Mentre il nostro Paese spinge sulle riaperture per sfruttare la finestra estiva, il paradosso del Pepp mostra un’altra realtà: senza una stagione da record, il bubbone delle sofferenze bancarie elleniche rischia di far saltare nuovamente il sistema creditizio. La stragrande maggioranza dei prestiti in area non-performing, infatti, fa capo al settore ricettivo e le cartolarizzazioni del pregresso già sfiorano i 50 miliardi di controvalore
L’ultima edizione del Financial Stability Review della Bce, interamente dedicata alle problematiche della ripresa economica e finanziaria del post-pandemia, offre sostanzialmente due indicazioni. Primo, l’Eurotower ha scoperto che un abuso di Qe può rendere dipendenti i conti pubblici degli Stati membri e complicare il processo di normalizzazione. Secondo, la politica di sostegno ha creato lo sgradevole effetto collaterale del proliferare di zombie firms. Insomma, a Francoforte hanno scoperto l’acqua calda.
Ma quella che può apparire una mera presa d’atto empirica, un mettere le mani avanti in vista di un sempre più probabile (e prezzato) inizio di graduale taper del Pepp, potrebbe invece rivelarsi una minaccia concreta. E di stringente attualità. Che porta con sé uno scenario quantomeno paradossale, stante il momento di corsa alla riapertura per cavalcare al meglio la tigre della stagione estiva: la nostra economia - come quelle di tutta l’area cosiddetta Club Med dell’eurozona - deve fare il tifo per l’industria turistica greca.
Fonte: Bce
Reuters ha infatti curato un reportage da Rodi, nel quale - raccontando le attese e le speranze degli operatori ellenici del settore - mette in fila numeri a dir poco inquietanti: se spiagge e ristoranti non garantiranno un rimbalzo di entrate tale da coprire il buco nero delle sofferenze bancarie, l’autunno potrebbe ripresentare Atene nel ruolo di detonatore di un’altra crisi sistemica europea. Nel mezzo della congiuntura peggiore in assoluto.
La Banca centrale greca, infatti, stima che oggi un quarto dei prestiti al settore del turismo, il quale a sua volta pesa per un quinto dell’intero Pil ellenico, siano non-performing. Gli ultimi dati disponibili al riguardo sono quelli comunicati lo scorso ottobre al Parlamento dal vice-ministro al Turismo, Manos Konsolas e portano con sé una stima legata a sofferenze nel comparto pari a 3 miliardi di euro. Ma non basta: sempre stando a dati della Banca centrale, un terzo di tutti i prestiti coperti da regime di moratoria introdotto come risposta al Covid fanno riferimento a settori vulnerabili come ospitalità e ristorazione. E nonostante una drastica riduzione del peso degli Npl sui bilanci bancari, gli istituti ellenici mostrano ancora i liveli più alti di tutta l’Unione con i loro 47,4 miliardi di euro, pari al 30,2% dei portfolios. Più di dieci volte la media dell’Ue.
E il governo di Atene ha già pompato 40 miliardi di aiuti nell’economia e promesso un loro ritiro molto graduale ma, nonostante questo, le prospettive restano fosche. Quantomeno, nei numeri assoluti. Dopo un decennio di crescita continua, il turismo ellenico nel 2020 ha registrato il suo peggior risultato di sempre con solo 7 milioni di visitatori contro i 33 milioni del 2019. Le revenues del settore si sono fermate a 4 miliardi di euro, meno di un quarto dei 18 miliardi del 2019. Il governo, anche grazie alla campagna vaccinale e all’istituzione delle isole Covid-free, spera in un 40% dei livelli dell’estate di due anni fa ma sono molte le aziende che senza un vero e proprio exploit dei conti, rischiano comunque la chiusura, stante una situazione di indebitamento strutturale insostenibile già nel periodo pre-Covid.
Fra queste spicca la compagnia di navigazione Sea Dreams, la quale lo scorso anno ha venduto soltanto 22.000 biglietti contro i 120.000 del 2019: a fronte di revenues crollate del 75%, il debito - già ridotto di 3,5 miliardi dopo due dolorose ristrutturazioni - continua però a pesare sui bilanci. E nonostante il programma Hercules, la bad bank governativa dove gli istituti ellenici hanno scaricato le sofferenze e gli incagli e che resterà attiva fino alla fine del 2022, quella del debito resta una costante liability.
Fonte: Bloomberg
Non fosse altro perché quei prestiti problematici sono stati impacchettati e tramutati in asset-backed securities da vendere a investitori stranieri: ad oggi, si parla di una cartolarizzazione che ha riguardato circa la metà del controvalore di Npl scaricati dalle banche: 50 miliardi di euro.
Se per caso l’estate non garantirà nei fatti i risultati sperati e l’autunno porterà con sé, oltre al vento freddo, anche un nuovo diluvio di Npl, quante altre cartolarizzazioni occorrerà porre in essere? E a quale prezzo un investitore sarà disposto ad acquistarle? Infine, ecco il detonatore: come mostra questo ultimo grafico,
gli stessi istituti ellenici che hanno scaricato le sofferenze allo Stato, si sono a loro volta pesantemente esposti su di titoli di debito pubblico, forti dello schermo garantito dalla deroga decisa dalla Bce in seno al Pepp proprio riguardo la carta ellenica come collaterale. E quando quella deroga terminerà, magari già a fine estate e con le sofferenze sui prestiti in salita? E quando sarà l’intero Pepp a perdere di intensità nel controvalore degli acquisti, magari con un graduale taper già annunciato al board del prossimo 10 giugno che invierà tremori sostanziali sugli spread di tutto il Club Med, già oggi in rialzo costante?
Il Qe sta dimostrandosi come il mercato azionario: entrare è facile, è il tempismo di uscita che conta. E presenta le difficoltà reali. La Bce pare averne preso atto, finalmente. Ora attendiamo che trovi anche una soluzione, prima che la Grecia scateni un altro 2011. Non è un caso, forse, che proprio oggi Bruxelles abbia dato il via libera alla riapertura totale dei confini dei Paesi membri nei confronti dei viaggiatori totalmente vaccinati.
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