Tasse locali aumentate del 22% in tre anni. IMU, TASI e TARI: allarme della Corte dei Conti

Francesco Oliva

01/08/2015

Probabilmente nessuno si sorprenderà ma adesso è ufficiale: IMU, TASI e TARI pesano molto di più della vecchia ICI. La Corte dei Conti lancia l’allarme. Ecco tutti i dati.

Tasse locali aumentate del 22% in tre anni. IMU, TASI e TARI: allarme della Corte dei Conti

Nell’annuale “Relazione sugli andamenti della finanza territoriale” la Corte dei Conti lancia l’ennesimo allarme: IMU, TASI e TARI sono cresciute del 22% in tre anni. Le tasse locali, complessivamente, sono state l’unico mezzo utilizzabile dai Comuni per compensare gli 8 miliardi di tagli subiti dagli ultimi Governi a partire dal 2011.

Tasse locali: il livello raggiunto è al massimo storico

Secondo la Corte dei Conti il livello delle tasse locali, in particolare del combinato disposto di IMU, TASI e TARI, è “al limite della compatibilità con le capacità fiscali locali”. In altre parole, gli enti locali non hanno altra scelta: altri tagli equivalgono ad altre tasse, non c’è più nulla da tagliare. Oggi il peso delle nuove tasse imposte dai Comuni supera di gran lunga quello della vecchia ICI. Possiamo già immaginare il dibattito che questi dati alimenteranno. Ormai dall’ultima fase del Governo Berlusconi IV è diventato un classico. Il Governo in carica, al fine di rispettare i parametri di finanza pubblica concordati in sede comunitaria, riduce i trasferimenti agli enti locali; questi ultimi, nelle intenzioni (non si sa quanto sincere) dell’esecutivo, dovrebbero tagliare sprechi e inefficienze. In realtà cosa succede? La stragrande maggioranza dei Comuni e delle Regioni si trova al limite e, per garantire la normale erogazione dei servizi pubblici locali, aumenta le tasse.

Tasse locali, il diverso impatto dei tagli su Comuni e Regioni

In valore assoluto, si legge nella relazione della Corte dei Conti sui flussi di cassa da tasse locali, i trasferimenti Stato-enti locali sono stati ridotti di circa 22 miliardi di euro. Tra il 2008 ed il 2015 l’insieme delle correzioni di spesa sono state pari a 40 miliardi.
Le diverse regole sul patto di stabilità interno hanno prodotto diverse conseguenze a seconda che l’ente di riferimento fosse il Comune o la Regione.

I Comuni, infatti, hanno fatto fronte ai tagli imposti dallo Stato aumentando la tassazione. Sostanzialmente il sistema attuale, IMU-TASI-TARI, pesa molto di più rispetto a quello basato sull’ICI. Proprio l’ICI rappresentò il tormentone elettorale per ben 2 elezioni politiche consecutive (quelle del 2006 e del 2008).

Le Regioni, invece, essendo soggette ad un diverso sistema di regole in tema di patto di stabilità interno, hanno reagito in due modi diversi:

  • Riducendo la spesa per investimenti;
  • Riducendo le spese destinate al comparto sanitario.

Tasse locali: l’analisi del patto di stabilità interno per le Regioni

L’analisi del patto di stabilità interno per le Regioni mette in evidenza, con riferimento all’esercizio 2014, due elementi particolari:

  • La situazione della Regione Lazio che ha sforato il patto per ben 977 milioni di euro con il duplice obiettivo di assestare la situazione debitoria nei confronti dei privati e realizzare quegli investimenti ritenuti condizione necessaria per garantire la ripresa economica del territorio;
  • La situazione complessiva che ha visto un ulteriore riduzione generalizzata della spesa per investimenti delle Regioni italiane. Che significa? Minori investimenti si traducono in minori possibilità di lavoro e ripresa economica per il territorio.

Tasse locali: la promessa di Renzi

Il premier Matteo Renzi ha dichiarato pubblicamente, nel corso dell’assemblea PD tenutasi all’Expo il 18 luglio scorso, che a partire da settembre sarà revisionato tutto il sistema delle tasse locali. L’obiettivo dichiarato è quello di eliminare ogni forma di imposizione fiscale sulla prima casa. Obiettivo utopistico? Alla luce dei dati della Corte dei Conti appare, e non potrebbe essere altrimenti, la solita boutade di mezza estate.

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