I mercati mondiali per ora non sembrano aver accolto bene il possibile rialzo dei tassi USA a Dicembre e il petrolio è sceso sulla scia della notizia. Il rischio è la deflazione globale.
Sul possibile rialzo dei tassi a Dicembre trapelato dal report del FOMC di ieri, il futures sul petrolio ha perso l’1%, mentre le borse asiatiche hanno chiuso contrastate con Cina e Hong Kong in calo e il Giappone leggermente positivo.
Male le borse europee oggi, che in teoria dovrebbero festeggiare per un possibile rialzo dei tassi nei prossimi mesi.
Perché allora le borse non festeggiano con il petrolio in calo e con il Dollaro USA pronto a tornare protagonista nel mercato delle valute?
Borse Europee non festeggiano il rialzo dei tassi Fed: ecco perché
Le ragioni risiedono principalmente sulla teoria dei vasi comunicanti. Con il petrolio a questi livelli i Paesi importatori trarranno sicuramente beneficio, dato il minor costo del greggio e quindi un calo dell’allocazione di risorse finanziarie dai Paesi importatori ai Paesi esportatori che è una variabile che incide sulla crescita del PIL di entrambi.
Questo fatto però, non aiuta le grandi compagnie petrolifere che sono le società più grandi e ricche del mondo. Basta dare un’occhiata alla trimestrale di oggi di Eni o a quella di Shell per capire quanto il calo del prezzo del greggio abbia afflitto i conti delle società petrolifere.
Le compagnie petrolifere, per cercare di porre un rimedio al ribasso del greggio dovranno per forza tagliare gli investimenti, per permettere di avere un minor costo di produzione del barile e questo significa che i soldi in circolazione a livello mondiale diminuiranno.
I prezzi del petrolio, sono afflitti, come sappiamo da una carenza di domanda e da un’altissima offerta dovuta principalmente all’aumento della produzione da parte dell’Opec che intende mantenere il monopolio del mercato petrolifero. Tuttavia, un aumento del valore del Dollaro potrebbe incidere ulteriormente sul ribasso dei prezzi petroliferi.
Questo perché i prezzi del greggio sono espressi in Dollari e quindi con un Dollaro più alto i prezzi del petrolio dovrebbero salire. Questo è vero a livello teorico. Infatti, chi compra il petrolio con una moneta differente da quella americana, troverà sconveniente comprare il petrolio e questo potrebbe incidere notevolmente sulla domanda già di per sé debole.
Quindi, ci potremmo attendere un rialzo dei prezzi del greggio a seguito del rialzo dei tassi USA per poi conseguentemente vederli cadere nuovamente visto che la domanda si indebolirà.
Rialzo dei tassi: possibile scenario di deflazione mondiale
La domanda di petrolio è per lo più sospinta dalla Cina che è diventato recentemente il primo importatore al mondo di oro nero. Il problema è che il debito sovrano cinese è espresso in dollari e quindi si gonfierà con un aumento del valore del Dollaro americano. Questo vale anche per le grandi società cinesi che hanno i debiti in valuta americana.
Questo significa che la Cina e le sue più importanti imprese, dovranno per forza fare qualcosa per arginare il sopraggiunto aumento del debito. Questo vuol dire che verranno ridotti gli investimenti che di conseguenza incidono sui salari, i quali incidono sui consumi interni e conseguentemente sulle importazioni oltre che ovviamente sul PIL.
Da questo, si può dedurre che la Cina andrebbe in difficoltà, trascinando con sé i Paesi emergenti che porterebbe a un ribasso dei prezzi delle commodity. Questo andrebbe a inficiare sui Paesi esportatori di commodity e alle aziende del settore già gravate dal crollo attuale (vedi Glencore) ed il discorso è lo stesso fatto in precedenza: rallentamento dell’economia per i Paesi produttori.
Quindi lo scenario potrebbe diventare di deflazione mondiale.
E’ vero che ci sono Paesi e aziende che guadagnano con un Dollaro rivalutato (ad esempio quelle europee). Le società che esportano in America vedrebbero i loro ricavi aumentare per effetto del nuovo tasso di cambio. Non è un caso infatti che, per esempio, oggi il settore della moda italiano sia in rialzo nonostante il Ftse Mib registri un calo del -0,87%. Ma questo basterebbe per tenere a galla le economie dei Paesi dell’Eurozona? Forse, il problema rimane lo scenario economico mondiale e la fragilità dell’Euro.
Infatti, con un petrolio basso i ricchi Paesi esportatori come Russia e Arabia Saudita (che sono grandi importatori di prodotti europei, oltre che grandi investitori esteri) rischierebbero il default che azzererebbe le importazioni di beni di consumo e beni durevoli dai Paesi che ne producono.
Sommato questo a una possibile crisi cinese e dei Paesi emergenti insieme alla stagnazione economica del Giappone, il mercato asiatico rischia di diventare un vero problema per le aziende esportatrici.
Un rialzo dei tassi prematuro può portare gli USA in recessione?
C’è da aggiungere che gli stessi Stati Uniti potrebbero tornare in recessione. Le trimestrali in chiaroscuro dei giganti americani mostrano come le economie delle aziende statunitensi potrebbero non essere pronte a sopportare un Dollaro più forte.
Il Dollaro forte potrebbe incidere sulle vendite all’estero delle società americane gravando sui bilanci delle stesse. Dall’altro lato gli Stati Uniti importerebbero di più ma un calo drastico delle esportazioni creerebbe uno squilibrio notevole sulla bilancia commerciale. Uno squilibrio tale da riportare il Paese a livelli di crisi.
Per concludere, possiamo dire che le economie globali sono ormai strettamente collegate. E’ vero che i prezzi del petrolio bassi e il Dollaro forte potrebbero portare benefici per alcune economie che però dovrebbero fare i conti con i Paesi che invece non beneficiano di queste due variabili.
La decisione della Federal Reserve sarà cruciale per le economie mondiali. Una decisione del genere presa con un timing sbagliato potrebbe essere un grave errore. E’ difficile che la Fed prenderà tale decisione basandosi esclusivamente sull’economia interna visto che, come abbiamo, visto la decisione potrebbe incidere pesantemente sulle economie globali e sull’economia degli stessi Stati Uniti.
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