Emergono nuove soluzioni per dare la possibilità di anticipare l’accesso alla pensione: l’ultima è quella che riprende quanto già fatto con l’Ape Volontario.
Con la riforma delle pensioni potrebbe essere “rispolverato” il principio che fu alla base del cosiddetto Ape Volontario, il quale non esiste più dal 31 dicembre 2019.
Al momento il dibattito sulla riforma delle pensioni è fermo e riprenderà solamente a settembre, quando i ministri torneranno dalle ferie. Tuttavia, continuano a emergere proposte per quella che dovrà essere una riforma a costo zero o quasi, visto che comunque l’intenzione del Governo è di non aumentare ulteriormente la spesa pensionistica.
I sindacati chiedono Quota 41 per tutti o in alternativa una flessibilità a partire dai 62 anni: non otterranno nessuna delle due, ma per quanto riguarda la seconda possibilità potrebbe esserci l’apertura di una discussione con la possibilità di prevedere una soluzione alternativa a costo zero. A tal proposito, l’ultima possibilità è quella di un pensionamento anticipato, fino a 4 anni, a totale carico del lavoratore: una sorta di Ape Volontaria, ma con delle differenze.
In pensione prima ma pagando di tasca propria: l’ultima idea per la riforma
Il Governo non sembra essere contrario a priori all’idea di garantire flessibilità per l’accesso alla pensione. È contrario quando ciò richiede un ulteriore aumento della spesa previdenziale, già molto alta in Italia.
Ragion per cui si sta concentrando solamente su ipotesi che prevedono una penalizzazione in uscita a carico del futuro pensionato, oppure - come quella di cui si sta parlando in queste ore - su misure che richiedono proprio un investimento iniziale.
Nel dettaglio, l’ultima misura proposta è quella che prevede una sorta di “mutuo” con il quale finanziare l’uscita anticipata dal mercato del lavoro. Uscita che - secondo le ultime anticipazioni - potrebbe essere persino di 4 anni.
Come funzionerebbe? Semplicemente il lavoratore si farebbe carico della contribuzione che sarebbe stata versata negli ultimi anni di lavoro che precedono la pensione. Anziché andare in pensione a 67 anni, quindi, questo potrebbe farlo a 63 anni ma pagando di tasca propria 4 anni di contributi.
Una decisione onerosa, ovviamente, ma parimenti ci sarebbe anche la previsione di diversi strumenti che consentirebbero perlomeno di dilazionare questa spesa.
In pensione prima con un “finanziamento”
Sembra paradossale, ma per accedere a questa misura bisognerebbe indebitarsi. Per ricorrere a questo “scivolo pensionistico”, infatti, bisognerà pagare di tasca propria per coprire gli ultimi 4 anni non lavorati con la relativa contribuzione.
Pensiamo a un lavoratore con RAL annua di 30.000€. Questo dovrebbe versare 9.900€ per ogni anno, arrivando quindi molto vicino alla soglia dei 40.000€.
Una spesa importante ed è per questo che si sta riflettendo sulla possibilità di ricorrere a fonti di finanziamento complementari, come ad esempio a un prestito da parte di una banca che verrebbe poi restituito con trattenute sulla pensione (appunto come succedeva con l’Ape Volontaria). Per i fondi che erogheranno il prestito ci sarebbe la garanzia dello Stato, con la possibilità anche di riconoscere dei tassi agevolati per la restituzione del prestito. O ancora, come fondo di garanzia si potrebbe utilizzare il TFR del lavoratore. Proprio come l’Ape Volontario, però, la pensione verrebbe erogata solamente al raggiungimento dei requisiti previsti dalla normativa.
Nel contempo, quindi, sarebbe l’istituto di credito che ha erogato il prestito (per il quale il piano di restituzione partirebbe solo con la decorrenza del primo assegno di pensione) a farsi carico del pagamento di un’indennità sostitutiva.
Pensioni: si punterà di più sugli Anticipi PEnsionistici (APE)?
Bisognerebbe, quindi, accettare di “indebitarsi” per andare in pensione in anticipo, come appunto è successo già negli anni scorsi - ma va detto, con scarsi risultati a livello di adesioni - con l’Ape Volontario.
Per le categorie più fragili, invece, ci sarebbe lo stesso meccanismo ma senza penalizzazioni in uscita: sarebbe lo Stato a farsi carico della restituzione del prestito. D’altronde già funziona così con l’Ape Sociale, la quale potrebbe essere estesa a più persone (fermo restando che sarà necessaria una proroga vista la scadenza prossima del 31 dicembre 2021).
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