Rame da record, ecco perché è una buona notizia per l’economia

Pierandrea Ferrari

22 Febbraio 2021 - 11:00

Il rame ha toccato quota 8.806 dollari per tonnellata, prezzo più alto da settembre 2011. Dietro il rialzo della commodity la fiducia degli investitori su una rapida ripresa dell’economia globale.

Rame da record, ecco perché è una buona notizia per l’economia

Non si ferma la corsa del rame: nella giornata di oggi la commodity ha toccato quota 8.806 dollari la tonnellata, livello più alto dal settembre del 2011.

Un trend rialzista, questo, che prosegue senza battute d’arresto dopo il picco negativo raggiunto nel pieno della prima ondata pandemica, quando il rame – al pari dei titoli azionari e delle altre materie prime – venne travolto dal sell-off degli investitori.

Ma cosa c’è dietro all’ultima fiammata della commodity? Secondo gli analisti, la fiducia dei mercati su una prossima ripresa dell’economia globale – e, quindi, delle attività produttive – è sufficiente a spiegare la vivacità della quotazione degli ultimi giorni.

Rame ai massimi di oltre 9 anni

Nel lontano 2011, tra agosto e settembre, il prezzo del rame oscillava tra gli 8.000 e i 9.000 dollari la tonnellata: da lì, poi, un rapido declino culminato nel picco negativo dell’inverno 2016, quando la commodity arrivò a toccare quota 4.806 dollari.

E ancora, nei mesi successivi, trend rialzisti intervallati da brusche flessioni – come quella del giugno 2018 – fino agli stravolgimenti della stagione pandemica: a marzo, nel pieno della prima ondata, la commodity veniva scambiata a 4.774 dollari, per poi riprendere la corsa verso i livelli del 2011.

Di fatto, un rialzo dell’84,4%, impreziosito dal +11,8% dell’ultimo mese. E la chiave di lettura è a portata di mano, secondo gli analisti: la commodity sta beneficiando della crescente fiducia degli investitori su una rapida ripresa di quelle attività produttive - dalle infrastrutture alle costruzioni – che attingono tradizionalmente al rame, suggerendo così un incremento della domanda e, consequenzialmente, del prezzo.

Insomma, dietro alle performance della materia prima ci sono quegli spiragli aperti dalle vaccinazioni in larga scala che stanno prendendo piede – a due velocità, però – e anche gli ambiziosi programmi di ripresa di alcune economie, come gli Stati Uniti.

Joe Biden, infatti, ha presentato alla stampa il suo piano di salvataggio dell’economia USA nel mese di gennaio: in sintesi, una iniezione di liquidità da 1.900 miliardi di dollari che servirà anche a finanziare l’ammodernamento delle malconce infrastrutture statunitensi, con conseguenze dirette sulla quotazione della commodity.

Anche la Cina dietro il rally del rame

Non solo gli Stati Uniti, però: dietro il rally del rame c’è anche la Cina, fiaccata dalla pandemia – il +2,3% del 2020 è il tasso di crescita più contenuto dagli anni Settanta – ma ancora vivace, come dimostrato dalle ultime stime dell’FMI che vedono il Dragone al secondo posto nel 2021 per rimbalzo economico atteso.

Una buona notizia per la commodity, visto il tradizionale contributo di Pechino alla domanda di rame a livello globale. Ma non mancano i campanelli d’allarme: ulteriori rallentamenti nel processo di immunizzazione – l’UE procede a fatica, e molte economie minori sono attualmente tagliate fuori dall’approvvigionamento – potrebbero spegnere l’ormai diffuso ottimismo su una ripresa a pieno regime delle attività produttive.

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