NASpI e contratto di lavoro part-time: ecco un chiarimento su calcolo della durata e verifica dei requisiti. Cosa cambia per chi percepisce uno stipendio molto basso?
Quando si parla d’indennità di disoccupazione NASpI non si può non dedicare un approfondimento al contratto di lavoro part-time. I rapporti di lavoro a orario parziale, infatti, hanno delle ripercussioni sul calcolo del beneficio, in particolare per quel che riguarda la durata della NASpI.
La regola vuole, infatti, che la NASpI venga corrisposta mensilmente “per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni”. Una disposizione che molti interpretano come “la metà della durata dei rapporti di lavoro maturati negli ultimi quattro anni” (e che ovviamente non hanno dato luogo ad alcuna indennità).
Ed effettivamente, semplificando, è così quando si parla di rapporti di lavoro a tempo pieno. Per il part-time invece è bene fare delle precisazioni, in quanto è probabile che in questo caso la durata della NASpI sia inferiore a quelle che sono le aspettative.
NASpI e contratto di lavoro part-time: le settimane di contribuzione
Come abbiamo appena visto, per alcune voci non si parla di giorni di lavoro, quanto di settimane di contribuzione. Ed è vero che nel part-time orizzontale (e recentemente è stato deciso così anche per quello verticale) vengono considerate tutte le 52 settimane di contribuzione, ma a condizione però che la retribuzione settimanale non sia inferiore ai minimali retributivi INPS.
Quando la retribuzione settimanale è pari o superiore ai minimali Inps, quindi, a chi ha lavorato un anno part-time vengono riconosciute comunque 52 settimane di contribuzione, al pari di chi ha lavorato a tempo pieno. Ma quando non è così cosa succede? Ci sono dei calcoli da fare, ma va detto intanto che una settimana di lavoro non corrisponde esattamente a una settimana contributiva.
E questo è un punto importante da chiarire, sia per quanto riguarda i requisiti che danno diritto alla NASpI che per la durata dell’indennità di disoccupazione.
Soffermiamoci, dunque, su questo aspetto. Intanto va detto che il minimale contributivo è costituito da quella retribuzione minima considerata come base per il calcolo dei contributi previdenziali versati dal datore di lavoro.
Vi è un minimale giornaliero che è pari al 9,50% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD). Per il 2021, considerando un trattamento minimo pari a 515,58€, il minimale della retribuzione giornaliera è di 48,98€. Questo significa che se il lavoratore percepisce una retribuzione giornaliera inferiore a questa soglia i contributi dovuti saranno comunque calcolati tenendo conto del suddetto minimo giornaliero.
Per l’accredito di un anno intero di contributi, ossia di 52 settimane contributive, è necessario però che la retribuzione settimanale sia pari o superiore a 206,23€ (10.724,00€ il limite annuale), ossia il 40% del trattamento minimo di pensione. Questo valore è aggiornato al 2021 e soggetto a variazione ogni anno.
Quando è sotto questa soglia, allora non viene riconosciuta per intero la settimana contributiva. Un problema per coloro che svolgono lavori part-time a poche ore e con una retribuzione non elevata, in quanto in questo modo ci sono ripercussioni sia per il diritto all’indennità di disoccupazione che per la durata della stessa.
Questa regola, però, non vale per tutti: non si applica per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, agli operai agricoli e agli apprendisti. Ad esempio, nel caso dei lavoratori domestici viene previsto che l’anno di contribuzione viene interamente coperto quando il part-time corrisponde a un minimo di 24 ore lavorative.
NASpI e contratto di lavoro part-time: quali conseguenze?
Ovviamente non ci sono conseguenze per chi, pur lavorando part-time, ha sempre raggiunto la soglia minima di retribuzione settimanale prevista dalla normativa.
Nel caso contrario, quando quindi siamo sotto alla suddetta soglia, per fare una settimana contributiva servono più giorni. A seconda della retribuzione di riferimento, dunque, potrebbe essere che la settimana contributiva si consideri ogni 10 giorni di lavoro part-time, o anche qualche giorno di meno.
In questi casi, dunque, non vale il presupposto per cui una settimana contributiva equivale a una settimana in cui il rapporto lavorativo è in essere. Ciò può avere ripercussioni per acquisire il diritto all’indennità, in quanto è necessario avere 13 settimane contributive negli ultimi 4 anni.
Pensiamo a chi ha un rapporto di lavoro part-time di appena 13 settimane ma ha percepito una retribuzione settimanale inferiore alla suddetta soglia. Questo non potrà avere diritto alla NASpI, perché di fatto non è riuscito a raggiungere le 13 settimane di contribuzione.
Lo stesso vale per la durata dell’indennità, erogata per la metà delle settimane contributive riferite agli ultimi quattro anni. Pensiamo a un lavoratore impiegato part-time per tutti i quattro anni: questo dovrebbe aspettarsi una NASpI erogata per 24 mesi. Ed effettivamente sarà così qualora la retribuzione settimanale sia sempre stata superiore alla soglia prevista per l’anno a cui si fa riferimento.
Se non sarà così allora anche la durata sarà ridotta. A seconda di quelle che sono le settimane contributive considerate dall’INPS, quindi, la NASpI verrà erogata per la metà delle stesse.
Esempio:
- settimane lavorate durante l’anno: 52;
- settimane contributive: 40 (in quanto la retribuzione settimanale è stata inferiore al minimale INPS);
- settimane di erogazione della NASpI: 20.
Nessuna differenza, invece, per l’importo. La prestazione viene comunque calcolata prendendo in considerazione il 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni.
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