Il settore bancario è indietro in termini di accessibilità: per i non vedenti rischi e disservizi sono all’ordine del giorno. Qualcosa deve cambiare.
Innumerevoli servizi inaccessibili ad almeno 120mila cittadini non vedenti. Molte banche oggi non sanno ancora rispondere alle loro necessità, senza contare gli ostacoli che incontrano quotidianamente anche un milione e mezzo di ipovedenti italiani.
Le denunce delle associazioni preposte richiamano l’attenzione sui tanti sistemi fisici e digitali di prelievo e pagamento non muniti di strumenti compensativi e forme di agevolazione alla lettura tattile da parte degli utenti.
Può sembrare un dettaglio trascurabile, ma dietro l’assenza di Pos parlanti o tasti touch si nasconde spesso il serio rischio di frodi e furti d’identità. Gli istituti di credito sono chiamati oggi a introdurre nuovi sistemi che prevengano simili danni alla persona.
Ecco in che misura il fenomeno si presenta allo stato attuale.
Il rischio di frode è dietro l’angolo
Il rischio più grande è quello di frode perché anche pagare per un bene o un servizio può rivelarsi rischioso, se si sceglie di farlo con moneta elettronica.
I dispositivi sprovvisti della tecnologia contactless e non dotati di tastierini con lettura tattile sono i più diffusi e questo obbliga molti non vedenti a dettare il proprio PIN agli sconosciuti, un’azione pericolosa che mai nessuno vorrebbe trovarsi obbligato a mettere in atto. A parlarne è Dajana Gioffré, vicepresidente dell’associazione Apri (Associazione pro retinopatici e ipovedenti).
Lei stessa inoltre parla del grande problema del Pos non parlante, caso in cui il soggetto deve sperare che l’operatore abbia digitato la cifra giusta visto che anche gli scontrini cartacei non comunicano nulla a riguardo.
Gli unici sistemi adatti
A riaprire il dibattito nel mese di ottobre, mese dedicato all’educazione finanziaria, sarà l’Osservatorio imprese e consumatori che dedicherà un evento vero e proprio a questo tema nella sala Parlamentino del Cnel.
La conferenza “Pagare a occhi chiusi nel 2021” si terrà martedì 26 ottobre e ha come obiettivo la discussione di pratiche concrete capaci di abbattere le barriere esistenti.
Dal ritiro di contante all’Atm al pagamento con il Pos passando per il pagamento di bonifici con le app, ogni fronte è assediato dalla noncuranza degli enti bancari rispetto alla condizione dei non vedenti. Quasi tutte le operazioni possibili risultano complesse o impossibili in assenza dei giusti sistemi di assistenza.
Esempio concreto sarebbe l’introduzione indiscriminata di sistemi vocali negli Atm per la scelta dei tagli delle banconote, l’ordine di bonifici o la consultazione del saldo del conto. Attualmente solo alcune banche e alcune app offrono il giusto supporto a questi utenti.
Anche la presenza di un tasto touch sul tastierino del Pos potrebbe fare la differenza. I consigli per i Pos con tastiera touch invece virano verso il design di SumUp, unico brand che fornisce ai piccoli commercianti sistemi utilizzabili via smartphone.
Maurizio Molinari, non vedente e capo ufficio stampa del Parlamento europeo in Italia, cita le alternative di Banca Etica, Satispay, Paypal, Apple Pay, ma il campo è ancora troppo ristretto. L’esiguo numero di riferimenti per questi servizi e la poca informazione sul tema infatti oscurano anche questi casi virtuosi, isolandoli.
Accessibility Act: una legge per fare di più
Dal 2025 però entrerà in vigore l’Accessibility Act, un decreto che obbliga la maggior parte degli istituti bancari a non discriminare i clienti con disabilità. L’iniziativa nel nostro paese parte da Banca d’Italia che, a più riprese, ha chiesto agli istituti bancari di fare di più.
Nell’aprile del 2021, infatti, Bankitalia parlava di “tenere conto delle esigenze dei clienti più vulnerabili fin dalla fase di progettazione dei prodotti” e “assicurare l’accessibilità di siti web e app anche alla clientela con disabilità, coerentemente con la normativa nazionale”.
Il tutto in riferimento al decreto Semplificazioni che estende gli obblighi in materia di accessibilità a tutti i “soggetti che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro”.
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