L’11 gennaio la Consulta esaminerà l’ammissibilità di tre referendum in materia di lavoro, e in particolare su alcune norme contenute nel Jobs Act: ecco quali sono.
Referendum Jobs Act: in cosa consiste e perché è un problema per il governo Gentiloni - Si preannuncia un mese di gennaio al cardiopalma per la Corte Costituzionale, la quale è chiamata ad esprimersi su due importanti riforme varate dal governo Renzi: quella del mercato del lavoro (il Jobs Act) e quella elettorale (l’Italicum).
Prima della discussione sulle eccezioni di costituzionalità sollevate sull’Italicum, fissata per il 24 gennaio, la Consulta esaminerà nella camera di consiglio dell’11 gennaio l’ammissibilità delle richieste relative a tre referendum abrogativi in materia di lavoro, comprese alcune misure presenti nel Jobs Act.
Queste richieste sono già state vagliate dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, con ordinanza depositata lo scorso 9 dicembre.
Referendum Jobs Act: le norme che la Cgil vuole abrogare
I referendum in questione sono stati proposti dalla Cgil, che ha raccolto oltre 3 milioni di firme. L’obiettivo del sindacato guidato da Susanna Camusso è quello di cancellare le norme del Jobs Act che hanno apportato significative modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, facilitando dunque la possibilità di licenziamento; di abrogare le disposizioni riguardanti la responsabilità solidale in materia di appalti; e di eliminare i cosiddetti voucher, ossia i buoni lavoro per la retribuzione del lavoro accessorio.
Referendum Jobs Act: Poletti ipotizza elezioni anticipate
Il Jobs Act è stato varato dal governo Renzi sotto forma di due provvedimenti: il decreto Poletti del 20 marzo 2014 e la legge del 10 dicembre 2014, contenente diverse deleghe da attuare con decreti legislativi, tutti emanati nel corso dell’anno 2015.
L’approvazione della riforma del lavoro mise a dura prova la tenuta del Partito democratico e un eventuale referendum sul Jobs Act rischia ora di rappresentare un ulteriore problema per i dem e per il nuovo governo targato Paolo Gentiloni.
A confermarlo è lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il quale, a margine del dibattito sul voto di fiducia al Senato, ha spiegato che lo scenario più probabile è quello delle elezioni anticipate, prima del referendum sul Jobs Act:
“Se si vota prima del referendum il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile. Sulla data dell’esame della Consulta è tutto come previsto”.
Referendum Jobs Act: la posizione della minoranza dem e di Confindustria
La posizione di Poletti non è condivisa dalla minoranza Pd. L’ex capogruppo dem alla Camera Roberto Speranza chiede modifiche urgenti alla legge senza aspettare il referendum sul Jobs Act e suggerisce di intervenire soprattutto sul meccanismo dei voucher.
Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, invece, sottolinea come il Jobs Act abbia generato il 75% di assunzioni a tempo indeterminato e ipotizza un clima di incertezza sul fronte occupazionale a causa della consultazione:
“È stato fatto il Jobs Act, ora c’è il referendum, che succede? Io cosa faccio? Attendo e non assumo. Questo è un capolavoro italiano di ansietà e di incertezza totale e perenne”.
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