Ricorso avverso il silenzio inadempimento della PA: requisiti e termini

Isabella Policarpio

20 Febbraio 2019 - 10:27

In caso di silenzio-inadempimento della PA, il cittadino può fare ricorso al TAR anche senza la previa diffida ad adempiere. Tempi e modi.

Ricorso avverso il silenzio inadempimento della PA: requisiti e termini

Il silenzio della Pubblica Amministrazione acquista connotati differenti in base alle materie che riguarda: può trattarsi di assenso, di rigetto o, nelle circostanze residuali, di inadempimento.

Quando ricorre il silenzio-inadempimento, il privato cittadino può fare ricorso al giudice amministrativo anche senza la previa diffida ad adempiere e obbligare l’Amministrazione Pubblica ad emettere il provvedimento.

In caso di condotta dolosa o colposa, il giudice può ordinare alla PA di provvedere al risarcimento del danno nei confronti del cittadino ricorrente.

Silenzio-assenso, silenzio-rigetto e silenzio-inadempimento della PA: le differenze

In materia di diritto amministrativo, il comportamento inerte della Pubblica Amministrazione può assumere diversi significati. Il silenzio della PA si manifesta quando quest’ultima non risponde espressamente alla richiesta di un privato cittadino, nonostante il decorso di un lasso di tempo significativo.

Nell’ambito della Pubblica Amministrazione, il silenzio può assumere il significato di silenzio-assenso o silenzio-rigetto. La prima ipotesi ricorre quando il provvedimento amministrativo si ritiene accolto, cioè quando la PA non comunica il suo diniego al cittadino. Viceversa, il silenzio-rigetto si ha quando la PA non comunica al privato cittadino il provvedimento di accoglimento.

Oltre a queste due ipotesi, ne esiste anche una terza: il c.d. silenzio-inadempimento, ovvero una tipologia di silenzio della Pubblica Amministrazione che non è giuridicamente qualificante come le precedenti e che non trova espressa disposizione di legge (si veda l’articolo 20 della legge n. 241/1990).

Silenzio inadempimento della Pubblica Amministrazione: cosa fare?

Come abbiamo visto, ci sono dei casi in cui il silenzio della Pubblica Amministrazione non viene qualificato dalla legge e deve essere considerato come un’ipotesi di inadempimento.

In particolare, si ha silenzio-inadempimento nelle materie non previste dalla legge 241/1990, quindi, per esclusione, in tutti gli ambiti che non necessitano di una manifestazione espressa di potere (che, invece, è necessaria in ambito di difesa dell’ambiente, del patrimonio culturale, dell’immigrazione e della cittadinanza).

Chi ritiene di aver subito un comportamento inadempiente da parte della Pubblica Amministrazione può presentare il ricorso al giudice amministrativo, dopo che sono decorsi inutilmente i termini entro cui l’Amministrazione avrebbe dovuto agire, o comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, anche senza previa diffida dell’amministrazione inadempiente.

La disciplina sul ricorso avverso il silenzio-inadempimento è contenuta nel Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010).

Ricorso avverso il silenzio inadempimento: il giudizio del TAR

Una volta proposto il ricorso al TAR, il giudice amministrativo può pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa solo quando non ci sono più i margini per l’attività discrezionale della PA e sempre che non siano necessari ulteriori attività istruttorie.

Sul ricorso il giudice amministrativo decide in forma semplificata: in caso di accoglimento, la Pubblica Amministrazione viene obbligata a provvedere entro il termine di 30 giorni dall’emissione della sentenza.

Se il giudice amministrativo accerta il comportamento doloso o colposo nel silenzio-inadempimento della Pubblica Amministrazione, condanna la PA al risarcimento del danno nei confronti del privato cittadino, ai sensi del dettato dell’articolo 2 della legge 241/1990 che dice:

“Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’art. 1, comma-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

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