Con circolare del 27 aprile, l’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione modello e istruzioni per l’autodichiarazione di quanto ottenuto col Decreto Rilancio. In pieno delirio di saldi e acconti
Un bonus da 200 euro per 28 milioni di italiani, finanziato senza ricorso a nuovo scostamento ma ottenuto dagli extra-profitti dei giganti energetici. Praticamente, un capolavoro quello messo in campo dal governo con il nuovo decreto per i sostegni a imprese e famiglie. Ma un capolavoro di comunicazione. E non di efficacia.
In primis, occorre notare una contraddizione stridente. Al netto di un’emergenza ormai non più derogabile di porre freno all’erosione di salari e potere d’acquisto a causa del caro-bollette, l’esecutivo ha sì stanziato un’una tantum ma in arrivo fra giugno e luglio. Sia che venga erogata dall’Inps per i pensionati, sia per i lavoratori dipendenti che lo otterranno in busta paga, sia per gli autonomi. Insomma, se la conditio sine qua non per rientrare nella platea dei beneficiari è quella di un reddito fino a 35mila euro, la tempistica resta ancora da stabilire con certezza. Comunque sia, non prima di due mesi. Le bollette non attendono, invece.
Ed ecco che nel medesimo arco temporale, l’Italia che lavora e che formalmente potrà godere dell’estensione al 31 dicembre della garanzie statali sui prestiti bancari alle Pmi, dovrà rimboccarsi le maniche. E non per cercare di sconfiggere lo spettro della terza recessione in dieci anni, ormai praticamente sull’uscio di casa, bensì per certificare all’Agenzia delle Entrate tutti gli aiuti di Stato di cui hanno goduto dal Decreto Rilancio del 2020 in poi. Dopo lunga elaborazione, infatti, il 27 aprile il sito del Fisco ha pubblicato modello e istruzioni da seguire per l’auto-dichiarazione relativa a contributi a fondo perduto, crediti d’imposta e altri tipi di ristori. Con una data precisa: entro il 30 giugno.
Di per sé, già un passaggio quantomeno eccessivo. Ed evitabile, a fronte di un sistema efficiente. Non fosse altro perché i soggetti beneficiari hanno già indicato - quantomeno in riferimento all’anno 2020 - le cifre nel prospetto dedicato agli aiuti di Stato, proprio per permettere all’Agenzia delle Entrate - la quale ha poi erogato le somme - di procedere con l’iscrizione del beneficio ottenuto nell’apposito Registro (RNA). Inoltre, l’oggetto del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate sono gli aiuti di Stato che rientrano nel cosiddetto regime ombrello, erogati quindi in linea con quanto stabilito nei provvedimenti approvati dal Decreto Rilancio (maggio 2020) al secondo DL Sostegni (maggio 2021). Di conseguenza, sono chiamati a inviare l’autodichiarazione per verificare il rispetto dei limiti e delle condizioni previste le imprese e in generale tutti i soggetti che hanno ricevuto i contributi a fondo perduto, i bonus, i ristori. Tutti, insomma.
Un aggravio burocratico che ricade sia sulle aziende, sia sugli studi professionali di cui queste si avvalgono per le incombenze fiscali. In piena crisi economica da inflazione, guerra in Ucraina e venti di stagflazione che dal porto di Shanghai cominciano a spirare insidiosi verso Ovest. E cadendo soprattutto in un periodo già denso di scadenze: tra le altre, i versamenti di saldi e acconti relativi alle imposte sui redditi e all’IRAP, fino all’acconto IMU. Insomma, il rischio di un tilt della già complessa operatività ordinaria dei contribuenti e degli studi professionali è altissimo. Pressoché garantito. Tanto che il CNDCEC, il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili, non solo ha già chiesto uno slittamento della scadenza al 30 settembre ma anche l’applicazione del principio once only, al fine di evitare - dove possibile - di richiedere l’indicazione di aiuti di Stato erogati dalla stessa Agenzia delle entrate o della cui fruizione l’Agenzia abbia già avuto conoscenza per effetto di precedenti adempimenti da parte del contribuente. Buonsenso, insomma.
Ma l’importante per il governo, quantomeno in apparenza, era forse poter rivendicare la sua una tantum senza ricorre allo scostamento di bilancio. L’extra gettito garantito dai profitti energetici, la scorciatoia più semplice e populista, ha garantito la quadratura del cerchio. Ma, ovviamente, anche posto immediatamente sulla strada della sua realizzazione i paletti dissuasori del realismo. Primo, l’incertezza nei tempi dell’erogazione, figlia proprio di uno strumento che necessita mediazioni e che invece uno scostamento di bilancio avrebbe reso immediatamente disponibile. Secondo, la necessità parallela per l’Agenzia delle Entrate di operare con tempistiche ridottissime su un accertamenti di massa, quasi a strascico, proprio sulle precedenti tornati di aiuti e sostegni. Quasi automatico il pensiero a un atto inderogabile che tradisce un meccanismo di vasi comunicanti fiscali da somma zero. O, se si preferisce, da saldi invariati.
Terzo è più grave, la certificazione che - nonostante il mutato approccio del PD verso un ricorso a nuovo deficit -, Mario Draghi appare rigido nell’obbedienza all’ortodossia sui conti imposta da Bruxelles. Questo nonostante l’inflazione, il caro-bollette, la crisi ucraina e un oggettivo rallentamento dell’economia nell’eurozona. Questa stralcio
mostra il concetto-chiave espresso nel weekend dal vice-presidente della Bce, la colomba Luis de Guindos. Di fatto, se tutto verrà deciso in base ai dati di giugno, ad oggi pare non solo confermata la fine degli acquisti nel terzo trimestre ma anche più che palesata l’ipotesi di un primo rialzo dei tassi già a luglio. Non a caso, il nostro spread fibrilla. Tradotto, scordiamoci scostamenti di bilancio. E prepariamoci a un autunno da 2011. Le imprese, in tal senso, stanno già godendosi uno spoiler.
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