Non si pagano le tasse sulle cause con valore inferiore a 1.033 euro, indipendentemente dal grado e dal giudice adito. Così la Corte di Cassazione vuole escludere il carico fiscale per le cause di valore minimo.
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito che non si devono pagare le tasse per tutte le cause con valore irrisorio. In particolare, la Suprema Corte ha sancito il limite a 1.033 euro, sotto i quali il ricorrente non è tenuto al pagamento dell’imposta di registro e del bollo, mentre resta l’obbligo di versare il contributo unificato.
La decisione in questione va a confermare la sentenza del 2016, nella quale gli ermellini avevano sancito che le parti in giudizio non devono pagare le tasse per le cause con valore inferiore a 1.033 euro, ma aggiunge che tale previsione è applicabile in tutti i gradi di giurisdizione, davanti ad ogni tipologia di giudice ed anche alle attività conciliative in sede non contenziosa.
La ratio dell’intervento è escludere il carico fiscale delle parti in giudizio quando le cause hanno un valore minimo.
Quando non si pagano le tasse
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31278 del 4 dicembre 2018, ha ribadito che il ricorrente non deve pagare la tasse sulla causa quando questa ha un valore inferiore a 1.033 euro. Tale decisione si estende ad ogni tipologia di causa, indipendentemente dal grado (primo grado, Appello e a seguire) e dalla tipologia di giudice adito (giudice ordinario o di Pace).
Dunque, l’ordinanza della Corte conferma che non sono da pagare nè l’imposta di registro né il bollo; invece il ricorrente deve comunque versare il contributo unificato, ovvero la tassa da pagare allo Stato per l’iscrizione a ruolo delle cause civili (quelle davanti al tribunale ordinario e al Giudice di pace) e delle cause amministrative (quelle innanzi al T.A.R.).
Nel caso in analisi, la Suprema Corte era stata chiamata ad esprimere un parere sul ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della C.T.R. (Commissione tributaria regionale), la quale aveva annullato l’avviso di liquidazione per il pagamento dell’imposta di registro di una causa dal valore inferiore a 1.033 euro.
La V sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato la decisione della C.T.R., ed ha così ribadito un orientamento precedente: infatti già nel 2016, con la sentenza n. 10044, la Corte aveva sancito che le parti non sono tenute a pagare le tasse della causa quando il suo valore non supera i 1.033 euro.
Adesso la Corte ha aggiunto che l’esclusione al pagamento delle tasse si estende anche alla cause e alle attività conciliative in sede non contenziosa, nonostante le rimostranze dell’Agenzia delle entrate.
Nessuna imposta di registro
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha inoltre richiamato l’articolo 46 della legge 374 del 1991 secondo cui non c’è alcun obbligo al pagamento dell’imposta di registro se il valore della causa, degli atti e dei provvedimenti ad essa relativi non superano i 1.033 euro.
La Corte di Cassazione, con la sua recente ordinanza, ha sottolineato che questa legge trova applicazione in ogni grado di giudizio e per ogni tipo di giudice adito, e non solo per le cause davanti al Giudice di pace, come era in precedenza. Precisamente, l’esclusione al pagamento dell’imposta di registro intende alleviare il carico fiscale delle parti per ogni tipologia di causa, mentre prima era solo un modo per incentivare le parti a ricorrere al Giudice di pace invece che al tribunale ordinario.
In conclusione, attenendoci alla recente statuizione della Corte, le parti in giudizio non devono pagare le tasse (tranne il contributo unificato) quando il valore della causa è inferiore a 1.033 euro, perché il legislatore ha attuato una misura che vuole diminuire i costi legati alla giustizia, soprattutto quando quando gli importi sono irrisori, visto che l’imposta di registro è sempre commisurata al valore della causa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA