sistema di pagamenti interbancario per l’elaborazione in tempo reale dei bonifici transfrontalieri in tutta l’Unione europea” e mostra la direzione della fuga di capitali. E vi è sola direzione: dal Sud Europa alla Germania.

Le posizioni all’interno del sistema TARGET2 sono monitorate perché in un mondo in cui tutti gli altri segnali di mercato sono corrotti e distorti dalle banche centrali, rimangono un indicatore affidabile dei livelli di stress del mercato finanziario evidenziando, ad esempio, quando le banche in un paese perdono flussi di capitali esteri.

Per questo motivo sorprende vedere che nell’ultimo aggiornamento mensile le passività della Banca d’Italia verso gli altri Paesi della zona euro è salita di oltre €60 miliardi negli ultimi due mesi - portando il totale ad un livello record di €355 miliardi, superando i massimi precedenti segnati nel 2012, appena prima del famosissimo «whatever it takes» di Draghi.

Ciò che rende l’aumento delle passività degno di nota è il fatto che l’Italia continui a registrare un sano surplus delle partite correnti, il che suggerisce che l’origine dei deflussi probabilmente si trova all’interno del settore bancario in Italia.

A luglio, la Banca d’Italia ha riferito che il recente aumento nella sua posizione Target2 è stata trainato dagli stranieri che vendono asset italiani, in particolare le obbligazioni, e dagli italiani che acquistano asset esteri, movimenti che sono solo parzialmente compensati dalle banche italiane che aumentano i fondi sui mercati internazionali.

Ad agosto il trend si è rafforzato in modo drammatico, facendo nascere il dubbio su quanto sia terribile il vero stato delle banche italiane, dietro la facciata positiva presentata ogni giorno Matteo Renzi, e sul fatto che questo non abbia nulla a che fare con la recente decisione di procura di Milano di terminare le indagini sulla manipolazione del mercato, il falso in bilancio e corruzione da parte dell’ex ad di Monte Paschi, che «rischia di minare la fiducia degli investitori».

E l’aumento recente della fuga di capitali con il referendum costituzionale che si fa sempre più vicino segnala che l’uscita dell’Italia dall’Euro è opzione possibile.

Referendum costituzionale come Elezioni USA 2016?

La vittoria di Trump ha incoraggiato ulteriormente il fronte del No al referendum, portato avanti dal fronte anti-establishment del Movimento 5 Stelle, che mette in dubbio l’adesione dell’Italia all’Euro e alla NATO e spinge per un giro di vite sui migranti.

In un’intervista al Corriere della Sera nel fine settimana, Silvio Berlusconi, ex primo ministro ormai spesso paragonato a Trump, ha dichiarato che lo «stesso spirito di rifiuto» che ha guidato le elezioni negli Stati Uniti potrebbe «indurre» gli italiani a votare No al referendum.

Beppe Grillo, leader Movimento Cinque Stelle, partito anti-establishment protagonista di un testa a testa con il partito democratico di Renzi nei sondaggi nazionali, ha elogiato la vittoria di Trump come il trionfo contro una élite intellettuale.

Renzi ha rifiutato un qualsiasi confronto tra il referendum e la vittoria di Trump, o il referendum Brexit di giugno sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

«Sono delle elezioni profondamente diverse in diversi paesi»,

ha commentato Renzi sui social media dopo la vittoria di Trump.

Ora la missione di Renzi è utilizzare la vittoria del magnate repubblicano per evidenziare il pericolo che il NO al referendum possa dare ancora più slancio ai partiti populisti, scenario che molti elettori italiani moderati temono, in particolare se dovesse innescare delle forti turbolenze sui mercati finanziari.

«L’esempio americano sarà la prova per gli elettori italiani che l’insoddisfazione e la rabbia possono prendere due strade: o il protezionismo e l’isolamento, come Trump e la Brexit, o le riforme, che questo governo sta portando avanti»,

ha commentato Andrea Romano, deputato del partito democratico.

Fonte: ZeroHedge

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