L’Unione Europea dimostra il supporto e il sostegno all’Ucraina con l’invio di velivoli da combattimento: le difficoltà tecniche dietro al gesto politico.
Le parole dell’alto rappresentante per gli Affari Esteri Ue, Josep Borrell Fontelles, sono state lapidarie: “forniremo all’Ucraina addirittura Jet da combattimento”.
Per dirimere ogni dubbio Borrell ha anche aggiunto “Non stiamo parlando solo di munizioni, ma di sistemi d’arma importanti, sappiamo quali velivoli da combattimento e alcune nazioni dell’Unione hanno questi velivoli”.
Parole forti, decisioni vitali prese da tutti i ministri degli Esteri dell’Unione che hanno accolto la richiesta di aiuti del ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, per ottenere aiuti militari.
La notizia è rimbalzata sui circuiti internazionali soprattutto negli Usa (poco o niente in Italia) e questa redazione l’ha appresa da AviationWeek, forse la più autorevole rivista di aviazione del mondo.
Money.it ha voluto raccogliere sul tema le riflessioni del gen. Carlo Landi, 41 anni in A.M., Navigatore-Sperimentatore Tornado, è stato comandante del Reparto Sperimentale di Volo e del Centro omonimo acquisendo una notevole esperienza nello sviluppo di sistemi d’arma aeronautici.
Gen. Landi come vede questa decisione della Ue di aiutare l’Ucraina fornendo velivoli da combattimento?
Mi sembra che si tratti soprattutto di una decisione di alto valore politico e simbolico per dimostrare che siamo vicini a chi sta subendo un’invasione.
Dal punto di vista tecnico, almeno per i velivoli, ho diverse perplessità.
Mi colpisce, ad esempio, che a prendere decisioni su che tipo di materiale fornire siano stati i ministri degli esteri, ed è forte il sospetto che molti di loro un MIG-29 o un Sukhoi Su-25 non lo abbiano neanche mai visto da vicino. Immaginarsi se ne conoscono caratteristiche operative e storia tecnica.
I velivoli che Borrell, in nome e per conto della Ue, offre all’Ucraina vengono dagli arsenali di Bulgaria, Polonia e Slovacchia per i MIG-29 e della sola Bulgaria per i Su-25.
Non sono esperto di negoziazioni internazionali in presenza di un conflitto. Certo qualche dubbio mi viene pensando che, allo scopo dichiarato di far cessare le ostilità al più presto, stiamo fornendo a uno dei contendenti materiale da combattimento che non può essere risolutivo. Anzi, rischia di far salire la pressione e aumentare la voglia di Mosca di chiudere la partita mettendo in campo forze (che possiede) ancora maggiori per numero e capacità operativa.
Dal punto di vista strettamente tecnico quali sono le difficoltà di questa fornitura?
Di certo possiamo dire che MIG29 o SU-25 non sono “macchine semplici” e, come tutti i velivoli militari, sono stati soggetti negli anni a diversi programmi di ammodernamento differenti da nazione a nazione.
Quindi quelli che, all’occhio di un profano, sembrano due velivoli identici, in effetti sono profondamente diversi. Certo, un pilota addestrato può farli volare entrambi, ma andarci in combattimento è cosa molto diversa.
E questo potrebbe essere un problema serio per i piloti ucraini.
Da dove vengono i velivoli che la Ue sta offrendo all’Ucraina?
I velivoli che Borrell, in nome e per conto della Ue, offre all’Ucraina vengono dagli arsenali di Bulgaria, Polonia e Slovacchia per i MIG-29 e della sola Bulgaria per i Su-25. Sono velivoli, per usare un eufemismo, non “giovanissimi”, anzi talmente datati che le nazioni che li operano avevano già da tempo avviato programmi per sostituirli, quindi è anche probabile che alcuni siano rimasti, per carenti risorse finanziarie, senza assistenza per un certo periodo.
I MIG-29 sono entrati in servizio nell’Unione Sovietica a metà degli anni ’80 e sono stati, fino allo scioglimento del Patto di Varsavia, forniti in versioni “semplificate” ai Paesi aderenti come Bulgaria, Polonia e Slovacchia.
