Con il dibattito sul futuro del sistema pensionistico finalmente entrato nel vivo, che ne sarà della pensione a 62 anni?
Come ben noto, con l’inizio del 2022 si concluderà l’esperienza di Quota 100. Nei mesi scorsi, il Governo Draghi aveva già escluso la sua riconferma per concretizzare le richieste delle istituzioni UE, le quali hanno più volte chiesto all’Italia di riorganizzare il sistema pensionistico, con un occhio di riguardo ai conti pubblici.
Il punto però è che il dibattito sulla futura riforma pensioni prosegue in queste settimane, senza aver trovato, fino a questo momento, solidi punti di riferimento. Diverse le proposte avanzate, tra cui quelle presentate dal presidente dell’INPS Tridico, in occasione del XX Rapporto annuale dell’Istituto alla Camera.
E intanto ci si domanda tuttora se sarà possibile parlare ancora di pensione a 62 anni nel 2022 e con quali modalità. Cerchiamo di scoprirlo, facendo il punto su questa delicata questione.
Pensione a 62 anni: nulla è stato deciso
Questi giorni hanno un’importanza cruciale ai fini della auspicata riforma del sistema pensionistico italiano. Infatti, Governo e parti sociali si stanno confrontando, per trovare una soluzione che possa essere soddisfacente per tutti.
Specialmente ora che ci avviamo alla fine della sperimentazione legata a Quota 100, la quale uscirà definitivamente di scena a fine 2021.
Obiettivo primario degli addetti ai lavori è trovare una formula che possa impedire che, dal primo gennaio prossimo, scatti il temuto scalone di cinque anni, con relativo aumento dell’età pensionabile da 62 a 67 anni. Si tratterebbe del ritorno della riforma Fornero che in molti, anche all’interno del Governo, vorrebbero evitare.
C’è da ricordare, però, che al netto di un intervento costruttivo e risolutore delle parti politiche, dall’inizio del prossimo anno, la legge Fornero, con il limite di 67 anni per l’uscita dal lavoro, tornerà di fatto operativa.
In questo periodo, come accennato, sono state presentate più ipotesi di riforma pensione. I sindacati stanno spingendo verso forme di flessibilità a partire dai 62 anni. Oppure, in via alternativa, con 41 anni di contributi, indipendentemente dal fattore dell’età anagrafica.
L’Esecutivo, da parte sua, considera l’argomento pensione, con il progetto di estendere l’APE sociale e con l’intenzione d’immettere sostanziali sconti per i lavori gravosi e per le lavoratrici con l’Opzione-donna. Il punto è trovare un compromesso che possa soddisfare tutti coloro che partecipano al dibattito sulla riforma pensione. Il tempo non è molto, perché bisogna trovare l’accordo definitivo entro l’autunno, ossia al momento della legge di Bilancio.
La questione flessibilità pensione divide Governo, sindacati e Inps
L’argomento pensione sarà tra i temi caldi di queste settimane, perché la difficile partita sul futuro del sistema pensionistico italiano è nuovamente entrata nel vivo. Al momento, non è affatto scontato parlare di pensione a 62 anni anche per il 2022, sebbene i leader di CGIL, CISL e UIL abbiano recentemente proposto al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, la piattaforma e iniziativa unitaria “Cambiare le pensioni adesso”.
Ma l’ipotesi di riforma pensione delineata dai sindacati, ossia la flessibilità in uscita dopo 62 anni di età o 41 anni di contributi regolarmente versati, non piace all’INPS. Secondo l’Istituto di previdenza, infatti, applicare questa proposta, significherebbe generare altri costi, che l’Italia non potrebbe permettersi. E ciò va visto anche, e soprattutto, in rapporto a quanto richiesto dall’Europa, la quale ritiene che l’attuale sistema previdenziale italiano sia finanziariamente insostenibile. Secondo Bruxelles, servono insomma riforme, ma anche tagli drastici.
Pensione a 62 anni anche nel 2022? Le proposte dell’Inps
Il dibattito sull’argomento pensione è alimentato anche dalle tre proposte di riforma dell’INPS, recentemente presentate alla Camera, in occasione del XX Rapporto annuale dell’Istituto.
Per il presidente, Pasquale Tridico, è necessario non soltanto rivedere i costi, ma altresì ripensare le pensioni in senso strutturale. Ecco le tre proposte avanzate dall’INPS:
- Quota 41 per chiunque indipendentemente dall’età anagrafica (41 sono gli anni di contributi);
- calcolo contributivo con 64 anni di età e 36 di contributi versati;
- pensione suddivisa in due quote, ossia anticipo della sola quota contributiva a 63 anni e quota retributiva ferma a 67 anni.
Per Tridico, la terza proposta sarebbe quella più sostenibile dal punto di vista finanziario. Ma c’è da registrare la freddezza dei sindacati, che non ritengono quanto delineato dall’INPS sufficiente a garantire un sistema pensionistico equilibrato.
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Riforma pensioni, il Governo intende puntare sulla flessibilità soft: le critiche dei sindacati
Al termine di quota 100 l’Esecutivo Draghi intende confermare soluzioni già collaudate per un modello di flessibilità soft. Ecco in estrema sintesi i punti chiave:
- Opzione donna (uscita con 35 anni di contribuzione e 58 anni d’età, 59 se autonome);
- APE sociale (dai 63 anni per le categorie che compiono attività faticose);
- revisione parametri lavori usuranti e lavoratori cd. fragili.
Tuttavia, quanto delineato dal Governo non ha convinto sindacati e parte della maggioranza. Infatti, si tratterebbe di una flessibilità scarna e troppo soft. Piuttosto, Quota 102 e Quota 41 (ma con un ricalcolo contributivo) costituirebbero alternative preferibili, nell’ambito di un dibattito che permane intenso.
Invece, sembra esservi un punto d’incontro tra Governo e parti sociali, per quanto attiene alla pensione di garanzia per i giovani; lavoratori discontinui e con basse retribuzioni.
Il nodo cruciale resta quello dei costi. Infatti, le tante soluzioni prospettate rischiano di arrestarsi bruscamente innanzi alla questione spesa previdenziale. E ciò non va nella direzione delle raccomandazioni UE, la quale ha sottolineato la difficile sostenibilità nel medio periodo del nostro sistema previdenziale. Nelle prossime settimane vedremo se il dibattito sul futuro del sistema pensionistico riuscirà finalmente a trovare una soluzione.
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