Accorpare la Polizia Penitenziaria nella Polizia di Stato per risolvere i problemi del sistema carcerario italiano: lo chiede l’Europa, ecco perché l’Italia dovrebbe adeguarsi.
Dell’accorpamento della Polizia Penitenziaria nella Polizia di Stato se ne parla da mesi, ma al momento si tratta solamente di indiscrezioni non confermate dagli addetti ai lavori.
D’altronde per far luce su questa evenienza bisognerà attendere la prossima legislatura visto che ormai non ci sono i tempi tecnici per procedere con un accorpamento dei due corpi di Polizia. Tutto dipenderà dalle intenzioni del prossimo Governo e dalle forze politiche che ne saranno a capo.
Quello che ci interessa in questo momento è l’opinione del personale della Polizia Penitenziaria, coloro che sarebbero direttamente coinvolti nell’accorpamento. A tal proposito ci è d’aiuto un articolo pubblicato qualche giorno fa dal giornale online “Polizia Penitenziaria-Società, Giustizia e Sicurezza” firmato da Matteo Riccardi, al quale è seguita una risposta di un sindacalista del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria).
Entrambi gli interventi sono a favore dell’accorpamento della Polizia Penitenziaria nella Polizia di Stato, soluzione necessaria per risolvere i problemi del sistema carcerario italiano.
Nel dettaglio, dall’analisi congiunta di questi due interventi possiamo individuare diverse motivazioni per cui l’accorpamento oggi potrebbe essere una soluzione volta ad una maggiore efficienza delle forme di detenzione presenti sul territorio.
Perché l’accorpamento Polizia Penitenziaria-Polizia di Stato è necessario
Mentre l’accorpamento della Guardia Forestale nell’Arma dei Carabinieri ha suscitato non poche polemiche da entrambe le parti, sembra che un’unione tra Polizia Penitenziaria e Polizia di Stato verrebbe accolta in maniera differente.
Dalla lettura dei comunicati pubblicati sul periodico “Polizia Penitenziaria” emergono diverse argomentazioni a sostegno di questa tesi. Noi abbiamo individuato 4 motivazioni per cui l’accorpamento oggi è necessario; vediamo quali sono.
1) Perché l’Europa ce lo richiede
Accorpando la Polizia Penitenziaria nella Polizia di Stato, l’Italia si adeguerebbe alle disposizioni dell’Unione Europea. Da tempo infatti l’Italia riceve delle segnalazioni dall’Europa in merito all’eccessiva frammentazione delle Forze di Polizia.
2) Non sono i poliziotti a doversi occupare della gestione dei detenuti
Sempre l’Europa rimprovera l’Italia per una mancanza di cesura tra le Forze di Polizia e i soggetti deputati alla gestione degli Istituti Penitenziari. Non sono i poliziotti infatti a doversi occupare delle gestione dei detenuti, ma dei professionisti in ambito psico-pedagogico con le competenze tali da affrontare le diverse problematiche.
I poliziotti dovrebbero occuparsi della sola sicurezza delle carceri, un ruolo solamente di controllo della struttura detentiva e sul territorio delle misure alternative alla detenzione.
3) Per far fronte alla carenza di personale
Nell’intervento pubblicato da Polizia Penitenziaria si lamenta lo sfacelo del DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) e del Ministero della Giustizia “concentrato nella ricerca di voti e dunque interessato solo ad aumentare le mercedi ai detenuti ed ad inseguire le chimere del recupero di Personale di Polizia Penitenziaria per i servizi d’istituto tramite una riduzione degli organici delle sedi”.
Il taglio degli organici della Polizia Penitenziaria applicato con la Legge Madia è un dato reale e la colpa di ciò è imputabile al DAP colpevole di non essere riuscito in passato a ottenere l’autorizzazione alle assunzioni che invece sono state garantite agli altri corpi delle Forze Armate.
L’unica soluzione contro l’inadeguatezza del DAP è quella di convogliare sotto un’altra amministrazione, ossia sotto la gestione del Ministero dell’Interno a capo della Polizia di Stato.
4) Per creare un nuovo sistema di detenzione
Secondo il sindacalista del Sappe, invece, è necessario riformare l’attuale sistema penitenziario: bisogna infatti ricostruire un Corpo di Polizia che abbia il compito di tutelare la sicurezza pubblica come “fattore implicito della pena”.
La rieducazione del detenuto è l’obiettivo principale delle misure detentive, poiché come è logico un delinquente rieducato è meno incline a commettere dei reati.
Il carcere dovrebbe essere quindi un “deterrente per soggetti estremamente pericolosi e non una discarica sociale dove rinchiudere tutti indistintamente” e per questo motivo bisogna incrementare le forme di detenzione “extra moenia” (fuori dal carcere), con la pena che deve essere comminata alla pericolosità sociale del reo.
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