Il CIV lancia l’allarme: troppi gli errori commessi dall’INPS nella fase istruttoria per pensioni e altri bonus. Ecco perché è bene mantenere alta l’attenzione.
Troppo spesso l’INPS commette errori nella valutazione delle varie istanze, come pure nel calcolare le pensioni. A lanciare l’allarme è persino un organo interno all’INPS, ossia il Comitato d’indirizzo e vigilanza presieduto da Guglielmo Loy.
Ecco perché è bene fare attenzione nella fase di liquidazione di una pensione, ma anche alle motivazioni che l’INPS dà nel respingere una domanda presentata per l’accesso a una misura previdenziale o assistenziale: non è vero, come di fatto dovrebbe essere, che l’INPS non può commettere errori, anzi.
La conferma arriva dalla valutazione fatta dal CIV riguardo al costo annuo sostenuto dall’INPS per far fronte alle spese legali, necessarie per rispondere a tutti quei cittadini che hanno presentato ricorso contro l’esito negativo di un’istanza o comunque per dei calcoli sbagliati effettuati dagli operatori dell’Istituto.
Quanto spende ogni anno l’INPS per far fronte ai ricorsi
Ogni anno l’INPS spende tra i 200 e i 230 milioni di euro in spese legali. Un dato che non può non meritare di un approfondimento. Come spiegato dal CIV, infatti, il tasso di soccombenza, ossia la percentuale di ricorsi persi dall’INPS, impatta sul 10% delle spese di funzionamento dell’INPS, tanto che il Comitato parla di “livello altissimo, al punto da aver reso il fenomeno patologico”.
D’altronde, quasi nella metà dei casi l’INPS esce sconfitto dal ricorso, visto che il tasso di soccombenza registrato è pari al 40%. Nel dettaglio, secondo i dati riportati all’interno del Rendiconto sociale 2017-2021 elaborato dal CIV, nel 13% dei casi il ricorso viene risolto - in favore del ricorrente - persino in autotutela, senza quindi la necessità di ricorrere a giudizio.
Cosa significa questo: che in queste situazioni l’INPS ammette l’errore e per lo meno si risparmia le spese legali.
Nell’87% dei casi, invece, il procedimento prosegue: inizialmente vi è la fase dei Comitati regionali, provinciali e delle Commissioni speciali, dove l’INPS subisce una sconfitta nel 20% dei ricorsi. Il resto finisce invece davanti al giudice, con un tasso di soccombenza per l’INPS pari al 39% nei primi due gradi di giudizio e del 36% in Cassazione.
Ma di che numeri stiamo parlando? La situazione aggiornata a inizio 2020 contava di 468.511 ricorsi giudiziari in corso, scesi poi a 419.080 a fine anno, mentre per i ricorsi amministrativi ce ne erano 154.000.
Insomma, numeri davvero troppo alti che fanno sì che nei bilanci dell’INPS ci sia un’alta concentrazione di spese legali. E che confermano quanto affermavamo in precedenza, ossia che l’INPS può commettere - e commette - degli errori; ed è per questo che è bene restare vigili.
Come difendersi dagli errori dell’INPS
Come anticipato, gli errori commessi dall’INPS possono essere di diverso tipo: potrebbe esserci uno sbaglio nel calcolo della pensione, oppure l’Istituto potrebbe valutare erroneamente un’istanza e respingere una vostra richiesta senza un motivo valido.
Cosa fare per difendersi? Nonostante da tempo l’INPS abbia realizzato una serie di servizi dove il cittadino può presentare richiesta per prestazioni previdenziali e assistenziali in autonomia, è sempre consigliato - specialmente per alcune pratiche più complesse come potrebbe essere una domanda di pensione - farsi supportare da un esperto. Ci sono ad esempio i patronati - sceglietene uno di fiducia accertandovi che sia competente su quella determinata materia - come pure consulenti del lavoro e commercialisti.
Questi sapranno consigliarvi fin dall’inizio sulla possibilità di richiedere o meno un certo bonus, ed eventualmente sapranno dirvi se l’INPS ha commesso errori nella fase istruttoria.
Anche nel caso in cui abbiate fatto domanda di una determinata prestazione o bonus in autonomia, ma riscontrate degli errori da parte dell’INPS, potete comunque rivolgervi a un esperto per valutare si ci sono gli estremi per presentare ricorso all’Istituto.
Si ricorda che per presentare ricorso c’è tempo 90 giorni dalla data dell’esito del provvedimento e che nel caso in cui l’apposito Comitato provinciale competente sul territorio non avrà deciso entro 90 giorni dal ricorso vi è comunque la possibilità di proporre un’azione giudiziaria.
Gli altri errori commessi dall’INPS
Ma non è solo questo l’errore commesso dall’INPS secondo il CIV di Guglielmo Loy. Questo, infatti, ha messo alla luce anche un problema di cui vi stiamo parlando da tempo: la giacenza - “enorme” - di pratiche d’invalidità.
Un problema che dura da anni ma che è stato accentuato dallo scoppio della pandemia che ha paralizzato per un certo periodo di tempo gli uffici dell’INPS, con ripercussioni per coloro che attendevano una risposta per una pratica d’invalidità presentata mesi (o persino anni) prima. Al 31 ottobre scorso c’erano 931 mila pratiche in giacenza: un numero enorme di persone che magari dipendono da un tale riconoscimento per poter fare richiesta di una misura di tipo assistenziale.
E ancora, secondo il CIV esiste un “problema di trasparenza di dati”, in quanto preoccupa “il ritardo con cui si procede alla costruzione di un sistema accessibile di Open Data, l’unico in grado di mettere al riparo l’INPS da giudizi di parzialità, ascientificità, ingerenza su scelte politiche e sociali”.
Infine, conclude il CIV, l’INPS sta sprecando risorse in progetti incoerenti con la propria missione: questo fa riferimento in particolare ai progetti “Italia del Noi”, “INPS per tutti” e “Accademia del Welfare”.
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