Referendum costituzionale 2016, che succede se vince il Sì? Mancano poche ore al voto: i futuri scenari in caso di vittoria del fronte favorevole alla riforma.
Referendum costituzionale 2016, cosa cambia se vince il Sì? Mai come quest’anno, in Italia si respira un’atmosfera da campagna elettorale permanente, probabilmente destinata a protrarsi anche dopo la consultazione referendaria.
L’oggetto della disputa, a prescindere da come andrà a finire, sarà l’Italicum. La Consulta è pronta a ritoccare la legge elettorale approvata nel 2015, come è già accaduto col Porcellum. A meno che le forze politiche non riescano a trovare un accordo per ridisegnare il sistema elettorale. Che vinca il Sì o che vinca il No, la modifica dell’Italicum è ormai un’ipotesi data per scontata.
Meno scontato, invece, è il destino del governo Renzi dopo il voto di domani.
Referendum costituzionale 2016: il futuro del governo Renzi
A un giorno dal referendum costituzionale del 4 dicembre il clima politico in Italia è più rovente che mai e vede contrapposti il fronte del Sì, composto dall’attuale maggioranza (Partito democratico, Area Popolare e parlamentari “verdiniani”), a quello del No, all’interno del quale convivono anime ancora più eterogenee (M5S, Sinistra italiana, una parte dello stesso Pd, Lega e Forza Italia).
In un’analisi pubblicata sul quotidiano La Repubblica, il costituzionalista Michele Ainis ha elaborato alcuni scenari per il post-referendum. Uno di questi riguarda il capitolo elezioni politiche anticipate.
Secondo il giornalista, gli italiani saranno comunque chiamati alle urne in primavera, anche in caso di vittoria del fronte favorevole alla riforma. Per due motivi:
“Per una ragione politica: a quel punto, il presidente del Consiglio passerà all’incasso, come farebbe chiunque altro nei suoi panni. Per una ragione istituzionale: si può tenere in vita, per un paio d’anni ancora, un Senato abrogato dal voto popolare? Sarebbe come se nel 1948, dopo l’entrata in vigore della Carta repubblicana, si fosse lasciato sopravvivere il Senato regio, come un fantasma intrappolato nella città dei vivi”.
Referendum costituzionale 2016: cosa cambia se vince il Sì? Lo spauracchio USA
Le presidenziali statunitensi hanno visto trionfare l’outsider repubblicano Donald Trump sulla democratica Hillary Clinton e sono in tanti a ritenere che l’inattesa vittoria del magnate possa aumentare le chance di un’affermazione del No al referendum costituzionale italiano di dicembre.
Secondo il politologo Roberto D’Alimonte
“se concordiamo sul fatto che il fattore decisivo dietro la vittoria di Trump è il sentimento anti-establishment e anti-elite della classe popolare e anche di quella media, allora questo fattore è contro Renzi perché in questo momento è lui a rappresentare per molti l’establishment in Italia”.
E se invece il desiderio di rottura col passato espresso dall’elettorato confluisse nel Sì alla riforma costituzionale voluta da Renzi? Anche questo potrebbe essere un elemento da non sottovalutare, come ha evidenziato Claudio Velardi in un’intervista a Forexinfo.
Referendum costituzionale 2016: cosa succede se vince il Sì? I sondaggi e i bookmakers
Gli ultimi sondaggi, così come i bookmakers, vedono in testa il No, anche se la partita è ancora tutta da giocare visto che la percentuale di indecisi resta ancora alta.
All’esito del referendum sulla riforma costituzionale il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva inizialmente legato la prosecuzione o meno della sua esperienza politica. Recentemente, però, il leader Pd ha abbandonato la strada della personalizzazione del voto referendario e di fatto ha smesso di parlare di eventuali dimissioni in caso di vittoria del No.
In vista del referendum costituzionale 2016, tenteremo di rispondere a questo quesito: cosa cambia se vince il Sì? Dal punto di vista dell’assetto istituzionale, cambia molto. Ma vediamo nel dettaglio.
Vedi anche la nostra infografica che spiega il Referendum in 10 punti. Una proposta che ti farà capire in pochi minuti i cambiamenti che sono stati proposti.
Referendum costituzionale 2016: cosa succede al Senato se vince il Sì?
Se la riforma dovesse passare l’esame del referendum, diremmo addio al bicameralismo paritario così come l’abbiamo conosciuto finora. Il Senato continuerebbe ad esistere ma il numero dei suoi componenti sarebbe ridotto da 315 a 95 senatori (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori) eletti dai consigli regionali su indicazione popolare - quindi non più in occasione delle elezioni politiche - più altri cinque nominati dal Presidente della Repubblica, i quali resteranno in carica per 7 anni (addio senatori a vita, quindi).
