Quando è legale bere alcolici in Italia?

Francesca Nunziati

26 Marzo 2022 - 17:19

In molti paesi è previsto il divieto di vendita e consumo di alcolici a chi non ha raggiunto una determinata età. Quando è illegale bere alcolici in Italia?

Quando è legale bere alcolici in Italia?

Nella maggior parte dei paesi ci sono rigide leggi sull’età minima per l’acquisto e/o il consumo di alcolici. A seconda delle diverse normative internazionali, la violazione della legislazione vigente in tema di consumo di alcolici può comportare sanzioni elevate, il ritiro della patente di guida e persino il carcere. Tali leggi sono varate per buone ragioni poiché il consumo di alcol da parte dei minori può causare seri problemi a casa e a scuola ed, in generale, in ambito sociale. Per questo in molti paesi è illegale bere alcolici se non si è raggiunta una determinata età prevista dalla legge.

Ma quando è legale bere alcolici in Italia? Nel nostro ordinamento, la legge punisce solamente chi vende le bevande, non chi le acquista o le assume. Dunque, il minorenne che compra e consuma alcolici non rischia niente. Da tanto deriva che non è illegale bere a 16 anni, ma anche se si ha un’età inferiore perché l’illecito è commesso da chi vende o somministra alcolici, non da chi li acquista o li consuma. Solamente colui che vende o somministra alcolici ai minori può incorrere in conseguenze negative.

Il minorenne che consuma bevande alcoliche, quindi, non sta commettendo un reato e non sta infrangendo la legge e dunque non rischia niente.Vediamo allora come e quando è legale bere e vendere alcolici in Italia.

Vendita e somministrazione di bevande alcoliche

Come anticipato la legge italiana non punisce chi beve alcolici pur non avendo raggiunto la maggiore età, bensì chi ha somministrato o venduto le bevande. In primo luogo, occorre sapere che colui che si trova nella posizione di poter vendere bevande alcoliche (il barista, ad esempio) dovrebbe sempre accertarsi dell’età degli acquirenti, anche chiedendo di vedere i documenti. Ce lo dice la legge n. 125 del 30/03/2001, all’art. 14 ter (Introduzione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori).

Secondo la normativa e la cospicua giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia, il barista non deve limitarsi a chiedere l’età dell’avventore, ma deve anche verificare effettivamente i suoi dati anagrafici chiedendo di vedere i documenti. Inoltre, il titolare dell’esercizio deve vigilare affinché i propri dipendenti svolgano diligentemente i loro compiti e osservino scrupolosamente le indicazioni impartite in ordine all’accertamento dell’effettiva età del ragazzo. Di conseguenza, commette il reato di somministrazione di alcolici ai minori chi fornisce queste bevande limitandosi a prendere atto della risposta del minore sul superamento dell’età consentita (tra tutte vedere la sentenza di Cassazione n. 27916/2009).

Un nodo centrale della questione sulla vendita degli alcolici è quello relativo al fatto che il governo italiano considera come condotta vietata dalla legge non soltanto quella della vendita, ma anche quella della somministrazione sul posto di bevande alcoliche.

In altre parole, commette illecito non soltanto chi vende la bottiglia di vino o la lattina di birra al minorenne, ma anche chi la somministra direttamente, ad esempio spillandola dalla botte.

In sostanza, per vendita e somministrazione si intendendo, con il primo, l’atto di portare via quanto acquistato, con il secondo l’atto di bere l’alcolico nel luogo in cui è stato comprato.

La condotta che il nostro legislatore ha voluto punire è il “fornire” tali bevande a un soggetto minore di 16 anni senza distinguere tra vendita, somministrazione o consumazione. Secondo una nota del ministero dello Sviluppo Economico non può esserci, infatti, alcuna differenza tra il mettere a disposizione del cliente minore di età la bevanda alcolica in un bar oppure nel negozio e, quindi, tra somministrazione e vendita. Quindi nel caso di somministrazione di alcolici a minori, vengono applicate le stesse pene previste per la vendita.

Vendita alcolici al minore di anni 16

In Italia la vendita e la somministrazione di alcolici ai minori di anni 16 è sanzionata penalmente. La legge e in particolare l’art. 689 del codice penale, punisce con l’arresto la vendita di alcolici ai minori di sedici anni, purché essa avvenga in pubblico (piazza o strada, ad esempio) o in luogo aperto al pubblico (cioè in luogo dove chiunque può entrare, rispettando alcune condizioni: ad esempio, il cinema è un luogo aperto al pubblico perché, pagando il biglietto, può entrare chiunque). Insomma la vendita di alcolici a minori di sedici anni è reato punibile con l’arresto fino a un anno.

Il Codice penale punisce con l’arresto fino a un anno anche l’esercente di un esercizio commerciale (bar, pub, pizzeria, ecc.) che somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche a una persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in evidenti condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità ferma restando la sospensione dall’esercizio dell’attività in caso di condanna già alla prima violazione.

Se il fatto è commesso più di una volta si applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 25.000,00 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi. Se dal fatto deriva l’ubriachezza, la pena è aumentata. L’eventuale condanna comporta la sospensione dall’esercizio.

Vendita di alcolici al minore di 18 anni

Abbiamo visto che vendere alcolici a ragazzi che non abbiano ancora compiuto sedici anni costituisce reato. Cosa succede se gli alcolici vengono venduti a chi, pur non avendo diciotto anni, ha invece compiuto sedici anni? In questo caso, è prevista unicamente una sanzione di tipo amministrativo, che va da un minimo di 250 euro fino a un massimo di 1.000 euro.

Il 20 febbraio 2017 è stato introdotto un decreto legge che ha deciso di sanzionare anche chi somministra alcol (e non solo chi vende) ai minori ultrasedicenni. Qualora il fatto fosse commesso più di una volta, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro e l’esercente potrebbe dover sostenere la sospensione dell’attività commerciale per un periodo di tre mesi.

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