Intercettazioni, si possono pubblicare sui giornali?

Isabella Policarpio

27 Maggio 2020 - 15:49

I giornalisti possono pubblicare le intercettazioni solo se di interesse pubblico e nel rispetto della dignità delle persone coinvolte. Il difficile equilibrio tra diritto all’informazione e tutela della riservatezza.

Intercettazioni, si possono pubblicare sui giornali?

Quante volte abbiamo letto sui giornali estratti di conversazioni private oppure ascoltato le registrazioni telefoniche di indagati e condannati. Divulgare il materiale intercettato è un atto lecito, ma esistono dei limiti, come andremo a spiegare.

Le intercettazioni pubblicate dai giornalisti devono essere di interesse pubblico e non devono offendere la dignità e la reputazione o coinvolgere persone terze. Inoltre non tutte le intercettazioni possono essere pubblicate dai giornali, ma solo quelle per cui è caduto “il segreto” giudiziario.

La pubblicazione delle intercettazioni è un argomento tanto complesso quanto affascinante: dare delle risposte precise sulla sua legittimità è tutt’altro che semplice, bisogna trovare il giusto equilibrio tra la libertà di stampa e manifestazione del pensiero (articolo 21 della Costituzione) e la tutela della privacy e della dignità dei soggetti coinvolti. Un equilibrio che il più delle volte si rivela precario.

Intercettazioni: quando la pubblicazione sui giornali è lecita

I giornalisti possono pubblicare il materiale intercettato, integralmente o parti di esso, purché il materiale divulgato sia di ”interesse nazionale”, in altre parole riguardi questioni politiche o istituzionale di rilievo per la collettività.

Per questo è un atto del tutto lecito da parte dei giornali rendere note conversazioni, messaggi e trascrizioni di telefonate non più coperte da segreto dalle autorità che le hanno raccolte.

Questa è la “regola generale” a cui i giornalisti devono attenersi per rispettare l’etica professionale e il diritto-dovere di informazione. Tuttavia, anche quando le intercettazioni non sono segrete, spesso la loro pubblicazione/divulgazione può ledere il diritto alla privacy dei soggetti coinvolti o influenzare le indagini investigative.

Sul tema - delicatissimo - si è espresso il Garante della privacy, sancendo che i giornali possono pubblicare il materiale intercettato se:

  • viene rispettato il diritto all’informazione e la sua essenzialità (significa che non devono essere pubblicate delle parti estrapolate dal contesto generale che possono essere fraintese e mal interpretate);
  • si fa attenzione ad evitare riferimenti a congiunti o altri soggetti non interessati ai fatti;
  • è assicurato il rispetto della dignità e della sfera sessuale delle persone coinvolte.

Intercettazioni segrete o illegalmente formate: cosa si rischia in caso di pubblicazione

Quello che abbiamo detto fino ad ora vale soltanto per i messaggi e le registrazioni non sottoposte a segreto e pubblicabili. Ma esistono anche delle intercettazioni riservate o formate illegalmente (senza rispettare le previsioni legislative) la cui pubblicazione o divulgazione è sempre vietata.

Ai sensi dell’articolo 4 del dl 259/2006 chi pubblica e diffonde il materiale sottoposto a segreto rischia la multa fino a 10.000 euro. A pagarne le conseguenze sono sia l’autore dell’articolo che il direttore responsabile e l’editore del giornale.

Del resto il Codice di procedura penale parla chiaro. L’articolo 114 “Divieto di pubblicazione di atti e di immagini” recita:

È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.
2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, fatta eccezione per l’ordinanza indicata dall’articolo.

La diffusione di queste informazioni non solo può ledere in maniera irreversibile l’immagine dei soggetti coinvolti (che possono in un secondo momento rivelarsi innocenti) ma può compromettere l’esito delle indagini e quindi intralciare il corretto andamento della Giustizia.

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