Lo scandalo dieselgate può portare al fallimento di Volkswagen? Ripercorriamo le storie di grandi aziende che hanno mentito al mercato.
Lo scandalo Volkswagen rischia di mettere in seria difficoltà la (ormai ex) più grande casa automobilistica mondiale mettendo a repentaglio le sorti di migliaia di dipendenti ed investitori oltre che l’economia della Germania.
Qui di seguito raccontiamo le storie di società che hanno mentito al mercato attraverso manipolazioni contabili e frodi che hanno distrutto società considerate al vertice delle rispettive economie nazionali e tra i top internazionali.
Enron: da star dell’energia a frode più grande degli USA
Il primo caso che prendiamo come paragone per il caso Volkswagen è quello della Enron ex gigante americano del settore energetico di livello mondiale che fallì dopo che furono scoperti enormi buchi di bilancio causati da artifici contabili ed appoggi politici.
La società durante l’anno 2000 dichiarò 111$ miliardi di ricavi per poi fallire improvvisamente l’anno successivo. Enron fallì principalmente a causa del suo CEO Jeffrey Skilled che venne assunto qualche anno dopo la fondazione della compagnia avvenuta nel 1985. Infatti, il CEO sviluppò uno staff di dirigenti capaci di nascondere miliardi di perdite generate da accordi sbagliati o progetti falliti, attraverso intricate scappatoie contabili.
Inoltre, si scoprì che anche la politica era collusa nello scandalo. Infatti, i dirigenti di Enron riuscivano a nascondere le perdite anche grazie alle agevolazione governative garantite da finanziamenti ai politici per campagne elettorali o donazioni.
Dopo che cominciarono a uscire le prime indiscrezioni sullo scandalo il titolo cominciò una discesa velocissima che portò il prezzo delle azioni dal massimo di 90$ di metà 2000 a 1$ alla fine del Novembre 2001. Questo crollo del prezzo fece scattare una class action da parte degli azionisti per un ammontare di 40$ miliardi.
Lo scandalo causò la disgregazione della Arthur Andersen, considerata una delle big 5 delle società di revisione contabile. Inoltre, il tracollo di Enron generò una turbolenza nell’economia americana, la quale tuttavia riuscì a limitare i danni.
Circa 20.000 impiegati si ritrovarono senza lavoro e senza pensione poichè la maggior parte dei loro risparmi erano investiti in azioni Enron.
Le pene per i dirigenti e le persone coinvolte nello scandalo furono durissime oscillando dai 18 mesi ai 24 anni di reclusione.
Lo scandalo Enron fu il più grande scandalo per attività fraudolente del management negli USA.
La parabola discendente del colosso WorldCom
Sempre rimanendo in territorio americano, un altro grande scandalo fu quello della WorldCom che attualmente è una costola della nota compagnia Verizon.
Il fallimento di WorldCom fu considerato all’epoca il più grande scandalo contabile d’America e causò il fallimento della compagnia.
La compagnia conobbe una forte crescita nei primi anni 2000 guidata dal CEO Bernard Ebbers per poi fallire nel 2002. Dopo l’iniziale fase di declino del prezzo dell’azione con un fallito tentativo di buyback, la società fu scoperta a truccare i bilanci per ridare sprint al titolo.
Infatti, Ebbers e il top management usavano trucchi contabili per coprire le spese. Nel particolare, le spese relative a costi di linea connessi con le altre compagnie di telecomunicazioni erano state iscritte a bilancio come Capex ossia investiment mentre i ricavi venivano gonfiati con voci di bilancio fittizie.
Il tutto fu scoperto da un piccolo gruppo di auditor interni alla società che erano insospettiti da queste manovre contabili e rilevarono una frode contabile di 3,8$ miliardi. Alla fine del 2003 si scoprì che gli asset della società erano stati gonfiati per un valore di 11$ miliardi rendendo questo il fallimento di WorldCom il più grande scandalo contabile negli USA.
Nel Luglio del 2002 WorldCom iniziò la fase di bancarotta del Chapter-11. Nel 2003 la WorldCom pagò 2,25$ miliardi per la conclusione del procedimento civile.
La caduta dell’astro della finanza italiana Calisto Tanzi: il crack Parmalat
Per tornare nel continente europeo è difficile non poter parlare di uno dei più grandi scandali finanziari italiani: il caso Parmalat.
Parmalat entrò nei mercati finanziari in grande spolvero. La società cominciò ad acquisire divisioni all’estero nell’emisfero Ovest. Tuttavia nel 2001 molte di queste acquisizioni si rivelarono perdenti e la società cominciò a finanziarsi tramite l’uso di derivati per coprire le perdite subite.
Infatti, nel 2003 Il CFO Fausto Tonna annunciò l’emissione di un bond da 300€ milioni sorprendendo sia il mercato che il CEO Calisto Tanzi che rimpiazzò Tonna con Alberto Ferraris.
Ferraris fu sorpreso nel vedere che non poteva avere accesso ad alcuni libri contabili che erano tenuti dal direttore contabile Luciano Del Soldato. Dopo numerose richieste con conseguenti dinieghi per l’acquisizione della visione di questi libri, Ferrari cominciò a insospettirsi sul reale indebitamento dell’azienda.
Dopo che il piano da 300€ milioni di finanziamento fallì, il prezzo del titolo Parmalat cominciò una rovinosa discesa in seguito al susseguirsi di notizie concernenti strane transazioni tra la società e il mutual fund con base alle Cayman Epicurum. Sulla scia di queste notizie Del Soldato prese il posto del dimissionario Ferraris, per poi dimettersi un mese dopo per impossibilità di reperire il cash dal fondo Epicurum.
A quel punto anche il CEO Tanzi rassegnò le dimissioni e la società fu presa in mano da Enrico Bondi nominato amministratore per aiutare la società. Poco dopo, il Governo Berlusconi aprì un indagine sull’azienda dopo che la Bank of America, banca della Bonlat, società sussidiaria di Parmalat nelle Cayman, aveva rilevato che i quasi 4€ miliardi di Euro nel conto Parmalat erano frutto di una contraffazione bancaria.
In seguito a questa notizia, la Parmalat entrò in commissariamento e poco tempo dopo Tanzi rivelò che c’era un buco di bilancio da 8€ miliardi. Controlli eseguiti in seguito rivelarono che il debito era di 14,3€ miliardi pari a 8 volte il debito dichiarato.
Il fallimento di Parmalat causò perdite monetarie per centinaia di migliaia di azionisti che non rividero mai più i soldi perduti.
Tanzi fu condannato a 10 anni di reclusione, perdendo gran parte del suo patrimonio.
Questi sono solo alcuni dei crack finanziari della storia che hanno causato perdite per investitori e turbolenze nell’economie dei Paesi e nei mercati finanziari. La storia insegna che chi ha mentito al mercato, agli investitori e ai consumatori ha sempre finito per fallire.
Sarà questo il turno di Volkswagen?
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