A chi spetta la pensione d’invalidità? A questo proposito, i giudici della Corte Costituzionale sollecitati da quelli di appello torinesi, potrebbe prendere una decisione che porterebbe maggiore dignità nella vita degli invalidi.
L’importo della pensione d’invalidità potrebbe aumentare in modo cospicuo per decisione della Consulta, in seguito all’ordinanza n.240 emanata dalla Corte d’Appello di Torino, sezione lavoro, il 3 giugno 2019, riguardante un procedimento civile presentato da B. S. in persona del suo tutore B. V. contro l’INPS il 3 ottobre 2016.
I giudici della Corte Costituzionale saranno chiamati a valutare i dubbi di costituzionalità posti dai giudici torinesi con riferimento all’articolo 12, primo comma, della legge del 1972 sugli invalidi civili e all’articolo 38, comma 4, della Legge finanziaria del 2002, durante la seduta fissata per martedì 23 giugno 2020.
Il caso specifico
La ricorrente che ha depositato il ricorso al Tribunale di Torino in data 3 ottobre 2016, ha dichiarato di essere affetto da tetraplegia spastica neonatale, quindi, costretto a vivere su una sedia a rotelle e di essere incapace di svolgere le azioni basilari quanto elementari della vita, come lavarsi, vestirsi o alimentarsi, ma anche di comunicare con l’esterno.
L’INPS le ha riconosciuto l’inabilità al lavoro al 100% e di conseguenza, concesso una pensione di invalidità di cui all’art. 12, legge 30 marzo 1971, n. 118, pari a 279,47 euro mensili (anno 2016) per 13 mesi, maggiorata di 10,13 euro come previsto dall’art.70, comma 6, legge n. 388/2000.
Considerato l’importo insufficiente per la conduzione di una vita dignitosa, la ricorrente ha richiesto all’INPS la maggiorazione sociale al milione prevista dall’art.38, legge 28 dicembre 2001, n.440. La domanda è stata respinta dall’Istituto, adducendo al difetto del requisito anagrafico di 60 anni d’età.
Un ulteriore ricorso è andato a vuoto, ma poi il soggetto invalido ha presentato ricorso presso il tribunale di Torino, invocando l’incostituzionalità dell’art.12, legge n. 118/1971 perchè in contrasto con l’art.38, comma 1, della Costituzione che garantisce a ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere al mantenimento e all’assistenza sociale); ma anche con l’art. 3 della Costituzione (per essere la pensione erogatale sensibilmente e irragionevolmente inferiore sia all’assegno sociale di cui all’art. 3, comma 6, legge 8 agosto 1995,
n.335, erogato agli over 65 privi di reddito, sia al trattamento minimo previsto dall’art.38, legge n.448/2001 in favore dei pensionati in condizioni disagiate in possesso di determinati requisiti di eta’ e di reddito).
Inoltre, un contrasto viene rilevato anche nei confronti degli articoli 4 e 28 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita’ stipulata a New York il 13 dicembre 2006, resa esecutiva in Italia con legge n. 18/2009, nonché con gli articoli 26 e 34 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea richiamata dall’art.6 del Trattato di Lisbona.
Per questo, la ricorrente ha chiesto di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. Non solo, essa ha chiesto di condannare l’INPS al pagamento della pensione di inabilità in misura non inferiore a quella prevista dall’art.38, legge n.448/2001 o comunque non inferiore all’assegno sociale di cui all’art.3, comma 6, legge n.335/1995.
Chiamata in causa, l’INPS ha chiesto il rigetto del ricorso confermando la mancanza del requisito di età e sottolineando che la ricorrente percepisce anche un’indennità di accompagnamento per 12 mesi con importo mensile di 515,43 euro che cumulata con la pensione di invalidità le avrebbe permesso una vita dignitosa.
Tra ricorso e sentenze, nell’ultima ordinanza del 3 giugno 2020, il Tribunale di Torino ha deciso di sospendere il giudizio e rimettere gli atti alla decisione della Consulta. Pertanto, nel caso venisse accolta in toto la richiesta di illegittimità costituzionale, in futuro l’importo della pensione di invalidità potrebbe aumentare in modo sostanziale.
Pensione di invalidità: a chi spetta? I requisiti fondamentali
L’assegno di invalidità INPS spetta ai lavori dipendenti, agli autonomi e agli iscritti ad alcuni fondi pensione sostitutivi e integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria. La facoltà di domanda si estende anche ai parasubordinati e non riguarda i dipendenti pubblici, per i quali si considerano valide le discipline speciali previste dalla normativa attuale.
Sono 2 i requisiti fondamentali:
- riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo a causa di infermità o difetto fisico o mentale;
- un minimo di 260 contributi settimanali – pari a 5 anni di contribuzione e assicurazione – di cui almeno 156 settimane (3 anni) nel quinquennio antecedente la presentazione della domanda.
Non è necessaria la cessazione dell’attività lavorativa.
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