Ora il panico è ufficiale: la fine del Pepp riesuma i Pigs in vista del Consiglio Ue

Mauro Bottarelli

15/03/2022

Venerdì a Roma incontro fra Draghi e i premier di Spagna, Portogallo e Grecia. Tutti Paesi con alto debito e spread a rischio per scelte della Bce e Patto di stabilità, Parigi non è valsa una messa?

Ora il panico è ufficiale: la fine del Pepp riesuma i Pigs in vista del Consiglio Ue

In vista del Consiglio Europeo della prossima settimana, il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, venerdì 18 marzo alle ore 11.00 avrà un incontro a Roma con il Presidente del Governo di Spagna, Pedro Sanchez, con il Primo Ministro della Repubblica portoghese, Antonio Costa, e in collegamento video con il Primo Ministro della Repubblica ellenica, Kyriakos Mitsotakis. La prosa ufficiale conferisce burocratica asetticità ma il profilo degli ospiti tradisce un chiaro dettato politico: come certe rock-band che allestiscono reunion per raggranellare un po’ di soldi, una volta bruciati tutti i diritti d’autore guadagnati nei giorni di gloria, così la fine del Pepp ha riesumato i cosiddetti Pigs.

Manca la «I» di Irlanda all’acronimo che fra il 2010 e il 2011 spaventò l’eurozona (e il mondo) ma, per il resto, l’effetto déjà vu appare garantito. Paradossalmente, in un macro scenario che crea timori ben peggiori della crisi debitoria scaturita come appendice al tracollo finanziario del 2008. Oggi, infatti, il combinato appare infernale per i Paesi ad alto indebitamento dell’eurozona: fine degli acquisti Bce anticipata al 30 giugno e con un secondo trimestre al minimo sindacale di controvalori, inflazione fuori controllo e sanzioni alla Russia che stanno già ora aggravando pesantemente il costo energetico e agricolo-alimentare. Praticamente, la tempesta perfetta.

Ecco quindi che venerdì, in vista di un Consiglio Europeo che giocoforza dovrà cominciare a toccare anche altri temi che non siano la questione ucraina, Mario Draghi pare voler serrare le fila delle nazioni che più hanno da perdere dalla svolta da falco dell’Eurotower. Anche perché il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, non ha nascosto l’evidenza: se lo scenario in atto in Ucraina inciderà pesantemente sulla crescita europea, altresì nel mese di maggio la questione del Patto di Stabilità tornerà sul tavolo della discussione. E l’Italia, apparentemente, ora deve rincorrere. Perché se il Patto del Quirinale doveva servire a cementare un asse Roma-Parigi che sostituisse quello storico renano nel post-Merkel, questi due grafici

Andamento del tasso di inflazione in Francia Andamento del tasso di inflazione in Francia Fonte: Pictet/Bce
Andamento dell'indice Zew tedesco di fiducia delle imprese Andamento dell’indice Zew tedesco di fiducia delle imprese Fonte: Pictet/Zew

mostrano come Parigi e Berlino abbiano tutto da guadagnare nel mantenere saldo il loro rapporto privilegiato e la guida a due dell’Europa. La Francia a febbraio ha visto l’inflazione balzare al 2,5%, dopo che per mesi aveva potuto vantare un tasso di crescita dei prezzi molto più lento e meno allarmante degli altri membri, mentre l’ultima lettura dell’indice Zew tedesco parla chiaramente di contrazione economica.

Insomma, Parigi non è valsa la proverbiale messa. Quindi, meglio cercare di fare squadra con chi è nella nostra stessa condizione, pur partendo da numeri ben differenti. Spagna, Portogallo e Grecia, infatti, non solo elefanti nella stanza. L’Italia sì. E che l’Europa intenda puntellare il nostro Paese con un commissariamento de facto lo dimostra l’atteggiamento del governo di fronte alle necessità di sostegno aggravate dalla crisi ucraina: il nuovo intervento sul caro-bollette sarò infatti finanziato apparentemente con l’extra-gettito delle accise e non con un ricorso a nuovo deficit, come chiesto da quasi tutti i partiti della maggioranza. Insomma, il no a un ulteriore scostamento giunto da Bruxelles è stato incorporato da Palazzo Chigi come una conditio sine qua non per giocarsi ancora qualche carta a livello di Patto di Stabilità. Quindi, il rischio è quello di una paradossale partita di giro: i profitti del caro-carburante finanzieranno infatti i ristori per il caro-carburante.

Sicuramente, la versione ufficiale al termine dell’incontro parlerà di dialogo incentrato sul tema dell’Ucraina o della fine della dipendenza energetica dalla Russia ma appare chiaro che, oggi come oggi, Atene abbia ben altre priorità. Ad esempio, garantirsi la prosecuzione della deroga di utilizzo del proprio debito come collaterale per operazioni di rifinanziamento anche dopo il 31 marzo, quando il Pepp trasferirà le sue prerogative all’App e mantenerla quantomeno fino al 30 giugno. Perché finora Atene ha vissuto unicamente grazie all’investment grade artificiale che le ha garantito l’emergenza Covid, tolto il quale i suoi titoli torneranno di colpo sul mercato senza paracadute. E a rischio di un re-price a dir poco violento.

E se questo grafico

Andamento percentuale degli aumenti salariali nei contratti collettivi in Spagna Andamento percentuale degli aumenti salariali nei contratti collettivi in Spagna Fonte: Oxford Economics/Haver Analytics

mostra come la Spagna abbia dovuto fare già i conti con un primo, netto trasferimento diretto di inflazione nelle dinamiche salariali, è chiaro che l’effetto a cascata che la Bce potrebbe innescare ricalcherà alla perfezione quello del 2010-2011: prima cadrà Atene, poi Madrid che trascinerà con sé Lisbona per l’enorme esposizione cross-border e poi il mercato metterà nel mirino il bersaglio grosso. Insomma, Roma ha bisogno di strappare una qualche garanzia a Bruxelles o Francoforte. E in fretta. Perché con il caro-energia che rischia di bruciarsi il 3% di Pil e un PNRR che appare ormai carta straccia, stante le nuove prospettive macro, il governo Draghi non può minimamente sperare di resistere all’impatto con le proprie forze.

Resta da capire quale sia il margine di trattativa e quale il prezzo che le autorità europee chiederanno all’Italia per garantirle dei tempi supplementari: se il buon giorno si vede dal blitz sul catasto, il commissariamento appare ormai nei fatti. Dovevamo andare a braccetto con Parigi alla conquista della leadership Ue, ci ritroviamo in un venerdì di metà marzo a inventarci strategie con i vecchi alleati di una stagione che si pensava archiviata. Quanto paiono lontani i giorni felici dei riconoscimenti dell’Economist al nostro Pil.

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