Poi, con l’ingresso nella Nato, i velivoli di questi paesi sono stati oggetto di “aggiornamenti” tutti diversi tra loro per renderli compatibili in ambito Nato. I MiG-29 slovacchi (12 solo aggiornati gli altri forse non più atti al volo operativo) dispongono di sistemi di navigazione e comunicazione Rockwell Collins, sistemi IFF di BAe Systems, cockpit dotati di display multifunzione e processori digitali per future attrezzature occidentali. Di certo i piloti ucraini sono poco familiari con tali sistemi.
In guerra gli aerei senza armi servono poco. Che armamento potranno usare i velivoli della Ue in Ucraina?
Gli armamenti sono un’altra incognita. Ogni nazione ha selezionato nel tempo delle armi specifiche. Non siamo certi che quelle in dotazione all’Ucraina siano le stesse degli altri. Gli armamenti aeronautici non sono intercambiabili, devono essere “integrati” su ogni velivolo.
C’è anche il problema delle radio e dei sistemi di identificazione. Quelli della Nato sono diversi da quelli che usano i velivoli prodotti nell’ex patto di Varsavia. I piloti ucraini, una volta a bordo, si potrebbero trovare nell’impossibilità di contattare via radio i loro colleghi della difesa aerea. Non è ideale scoprirlo in combattimento.
Questi velivoli hanno necessità di una logistica dedicata?
Per rendere un’idea delle difficoltà tecniche legate a questi velivoli, vorrei ricordare che nel 2017 alcuni piloti bulgari si rifiutarono di volare in addestramento con i loro MIG29 a causa di carenze nella manutenzione e solo 7 velivoli erano in condizioni di volo.
Di contro i MIG29 ucraini, nel 2021 stavano per iniziare “operazioni di upgrade” portate avanti su un solo velivolo e che probabilmente lo rendono ancor più diverso dagli altri MIG generosamente donati da Borrell.
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Per i SU-25 valgono considerazioni analoghe. La Bulgaria ha faticato non poco ad aggiornare parte della propria flotta: solo otto velivoli di cui due biposto da addestramento. Gli altri sono afflitti, oltre che da dotazioni avioniche obsolete, dall’esaurimento della vita operativa e quindi richiederebbero controlli e modifiche ingenti per assicurare che la struttura non ceda in volo.
Che farà la Bulgaria? Offrirà i suoi velivoli ammodernati fulcro delle sue capacità di attacco, oppure aerei poco sicuri per volare?
Come ritiene che saranno consegnati questi velivoli alle forze Ucraine?
Questo è un altro punto da dirimere. La Federazione Russa ha diffuso la notizia di aver preso il controllo di tutto lo spazio aereo sopra l’Ucraina.
È una notizia confermata indirettamente dalla presenza di colonne di mezzi terrestri russi. Nessun comandante fa muovere i propri mezzi in territorio nemico se non è certo di avere una copertura aerea più che valida.
I russi hanno sistemi missilistici molto capaci e che si muovono insieme al resto delle colonne con portate di centinaia di chilometri, poi ci sono i velivoli russi da combattimento che possono contare sulla guida di radar e altri sensori. Quindi probabilmente per la consegna si cercheranno di usare gli aeroporti più a ovest vicini alla frontiera con la Slovacchia come Užhorod che dista pochi chilometri dal confine ma oltre 600 km da Kiev. Non sappiamo neanche chi piloterà i velivoli.
Piloti militari della Ue in zona di guerra? Oppure chiederemo ai piloti ucraini di venirli a prendere? Non è in nessun caso una situazione semplice.
Gen. Landi l’articolo del periodico americano da cui abbiamo tratto la notizia riporta che Polonia, Bulgaria e Slovacchia stanno acquisendo nuovi velivoli da combattimento
È vero. Le proposte industriali sono sul tavolo da tempo e le scelte sono già state completate. Purtroppo per noi europei i sostituti non saranno l’europeo EF2000, oppure il francese Rafale tanto meno lo svedese Gripen.
Sono pronti F-16 Block 70 per Bulgaria e Slovacchia, mentre la Polonia sta immettendo in servizio l’F-35 Joint Strike Fighter, tutti della Lockheed Martin, Usa. Il concetto di Difesa Comune Europea è ancora tutto da costruire.
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