Probabile terza dose a causa dell’aumento dei contagi da variante Delta. Cosa dicono gli studi e gli esperti a riguardo? Facciamo il punto della situazione.
Terza dose del vaccino alle categorie più fragili. Se prima questa opzione sembrava essere un’ipotesi lontana oggi non lo è più. Dopo i recenti sviluppi, con l’aumento dei contagi a causa della variante Delta e diversi studi scientifici a riguardo, si concretizza la possibilità di dover ricorrere a un terzo richiamo.
E la notizia di oggi è che sembra - secondo quanto si apprende da fonti di agenzia - che il Ministero della Salute stia prendendo seriamente in considerazione l’idea di procedere al più presto con una terza dose di vaccino.
Ipotesi che se in Italia è ancora oggetto di valutazioni, adesso è realtà certa almeno in Israele: proprio oggi il primo ministro israeliano Naftali Bennett ha invitato i cittadini over-60 anni a ricevere una terza dose di vaccino anti-Covid.
La comunità scientifica internazionale, come quella italiana, si trova a dover rispondere a molteplici domande: quando e sopratutto se ricorrere a questa opzione. Intanto la questione della terza dose di vaccino è allo studio del Ministero della Salute, come ha confermato il sottosegretario Pierpaolo Sileri.
In attesa di avere una risposta ufficiale dal governo cerchiamo di fare il punto della situazione: cosa dice la comunità scientifica? Quali sono gli ultimi studi condotti? Vediamoli nel dettaglio.
Terza dose vaccino: lo studio Pfizer
Un primo studio a parlare degli effetti di una terza dose del vaccino è stato proprio il gruppo statunitense con il suo partner tedesco: Pfizer/BioNTech.
Dai primi dati emersi una terza dose del vaccino comporterebbe livelli di anticorpi neutralizzanti contro la variante Delta del Covid superiori alle due dosi; questi sarebbero:
- Cinque volte superiori nelle persone giovani;
- Undici volte superiori nelle persone anziane.
Il gruppo ha annunciato che saranno pubblicati dati più definitivi sull’analisi degli studi in corso sulla dose “booster”. Questa dose dovrebbe essere somministrata sei mesi dopo aver concluso il primo ciclo vaccinale.
Lo studio è stato portato avanti da Pfizer dopo che alcune ricerche, condotte dall’azienda, avrebbero dimostrato che il vaccino perde efficacia nel con il passare dei sei mesi: dopo sei mesi si scende da una copertura del 96% all’84%. Una terza dose dovrebbe garantire un’azione più duratura.
Terza dose vaccino: cosa dicono gli esperti
Oltre agli studi della casa farmaceutica ci sono anche le parole degli esperti come Sergio Abrignani, docente d’Immunologia all’Università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts):
Per la stragrande maggioranza delle persone a oggi non è prevista la terza dose, potrebbe essere necessaria solo in caso di calo della memoria immunologica o in presenza di una variante da cui non dovesse coprire il vaccino.
Il terzo richiamo, secondo il professore, sarebbe rivolto “ai soggetti fragili o immunodepressi” e per le persone con gravi problemi di salute. Una terza dose potrebbe essere la soluzione per avere una risposta immunitaria migliore.
Quello che vediamo è che la variante Delta può infettare anche i vaccinati e aumenta così la frazione degli asintomatici; in quelli che hanno fatto una singola dose può creare malattia grave.
Si è aggiunto alla discussione sulla terza dose il virologo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova. Il direttore ha discusso i dati secondo cui anche chi ha fatto due dosi, se ha superato i 7-8 mesi dalla vaccinazione e se appartiene alle categorie fragili e anziane, può sviluppare malattia grave. Anche per lui, dunque, la terza dose sarebbe opportuna per le categorie più a rischio.
Terza dose vaccino: la commissione Europea, Ema e Oms
Se in Israele la terza dose è stata già raccomandata, l’unione Europea non si sbilancia ma corre ai ripari:
Siamo molto consapevoli del fatto che potrebbe essere necessario un ’booster’ di vaccino, una terza dose. E anche per questo che abbiamo concluso un terzo contratto con BioNTech/Pfizer, che prenota 1,8 miliardi di dosi.
A ribadirlo è stato il portavoce della Commissione Europea per la Salute, Stefan de Keersmaecker. Dosi che sarebbero pronti nel caso in cui fosse necessario un “booster”, un’opzione ancora data per futuribile ma non certa.
Per essere preparati - aggiunge - abbiamo anche esercitato l’opzione per 150 milioni di dosi per il secondo contratto con Moderna. Nel frattempo continuiamo a seguire la situazione con l’Ema. Come sempre, le decisioni che prendiamo saranno basate sulla scienza.
E se l’Unione Europea si ripara a dare una frenata a tale questione sono l’Ema e l’Oms. Per la prima è una questione di tempistiche: è troppo presto per confermare se ci sarà bisogno di un terzo richiamo; per l’Oms la situazione è diversa: bisogna pensare a paesi poveri che non hanno ancora fatto le prime dosi.
Cosa dice il governo italiano?
Intanto che la comunità scientifica studia i dati con accuratezza, i governi devono cercare di rispondere alle domande sempre più impellenti della popolazione. Alla possibilità di una terza dose il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha cercato di tener fermo il punto.
Una terza dose a 12 mesi dalla seconda, potrebbe essere da non escludere, ma per adesso questa possibilità rimane un’indicazione. Intanto la questione è allo studio del Ministero della Salute, ma la scelta è ancora da compiersi. E secondo indiscrezioni, anche se dovesse esserci un piano a riguardo sarebbe solamente per alcune categorie, quali: le persone fragili, gli immunodepressi e anche gli operatori sanitari che hanno iniziato le prime dose il 27 dicembre 2020.
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