Il pagamento di gas in rubli che dal 1 aprile la Russia ha imposto per decreto sta scuotendo il mercato energetico: cosa significa davvero per l’Italia il cambiamento? Cosa rischia il nostro Paese.
Gas in rubli, anche per le importazioni dell’Italia: cosa significa?
Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che impone agli acquirenti stranieri di pagare in rubli il gas russo dal 1 aprile pena la sospensione dei contratti, una mossa definita «ricatto» dagli Stati europei.
L’Europa tutta, in primis l’Italia vista la sua dipendenza energetica da Mosca, è in agitazione (anche se non è ben chiaro cosa produrrà effettivamente questa imposizione di Putin).
Finora nel 2022 l’Europa ha speso da 200 a 800 milioni di euro al giorno per il gas russo e convertirli in rubli sarebbe un enorme colpo per la valuta nazionale russa.
Cosa significa concretamente per l’Italia e il suo approvvigionamento di gas nell’immediato il pagamento in rubli?
Cosa significa per l’Italia il pagamento del gas in rubli
Da una prima lettura del decreto di Putin da parte di addetti ai lavori, emerge innanzitutto che la novità sul tassativo pagamento in rubli del gas importato riguarda soprattutto un aspetto.
Di fatto, l’ordine di Putin rende Gazprombank l’intermediario nel commercio del gas. Cosa significa?
Un acquirente estero, l’importatore di energia come l’italiana Eni per esempio, è obbligato all’apertura di un conto corrente presso Gazprombank, che è rimasto fuori dall’esclusione del sistema di transazioni internazionali Swift. La banca russa avrà due conto correnti: uno per i pagamenti in euro-dollari e l’altro per quelli in rubli.
Stando alle prime interpretazioni, Gazprombank avrà il compito di prelevare le somme depositate nelle valute straniere, convertirle in rubli al Moscow Exchange e trasferire quindi la valuta nazionale della Russia nel conto aperto dagli importatori. Infine, gli acquirenti riusciranno a pagare in rubli il gas.
Un meccanismo reso dunque più complesso per la compravendita energetica, ma che consentirebbe a Putin di controllare maggiormente la sua moneta e apprezzare il rublo (che vede aumentare la sua domanda).
Nel concreto, però, i Paesi europei e anche l’Italia hanno già fatto sapere che i contratti stipulati finora per l’acquisto di gas russo stabiliscono altro e cambiare le regole in modo unilaterale viola il diritto. Potrebbe scattare anche una diatriba legale, con l’impugnazione dei contratti.
Italia senza gas se non paga in rubli?
La domanda che maggiormente ci si pone nel nostro Paese e nell’Europa tutta è la seguente: la minaccia di Putin di fermare il flusso di gas se non sarà subito pagato in rubli è realistica?
Senza energia da Mosca l’Italia, al momento, non può avere forniture sufficienti. Tuttavia occorre sottolineare anche che solo a marzo, le casse di Putin hanno ricevuto 11 miliardi di dollari provenienti unicamente dalla vendita del gas.
Inoltre, sottolineano gli esperti, fermare il flusso di questo combustibile da un momento all’altro è assai complicato se non impossibile. Così come trovare subito un’alternativa di vendita del gas russo non è scontato.
Il gas, a differenza del petrolio, non può essere dirottato facilmente in altri Paesi (quali la Cina, per esempio), poiché viaggia in pipeline, gasdotti, non in navi petroliere.
In Italia, il ministro Cingolani ha chiarito che “al momento le riserve italiane di gas consentono comunque di mandare avanti le attività del Paese anche in caso di brusche e improbabili interruzioni delle forniture russe.”
Il nostro Paese resterà in stretto contatto con gli altri leader Ue per dare una risposta univoca all’ordine di Putin.
In conclusione, in un contesto assai complesso e confusionario, l’unico effetto per l’Italia dopo l’imposizione russa di pagare il gas in rubli è il rischio di comprare la risorsa a prezzi ancora più alti (il mercato di riferimento di Amsterdam ha visto schizzare le quotazioni del gas).
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