Tutti i segreti di Stato del Governo Conte stanno per sparire grazie a una sentenza del Tar del Lazio, che comanda all’esecutivo di rendere pubblici i documenti segretati del CTS durante l’emergenza coronavirus.
Possiamo solo immaginare quante siano le cose taciute e tenute segrete dal Governo Conte durante l’emergenza coronavirus, vuoi per non alimentare disordini sociali, vuoi per come funzionano alcune dinamiche interne all’esecutivo (non solo in Italia, ça va sans dire).
Eppure, tutto sta per cambiare. I documenti segretati del Comitato Tecnico Scientifico (CTS), che contenevano numeri, dati e informazioni sulle quali il Governo Conte ha basato le proprie decisioni difficili durante i mesi di lockdown e redatto gli ormai arcinoti DPCM, stanno per essere svelati.
Sì, perché fino ad oggi nessuno di non autorizzato ha mai avuto accesso a tali documenti, un vero e proprio segreto di Stato perpetuato dal Governo che finalmente è giunto alla sua fine grazie alla tenacia di tre avvocati che hanno fatto ricorso al Tar del Lazio.
Addio al segreto di Stato sul COVID-19
La sentenza emessa dal Tar del Lazio il 22 luglio, pronunciata il 13 luglio, dice chiaramente che il Consiglio dei Ministri e la Protezione Civile devono rendere pubblici tutti i verbali e i documenti realizzati al Comitato Tecnico Scientifico, il cui ruolo è stato cruciale - come spesso ripetuto dal premier nelle sue conferenze stampa a sorpresa alle quali ci ha abituati durante il lockdown.
La divulgazione di tali verbali deve avvenire entro 30 giorni. Per il Tar il segreto di Stato su questi documenti non è legittimo poiché non si tratta di «atti amministrativi generali» - come invece sostiene la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Protezione Civile.
Se ci pensiamo, la cosa sarebbe dovuta essere scontata per il semplice principio di trasparenza delle istituzioni in ambito legislativo. D’altronde sulle informazioni derivanti dai verbali del CTS si è deciso lo stop del comparto produttivo, la chiusura di esercizi commerciali e molto altro, decretando il licenziamento e il fallimento di migliaia di persone e imprese. Sarebbe corretto, insomma, capire se effettivamente ne valesse la pena, salvaguardando al contempo la salute dei cittadini s’intende.
A firmare la sentenza sono Lucia Gizzi, Ines Simona Immacolata Pisano e Mariangela Caminiti, giudici amministrativi della Prima sezione quater.
Fin dall’inizio delle conferenze stampa serali della Protezione Civile, il capo Angelo Borrelli aveva specificato che no, i documenti e i verbali delle riunioni del Comitato dovevano rimanere segreti poiché contenenti dati sensibili.
Lo Stato si piegherà davvero a rivelare i suoi segreti sul coronavirus?
Se il Governo pubblicherà davvero i documenti segretati è ancora tutto da vedere, ma intanto vale la pena comprendere il prologo della vicenda.
A fare ricorso al Tar del Lazio, dopo essersi visti negare l’accesso ai documenti da parte della Protezione Civile, sono stati gli avvocati Vincenzo Palumbo, Rocco Mauro Todero e Andrea Pruiti Ciarello, consigliere di amministrazione della Fondazione Einaudi.
Cosa potrebbe andare storto? Lo Stato potrebbe fare ricorso oppure presentare delle «ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici e privati».
Di seguito uno stralcio della sentenza del Tar del Lazio pubblicata il 22/07/2020:
«L’Amministrazione ha opposto all’ostensione dei richiamati verbali solo motivi «formali» attinenti alla qualificazione degli stessi come «atti amministrativi generali», ma non ha opposto ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici o privati tali da poter ritenere recessivo l’interesse alla trasparenza rispetto a quello della riservatezza».
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«Deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti DPCM, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività».
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