Non solo Covid: in Lombardia scatta l’allerta peste suina. Si chiede di abbattere i cinghiali, principale vettore di contagio, prima che la diffusione della malattia provochi danni importanti all’economia.
Mentre gli occhi sono puntati sul coronavirus, al Nord Italia un’altra malattia infettiva sta destando preoccupazione. Si tratta della peste suina: l’epidemia scoppiata in Asia nel 2019 ha focolai anche in Europa, e l’allerta riguarda da vicino anche il nostro Paese.
L’allarme è scattato in Lombardia, dove l’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi Fabio Rolfi ha chiesto l’abbattimento dei cinghiali lombardi, vettori principali dell’infezione e che rappresentano la metà del totale della popolazione di cinghiali in Italia.
Il problema non è nuovo alla Regione e al Governo, ma al momento l’esecutivo non ha approvato un intervento risolutivo. Uno dei problemi che ostacolano la proposta di Rolfi è il limite alla caccia previsto per le zone rosse nel nuovo Dpcm. Nonostante le richieste esplicite avanzate da Lombardia e Piemonte, non si possono abbattere i cinghiali in zona rossa; di conseguenza questi aumentano in maniera drastica causando non solo più incidenti e ingenti danni all’agricoltura, ma anche rischi di peste suina.
Lo scorso gennaio a Padova la Guardia di Finanza aveva sequestrato 10 tonnellate di carne suina importata nell’Unione Europea dalla Cina in violazione delle norme. La carne era stata immediatamente incenerita poiché ritenuta pericolosa e potenzialmente contaminata.
Allarme peste suina: sintomi, rischi e contagio
La peste suina africana (PSA) è causata da un virus della famiglia Asfaviridae e riguarda maiali e cinghiali. La malattia non è pericolosa e contagiosa per l’uomo, ma è mortale per gli animali nel 50-70% dei casi. I sintomi della febbre suina africana includono febbre elevata, inappetenza, problemi respiratori, vomito ed enterite emorragica. Nel 50-70% dei casi è mortale e, siccome non esiste un vaccino, l’unica soluzione è l’abbattimento immediato degli animali infetti.
Il virus ha avuto origine in Africa prima di diffondersi in Asia ed Europa e ha già ucciso centinaia di milioni di maiali, rimodellando l’industria della carne e dei mangimi.
Epidemia di peste suina: i casi in Cina e in Europa
Nel 2019 i casi di peste suina africana in Europa sono stati circa 500, con focolai soprattutto in Romania, Bulgaria, Ucraina e Polonia. In Cina si è trattato di una vera e propria epidemia: la peste suina scoppiata negli allevamenti cinesi ha costretto le autorità ad abbattere 200 milioni di bestie nell’ultimo anno.
A dicembre in Polonia sono stati registrati 55 focolai di peste suina africana (ASF) tra i cinghiali. La malattia si è diffusa vicino il confine tedesco, provocando una grave perdita per la Germania, tra i maggiori esportatori europei di carne suina in Cina (che ormai impone divieti d’importazione per le carni provenienti da zone in cui è stato scoperto il virus).
Per quanto riguarda l’Italia, la peste suina è presente dal 1978 in Sardegna, dove negli ultimi anni si è registrata una netta riduzione del numero di focolai (nel 2019 è stato riscontrato solo un caso) grazie all’aumento degli standard di biosicurezza negli allevamenti e ai ferrei controlli.
Il Ministero della Salute ha emanato alcune linee guida per prevenire ogni rischio di diffusione di peste suina: non portare carni e salumi di suino non certificati, smaltire gli avanzi degli alimenti in contenitori chiusi, avvisare le autorità in caso di ritrovamento di carcasse di cinghiale e, per gli allevatori di suini, evitare il contatto con gli animali selvatici o con altri suini.
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