I governi di Kazakistan e Argentina vogliono rendere il mining di criptovalute meno economico, elemento che potrebbe favorire l’esodo di molte crypto farm.
In futuro il mining di criptovalute in Kazakistan e Argentina potrebbe non essere più così vantaggioso, dato che i governi di entrambi i Paesi hanno manifestato la volontà di tassare le crypto farm e aumentare i costi dell’energia elettrica impiegata nell’estrazione di Bitcoin e altre criptovalute.
In seguito all’adozione dei divieti sulle valute digitali da parte del governo di Pechino, le aziende cinesi di crypto mining avevano spostato le loro sedi operative in quelle nazioni in cui i costi dell’energia erano molto bassi e le autorità non mostravano interesse nel disincentivare l’operato dei miner. Tuttavia l’atteggiamento di alcuni Paesi riguardo il mining appare radicalmente mutato, alla luce dell’impatto negativo delle attività estrattive sull’approvvigionamento energetico e il corretto funzionamento delle infrastrutture elettriche locali.
Mining sempre più caro in Argentina e Kazakistan
In Kazakistan il governo del presidente Qasym Toqaev pensa d’introdurre una serie d’imposte volte a scoraggiare l’arrivo e la permanenza delle società di crypto mining. Secondo quanto riferito dal vice ministro delle finanze Marat Sultangaziyev, i costi energetici potrebbero lievitare del 335%, passando dagli attuali $0,0023 per Kwh a $0,01 per Kwh. Ma non sarebbe tutto: le autorità di Nur-Sultan sarebbero favorevoli all’imposizione di una nuova tassa sul possesso di apparecchiature per il mining (schede grafiche CPU, processori, schede RAM, etc.), oltreché alla rimozione dell’esenzione IVA sugli hardware usati per estrarre valute digitali.
È importante ricordare che per minare Bitcoin è necessario utilizzare un hardware specifico in grado di eseguire i calcoli matematici richiesti per aggiungere alla blockchain nuovi blocchi. Nelle farm più grandi possono trovarsi diverse decine di migliaia di apparecchiature, il cui valore di mercato può anche superare il milione di dollari USA.
In Argentina invece il governo ha deciso di eliminare ogni forma di sussidio energetico per i minatori, i quali fino a oggi potevano ridurre di quattro volte i costi dell’energia consumata dagli impianti situati in Patagonia (Argentina Medionale).
Nella risoluzione adottata dal Ministero dell’Economia argentino si legge che l’attività estrattiva mette a rischio la tenuta dell’infrastruttura energetica locale, e che data la sua natura altamente redditizia, le aziende che la svolgono non necessitano di aiuti statali per far fronte all’aumento delle tariffe. Il ministro dell’economia argentino Martín Guzmán ha poi chiarito che il provvedimento adottato non rende illegale il lavoro delle farm.
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Nuovo esodo dei miner in vista?
Si ritiene che l’inasprimento dei costi energetici legati all’estrazione di criptovalute e l’assoggettamento a nuove imposte siano elementi in grado di determinare un altro esodo dei miner, che non sarebbe tuttavia paragonabile a quello verificatosi durante l’estate 2021. Molti osservatori hanno fatto notare che il mining non sarà colpito da divieti espliciti, di conseguenza le società con maggiori risorse potrebbero pensarci due volte prima di abbandonare in via definitiva il Kazakistan o l’Argentina, mentre per le realtà più piccole il trasferimento sarebbe l’unica strada percorribile.
USA, Canada e Russia restano le mete più gettonate per le compagnie che si occupano del mining, che possono fare affidamento su un crescente investimento in tecnologie riducendo i livelli di emissioni nocive correlati all’estrazione di Bitcoin.
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