Una procedura lampo ha registrato sabato il voto al Senato che ha prosciolto Trump dall’impeachment ma la sua carriera politica è finita e per mano propria. Capiamo perché.
Occorrevano 67 voti, i due terzi dei 100 che siedono in Senato, e ce ne sono stati 57. Solo 7 dei 50 senatori del GOP, sui 100 totali, hanno approvato la risoluzione per la condanna che era stata già votata in settimana alla Camera, dove basta il 50% più uno dei deputati. Dieci Repubblicani hanno affiancato la maggioranza dei DEM alla Camera, e sono quindi stati ininfluenti, di fatto, nella condanna Trump. Ma se nel febbraio 2021 la cronaca lo ha assolto ufficialmente, che cosa dirà’ la Storia elettorale-politica degli anni a venire? Quale futuro ha l’ex presidente che, in teoria, potrebbe ripresentarsi nel 2024 alle prossime elezioni per la Casa Bianca?
In «L’autodistruzione politica di Donald Trump» avevo scritto che “con i due comizi che hanno prodotto mercoledì scorso l’assalto violento (5 morti) a Capitol Hill di centinaia di ultrà pro Trump, il Presidente sconfitto in novembre nelle urne ha dilapidato i 73 milioni di voti degli americani che volevano la sua riconferma. Si è così distrutto politicamente, cancellando la speranza, che lui pure sembrava coltivare, di ripresentarsi nel 2024 come candidato Repubblicano”. I fatti successivi mi rafforzano in questa convinzione.
L’assoluzione per il secondo impeachment non ha nulla da spartire con la prima, che era stata costruita sul motivo specioso di una telefonata “sospetta” al neo presidente ucraino. Infatti, allora il GOP fu compattissimo nel respingere la risoluzione della Camera. Tutti i parlamentari votarono per il proscioglimento (la sola eccezione fu il sì di Mitt Romney su uno dei due capi d’imputazione), in sintonia piena con il paese: la popolarità di Trump aumentò dal via all’impeachment dato da Nancy Pelosi alla sua conclusione. Questa volta non solo il voto è stato formalmente bipartisan, ma gli stessi parlamentari del GOP che hanno votato no all’impeachment non hanno lesinato nel condannare il suo comportamento, subito dopo il voto. Uno per tutti, citiamo il capo dei senatori Repubblicani, Mitch McConnell, che nel processo aveva sostenuto la tesi della incostituzionalità dell’impeachment nel caso di un presidente non più in ufficio. In verità la Costituzione non si esprime su questa possibilità, e quindi i due campi hanno potuto tenere la posizione politicamente preferita.
McConnell, che è senza dubbio oggi la voce più autorevole dell’establishment del partito, aveva lasciato libertà di coscienza ai suoi senatori prima del voto, ma subito dopo è stato sferzante contro il Presidente. “Hanno fatto quello che hanno fatto”, ha detto descrivendo nel suo discorso in Senato il comportamento delle orde di esaltati che avevano condotto l’assalto il 6 gennaio, “perché erano stati riempiti di assurde falsità dal più potente uomo sulla terra che era arrabbiato per aver perso le elezioni. Le azioni del Presidente Trump che hanno preceduto i disordini sono state una disgraziata, disgraziata, inadempienza ai doveri. Non c’è dubbio, nessun dubbio, che il presidente sia praticamente e moralmente responsabile per aver provocato gli eventi di quel giorno”.
La corsa a distanziarsi da Trump non riguarda quindi solo i parlamentari Repubblicani che hanno votato contro di lui ed erano già usciti allo scoperto con dichiarazioni di condanna. Lisa Murkowski (senatrice dell’Alaska), per esempio, aveva detto di “non vedere come Trump potrebbe essere rieletto alla presidenza dopo che il pubblico americano ha assistito in TV all’intera storia”. Tutti i personaggi del GOP che dopo la sconfitta di Trump coltivavano sogni di una propria candidatura nel 2024, dal senatore della Florida Marco Rubio alla ex ambasciatrice all’ONU Nikki Haley, hanno preso posizione contro l’idea di appoggiarlo in futuro, dovesse ricandidarsi. “Stiamo parlando di cose che potrebbero non accadere mai. Abbiamo ora da affrontare questioni reali urgenti”, ha detto Rubio. Il vero problema, suo e di tutti i Repubblicani in cerca di cariche, è raccogliere l’eredità dei contenuti di successo della passata amministrazione (dalle leggi fiscali e per la deregolamentazione alle nomine dei giudici e alla Pace di Abramo in Medio Oriente), ma cambiando il condottiero.
La perdita del consenso verso Trump
Trump è diventato impresentabile e non potrebbe mai rivincere una elezione dopo quello che ha combinato dal giorno del voto perso in novembre. Che ci pensi, eccome, lo ha detto lui stesso con questo comunicato: “Il nostro storico, patriottico e bellissimo movimento Make America Great Again è appena agli inizi. Nei mesi a venire, avrò molto da condividere con voi e non vedo l’ora di proseguire il nostro incredibile viaggio insieme per fare si che la grandezza americana sia a favore di tutto il nostro popolo. È un triste commento ai nostri tempi che ad un partito politico in America - ossia i Democratici - sia concessa una licenza gratis per denigrare lo stato di diritto, diffamare le forze dell’ordine, tifare per le orde violente, giustificare i rivoltosi e trasformare la giustizia in uno strumento di vendetta politica. E perseguitare, inserire nelle liste nere, cancellare e sopprimere tutte le persone e i punti di vista con cui loro non sono d’accordo. Io sono sempre stato, e sempre sarò, un campione per lo stato di diritto incrollabile, gli eroi delle forze dell’ordine e il diritto degli americani di discutere pacificamente e onorevolmente le questioni sul tappeto senza astio e senza odio”.
Queste parole sono la prova che Trump ha perso contatto con la realtà dopo il voto del novembre scorso. Da allora, non accettando quella stessa legge dei numeri ai seggi che lo aveva premiato nel 2016, si è avvitato in un vortice di paranoia culminata con il “suicidio” pubblico in quel giorno maledetto. E’ ovvio che l’ex Presidente non ha più l’istinto politico-mediatico che fece la sua fortuna nel 2015-2016, quando individuò il suo spazio trasversale in quella America scontenta e delusa dai due partiti. Il paese, allora, cercava un leader per una rivoluzione populista e conservatrice, religiosa e amica del business. Trump, coadiuvato nella sostanza da un partito Repubblicano riluttante, ha poi davvero difeso i valori americani tradizionali e fatto bene all’economia di tutti. Del resto, non si prendono 75 milioni di voti per caso, e Trump li aveva presi. D’altra parte, gli 81 milioni che hanno votato Biden tre mesi fa per cacciare Trump, ora lo odiano più di prima. E con più motivi per farlo.
Per questo l’ex Presidente è patetico nel suo “arrivederci”. Non si rende conto che il brand Trump & MAGA, pur con tutto quello che di positivo aveva prodotto tra il 2016 e il 2020, soprattutto per la metà America di centro e centrodestra, è irrimediabilmente macchiato. Curioso che un mago del marketing come lui non lo accetti: evidentemente, è in stato di negazione psicologica. Trump pensa che un appello alla “nostalgia” per la sua passata Casa Bianca possa sospingerlo alla rivincita nel 2024. Ma la gente ricorderà il dramma del 6 gennaio per decenni, perché dopo che era stato sconfitto alle urne nel 2020 Trump si è scavato da solo la fossa, in perfetto stile Trump.
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