Il monito: “Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”. Spread, debito, Consob ammutinata e capo dei servizi usata come pedina, cui prodest?
Nell’inviare un saluto alle nostre magistrature - elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della nostra società - mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia. Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività.
Non vi è stato organo di stampa che ieri non abbia incentrato la propria cronaca del discorso del rieletto presidente della Repubblica su questa frase. Dopo il caso Palamara e il diktat europeo che legò la scorsa estate l’esborso dei primi 25 miliardi del Recovery Fund alla riforma Cartabia, stupirsi sarebbe ipocrita. Non fosse altro per il ruolo di capo del CSM ricoperto dall’inquilino del Colle. A mio avviso e per ovvia impostazione professionale, è però un’altra la frase da cerchiare in rosso. E, soprattutto, necessitante di urgente e approfondita interpretazione. Questa: Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico.
Pesantissima. Eppure, ignorata. A quali poteri fa riferimento il capo dello Stato? Finanziari? E in che modo aggirerebbero il processo democratico, forse imponendo agende e addirittura governi, bypassando il supremo rito delle urne? Se così fosse, ci sarebbe un problema: il governo Draghi è nato senza alcun tipo di mandato popolare. E, di fatto, su diretta chiamata del Quirinale, dopo consultazioni post-scioglimento dell’esecutivo Conte-bis a dir poco ridotte all’osso. E parole del genere, già di per sé inquietanti, divengono macigni in un periodo come quello attuale. Spread di nuovo in impennata, debito e deficit fuori parametro a causa dei continui scostamenti dovuti alla pandemia e mantenuti in traiettoria di solvibilità e sostenibilità solo dall’azione della Bce nella compressione del premio di rischio, Consob in pieno assetto da ammutinamento del Bounty come clamorosamente ammesso dallo stesso presidente Savona con riferimento al caso Generali.
In tal senso, poi, attenzione al Risiko bancario: Carige, MPS, appunto il Leone di Trieste ma anche il nervosismo di Unicredit nel posizionamento internazionale. Infine, un particolare che appare tutt’altro che di poco conto e che, alla luce delle parole del Presidente, getta un’ombra sui giorni concitati proprio della corsa al Colle: la numero uno dei servizi segreti, Elisabetta Belloni, gettata allo sbaraglio in un tritacarne politico-mediatico che ben poco si concilia con il profilo di riservatezza tipico dell’intelligence. Apparato dello Stato che, a più riprese, ha proprio messo in guardia il Copasir, il Comitato parlamentare di controllo, sul rischio di scalate estere verso settori strategici. Detto fatto, l’assalto di KKR a Tim. Per ora apparentemente respinto. Ma, proprio per questo, sintomatico di un’aria che tira.
E di una possibile modalità da stress test rispetto ai tempi e ai modi di reazione italiana posta volontariamente in essere dai grandi soggetti finanziari internazionali. E poi JP Morgan, il cui numero uno, Jamie Dimon, nel luglio dello scorso anno stuzzicò gli entusiasmi provinciali del Paese, quando invitò tutti a scommettere sull’Italia di Mario Draghi. Lette in controluce con la frase del Presidente e all’ombra di un spread in area 160 punti base, quelle parole paiono assumere profili differenti. Infine, una coincidenza. E un anniversario. Ma non quello che automaticamente balza al pensiero. Troppo facile infatti associare il richiamo del Presidente alla riforma della magistratura con il terremoto di Tangentopoli, di cui fra pochi giorni - 17 febbraio - ricorrerò il trentennale dell’atto scatenante, la richiesta di arresto di Mario Chiesa da parte dell’allora giovane PM, Antonio Di Pietro.
Occorre andare un po’ più in là. Saltare a piè pari a primavera. Il 2 giugno, infatti, non si festeggerà sono la Repubblica ma anche il trentennale della mitologica crociera sul Britannia, ovvero l’incontro organizzato a largo di Civitavecchia sul panfilo di Sua Maestà dai British Invisibles, nulla più che una sorta di Confindustria della finanza lasciata con mano libera e briglia molto sciolta negli anni del governo Thatcher e operante come nucleo prodromico di quella che oggi è nota come International Financial Services (IFS). Nessuna Spectre, insomma. Solo businessmen di altissimo livello. Piombati in Italia non appena il governo Amato aprì alle privatizzazioni, naturalmente richiamati con squali dal sangue.
Erano in molti gli italiani presenti a bordo: banchieri pubblici e privati, manager dell’Iri, rappresentanti di Confindustria. Gran cerimoniere dell’evento, Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro. Il quale però si limitò a introdurre i lavori del seminario con una relazione sulle intenzioni del governo italiano e scese a terra prima che la nave salpasse per l’Argentario. Meglio dirlo subito: quell’avvenimento con gli anni divenne noto come la grande svendita dell’Italia e utilizzato - spesso a sproposito - come clava populista decontestualizzata, enfatizzandone i toni ed esagerandone la portata fino al parossismo.
Come scrisse l’ambasciatore Sergio Romano nella sua rubrica delle lettere per il Corriere della Sera il 16 giugno 2009. la crociera fu breve e pittoresca, con una orchestrina della Royal Navy che suonava canzoni nostalgiche degli anni Trenta e un lancio di paracadutisti da aerei britannici che si staccarono in volo da un incrociatore e scesero come stelle filanti intorno al panfilo di Sua Maestà. Insomma, un quadretto decisamente poco confacente a un grande complotto finanziario internazionale. E più simile a una gita premio aziendale.
Ma ecco come lo stesso Sergio Romano chiudeva la sua risposta alla domanda posta dal lettore Giuseppe Zaro: Fu anche utile? È difficile fare i conti. Ma non c’è privatizzazione italiana degli anni seguenti in cui la finanza anglo-americana non abbia svolto un ruolo importante. Sicuramente, oggi come oggi, persino un uomo Sergio Romano rischierebbe la bollatura a complottista e la conseguente espulsione dal genere umano senziente, alla luce di una simile conclusione.
Ma qualcosa comincia a stonare in questa Italia di fine pandemia ma di contemporanea emergenza permanente. Cosa voleva dire il presidente Mattarella con quelle parole al Parlamento, pronunciate in un’occasione simbolica come il giorno del suo secondo giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione? E, soprattutto, in vista di un trentennale che sarà festeggiato con il gran cerimoniere dell’epoca a Palazzo Chigi. Attenzione a concentrarsi troppo gli scossoni dello spread Btp-Bund sulla scadenza benchmark del decennale e a ignorare contemporaneamente questo,
ovvero la dinamica che realmente conta: la curva 2-10 anni, poiché il trend che sta prendendo il nostro titolo di Stato a 24 mesi comincia a rimandare sinistri scricchiolii da 2011. L’inversione è ancora lontana ma giova ricordare l’unico sacro principio del mercato ancora valido in epoca di manipolazione strutturale: la palla di neve diventa valanga silenziosamente e in fretta, scendendo a valle. E Mario Draghi pare aver immediatamente cambiato marcia al suo governo: a fronte della richiesta di Lega e M5S di nuovo scostamento per tamponare il caro-bollette, la risposta comincia a essere da falco.
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