Tra il 2011 e il 2013 i paesi europei hanno tagliato la propria spesa pubblica; solo in Italia e Francia ha continuato a salire. Ecco le diete di chi la spending review la fa sul serio
La spending review, secondo le dichiarazioni del premier Renzi, resta la colonna portante dell’azione del governo. Ma dal momento dell’annuncio della vendita su eBay delle auto blu ad oggi la severità dei tagli alla spesa pubblica tanto pubblicizzata in campagna elettorale stenta a farsi notare. Il commissario per la spending review Cottarelli in realtà ha messo a punto un piano ambizioso di riduzione di spesa: 53,7 miliardi dal 2014 al 2017.
Si attende un’incisiva azione di tagli alla spesa pubblica di cui il nostro paese ha un disperato bisogno, essendo l’unico insieme alla Francia ad andare in controtendenza in Europa. Mentre Irlanda in primis, ma anche Gran Bretagna, Spagna e Olanda infatti, hanno messo a dieta il proprio apparato politico e burocratico incidendo notevolmente sull’entità della spesa pubblica in rapporto al Pil del paese, in Italia la spesa pubblica tra il 2011 e il 2013 è cresciuta dello 0,9% e in Francia dell’1,2%. E la Germania? Con un deficit zero la Merkel non solo non ha bisogno di mettere in pratica la spending review, ma può perfino permettersi di aumentare la spesa per istruzione e ricerca.
Chi fa sul serio
Secondo i dati Eurostat sulla spending review europea la prima della classe è l’Irlanda. La scure sulla spesa pubblica di Dublino infatti, ha contratto di oltre 4 punti percentuali il suo peso in relazione al Pil, passando dal 47,1 al 42,9%. Per l’Irlanda è sufficiente un piano di riduzione di spesa di 7,8 miliardi approvato nell’aprile 2010 con scadenza 2015. La stretta ricade soprattutto sui dipendenti pubblici, sulla spesa per il welfare e la sanità.
Dopo le pesanti misure varate nel 2010, la Gran Bretagna prevede per il biennio 2015-2016 una riduzione di spesa di 14,3 miliardi sufficienti a tenere Londra perfettamente in linea con la tabella di marcia. Già tra il 2011 e il 2013 la spesa pubblica è diminuita dello 0,8%. La dieta inglese interessa principalmente la giustizia, gli enti locali e il welfare in particolare con una sborbiciata ai sussidi di disoccupazione. Nessun taglio invece per sanità e istruzione.
Nel 2012 la Spagna ha annunciato un piano di spending review dal valore di 37,6 miliardi da attuare entro il 2015. Al momento il governo ha realizzato circa un terzo dei risparmi annunciati, ma assicura che il piano di riduzione di spesa andrà in porto secondo la tabella di marcia. Madrid ha deciso di mettere a dieta soprattutto la politica del paese: basta tredicesime per parlamentari e funzionari pubblici, taglio del 30% dei consiglieri comunali, del 20% dei finanziamenti per partiti e sindacati e riduzione dei giorni di ferie. Ma il piano di spending review spagnolo interessa anche la scuola, la sanità e il welfare.
Italia e Francia in controtendenza
Italia e Francia sono le ultime della classe quando si parla di riduzione di spesa pubblica. Tra il 2011 e il 2013, mentre gli altri paesi europei attuavano diete incisive, la spesa pubblica del nostro paese e dei vicini d’Oltralpe ha continuato a crescere. Così Roma e Parigi sono adesso obbligate ad annunciare piani di spending review molto ambiziosi.
Per l’Italia l’obiettivo complessivo di riduzione di spesa tra il 2014 e il 2017 è di 53,5 miliardi da reperire abbassando i costi della politica, ma anche della salute, degli enti locali e dei dirigenti pubblici per i quali è stato fissato un tetto massimo agli stipendi.
Di poco inferiore il piano francese: 50 miliardi nel triennio. Di questi circa 20 miliardi di tagli piomberanno sul welfare e sulla spesa sanitaria e altri 18 sui costi della politica.
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