Saranno gli attivisti certificati a decidere tramite la piattaforma Rousseau l’appoggio o meno al governo Draghi: ecco cosa potrebbe accadere al Movimento 5 Stelle se dovesse vincere il No.
Cosa potrebbe succedere al Movimento 5 Stelle se dovesse vincere il No al sostegno al governo Draghi? Mai come questa volta, il voto degli attivisti certificati su Rousseau sarà decisivo anche per il futuro politico dei pentastellati.
Dopo un iniziale rinvio, oggi dalle ore 10 fino alle 18 gli aventi diritto potranno così esprimersi su questo quesito: “Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica, e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”.
Per il Sì si sono schierati Beppe Grillo e Luigi Di Maio, convinti dalla promessa di un super-Ministero della Transizione Ecologica, mentre il fronte del No vede in Alessandro Di Battista il suo capofila.
A prescindere dall’esito del voto, il sentore è che il Movimento 5 Stelle questa volta non possa reggere a questo voto su Rousseau, con una scissione che appare inevitabile sia nel caso di una vittoria del Sì che di una del No.
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Movimento 5 Stelle: il voto su Rousseau
Lo scenario ormai è chiaro da giorni. Dopo il fallimento dell’ipotesi di un Conte-ter, il Presidente Sergio Mattarella ha affidato un mandato a Mario Draghi senza particolari vincoli o paletti.
Dopo una iniziale contrarietà, la posizione del Movimento 5 Stelle è lentamente mutata dopo l’apertura a un governo non solo tecnico, ma anche politico con la presenza di diversi ministri indicati dai partiti.
Durante le consultazioni dove ha preso parte anche Beppe Grillo, il fondatore del Movimento 5 Stelle si è detto convinto dal programma di Mario Draghi, chiedendo però alcune precise garanzie per un sostegno in Parlamento.
Il quesito del voto su Rousseau così è ancorato alla premessa di determinate scelte da parte del Presidente del Consiglio incaricato, ma questo non ha evitato una profonda spaccatura all’interno dei pentastellati.
Lo slittamento della votazione ha poi ulteriormente infiammato gli animi dei contrari a questa “ammucchiata”, anche per il fatto che non ci si potrà esprimersi su una eventuale astensione durante il voto di fiducia.
Gli scenari
Il fronte del No guidato da Alessandro Di Battista e Barbara Lezzi, non vuole accomodarsi in un governo dove ci sono anche ministri di Forza Italia e dove potrebbe trovare posto pure Matteo Salvini.
“Non siamo stati votati per stare in panchina” è stato invece il commento di Luigi Di Maio, grande sponsor insieme a Beppe Grillo di questa mossa governista nonostante, in fondo, il Movimento sia nato proprio per opporsi ad inciuci del genere.
Se alla fine dovesse vincere il No, appare probabile con l’ala governista risponda comunque all’appello del Presidente della Repubblica votando la fiducia al governo Draghi. A quel punto sarebbe il caos, con buona parte dei parlamentari che così andrebbe contro il responso di Rousseau.
Anche con una vittoria del Sì, un pezzo dei 5 Stelle potrebbe abbandonare il Movimento e andare all’opposizione, inizialmente trovando casa nel Gruppo Misto per poi magari costruire un gruppo parlamentare che sarebbe l’anticamera di un nuovo partito.
C’è poi l’ultima ipotesi dei grillini che rimangono compatti a prescindere dall’esito del voto: se fossimo nel campo del betting, questa opzione avrebbe senza dubbio la quota più alta.
In un modo o nell’altro, sul governo Draghi il Movimento 5 Stelle sembrerebbe destinato a spaccarsi, per una scissione da tempo evocata e mai come in questo momento possibile.
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