La fine del bicameralismo perfetto comporterà uno snellimento del processo legislativo. Oggi, infatti, sia le leggi ordinarie che quelle costituzionali devono essere approvate da tutte e due le Camere. Anche la fiducia al governo è un atto parlamentare sottoposto al vaglio sia dei deputati che dei senatori.
Se vince il Sì invece la Camera sarà l’unica a votare la fiducia all’esecutivo. Il Senato avrà piena competenza solo su riforme e leggi costituzionali e potrà chiedere alla Camera di modificare le leggi ordinarie, ma quest’ultima non sarà tenuta a dar seguito alla richiesta.
In pratica, il Senato vedrà ridotte molte delle sue funzioni e continuerà ad esistere solo come elemento di raccordo tra lo Stato centrale e gli enti territoriali (regioni e comuni).
Uno degli aspetti più spinosi della riforma riguarda proprio l’elezione dei nuovi senatori (articolo 2). Se vince il Sì, al momento di eleggere i consigli regionali, in futuro gli italiani potranno indicare sulla scheda quali consiglieri saranno anche senatori. La scelta sarà poi ratificata dai consigli una volta insediati.
I nuovi membri del Senato resteranno in carica per la stessa durata del loro mandato territoriale: elemento, questo, che potrebbe portare a una gran confusione, dal momento che non tutte le elezioni dei consigli regionali si svolgono contemporaneamente. Il rischio quindi è quello di avere un Senato in balìa di maggioranze variabili (alcuni detrattori della riforma hanno usato l’immagine dell’albergo a ore).
Altro nodo particolarmente controverso riguarda l’immunità, di cui potranno godere anche i nuovi senatori: ciò implica che non potranno essere intercettati o arrestati senza l’autorizzazione del Senato.
Referendum costituzionale 2016: come cambia l’elezione del Capo dello Stato se vince il Sì?
Cambia anche il meccanismo di elezione del Capo dello Stato, per la quale viene modificato il quorum. Dal quarto scrutinio in poi sarà infatti necessaria la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea, e non più la maggioranza assoluta come accade oggi. Dal settimo scrutirnio saranno necessari i tre quinti dei votanti. Spariscono inoltre i cosiddetti grandi elettori.
Venuti meno i poteri del Senato, la seconda carica dello Stato diventa il presidente della Camera, al quale spetta la supplenza nel caso in cui il Presidente della Repubblica non possa adempiere le proprie funzioni. Elemento che accrescerebbe il peso politico della carica attualmente occupata da Laura Boldrini.
Se vince il Sì, grazie alla riforma, inoltre, avremo meno decreti legge, ai quali viene posto un limite.
Referendum costituzionale 2016: come cambia il rapporto Stato-Regioni se vince il Sì?
Eccoci giunti ad uno dei punti cruciali del ddl Boschi: il Titolo V, che regola il rapporto Stato-Regioni. Con la riforma, Roma si riappropria di importanti competenze che ora appartengono alle regioni, come:
‘la tutela e la promozione della concorrenza; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; le norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro pubblico; le disposizioni generali per la tutela della salute; la sicurezza alimentare; la tutela e sicurezza del lavoro, nonché le politiche attive del lavoro; l’ordinamento scolastico, l’istruzione universitaria e la programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica’.
Secondo i critici della riforma, questo aspetto della riforma minerebbe l’autonomia delle regioni. I sostenitori del sì, invece, scorgono nella modifica del Titolo V un’occasione per ridurre finalmente gli sprechi e migliorare i servizi offerti al cittadino.
Oltre al Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ndr), se vince il Sì spariscono definitivamente anche le province, che nel frattempo sono sopravvissute come enti di secondo livello. Essendo state inserite in Costituzione nel 2001, per la loro soppressione si è resa quindi necessario riformare la Carta.
Referendum costituzionale 2016: come cambia l’istituto referendario se vince il Sì?
Se vince il sì, per la prima volta in italia potranno essere indetti referendum propositivi, cioè per introdurre nuove leggi, e non più solo abrogativi. Sarà più difficile però presentare un ddl di iniziativa popolare: il numero necessario di firme da raccogliere sale da 50mila a 150mila.
Referendum costituzionale 2016: che succede al governo se vince il Sì?
L’unione tra Italicum (che sarà quasi sicuramente modificato) e riforma costituzionale dovrebbe assicurare in futuro una maggiore stabilità politica ad un Paese che negli ultimi 71 anni ha visto 63 governi. Se vince il Sì, molto probabilmente il governo Renzi - uscito rafforzato dalla consultazione - durerà fino alla fine della legislatura (2018).
Ma in caso di risultato particolarmente positivo, al premier potrebbe anche venire la tentazione di rovesciare il tavolo prima del 2018 e andare a elezioni anticipate, come sottolineato nell’apertura del pezzo. Oppure - come si vocifera ultimamente - optare per un rimpasto di governo allo scopo di rafforzare il suo esecutivo.
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