Attenzione alle conversazioni tramite WhatsApp, possono essere utilizzate come prove documentali su supporto informatico in caso di controlli dell’Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.
In caso di accertamenti fiscali si possono utilizzare come prova le chat di WhatsApp? Si tratta di un comportamento legale?
Storica sentenza della Corte di Cassazione: i messaggi WhatsApp costituiscono a tutti gli effetti una prova documentale su supporto informatico come previsto dall’articolo 2712 del codice civile. Tale orientamento rende legale anche l’utilizzo di tali prove nel processo tributario, ad esempio al fine di dimostrare l’esistenza di operazioni non dichiarate.
Ecco perché le chat di WhatsApp possono essere utilizzate per dimostrare operazioni non dichiarate o evasione fiscale.
I messaggi WhatsApp costituiscono prova nei processi, ecco quando
WhatsApp è una delle piattaforma di messaggistica istantanea più utilizzate anche a livello commerciale, infatti esistono anche gli account business. Sulle chat passano numerose comunicazioni e sappiamo che in alcuni, limitati, casi possono essere disposte intercettazioni. Ciò che molti trascurano è la possibilità di utilizzare le chat di whatsapp a fini probatori anche laddove non siano state disposte delle intercettazioni.
A disporre la valenza delle chat di whatsapp a fine probatorio all’interno dei processi è la sentenza 1254 del 18 gennaio 2025 della Corte di Cassazione. La stessa stabilisce che i testi fanno prova nel caso in cui non vi sia disconoscimento da parte del soggetto contro cui le prove si utilizzano.
A tal fine diventa importante provare l’autenticità della provenienza da un dispositivo identificabile e la trasmissione e la conservazione non ne abbiano alterato il contenuto.
Il contenuto della chat non deve dare adito a dubbi, vi deve quindi essere integrità dei contenuti.
Nella sentenza la Corte di Cassazione ha ribadito anche un altro importante principio, cioè i messaggi possono essere acquisiti nel processo mediante mera riproduzione fotografica, cioè attraverso gli screenshot. Ad esempio, un soggetto potrebbe avere cancellato la chat proprio per non lasciare prove, ma se la controparte ha salvato la conversazione attraverso gli screen, resta comunque traccia della stessa.
I messaggi WhatsApp nel processo tributario
Sappiamo che all’interno del processo tributario assume un ruolo essenziale proprio la prova documentale che è preminente rispetto alle prove testimoniali che hanno, invece, un uso residuale. In tale contesto si svolgono ispezioni e accessi nei luoghi in cui si svolge l’attività. Pur essendo vero che il telefono è di fatto un bene personale, le app di messaggistica sono sempre più frequentemente utilizzate anche su computer che potrebbero essere oggetto di ispezione e rivelare attraverso le conversazioni l’esistenza di una contabilità parallela.
occorre sottolineare che, sebbene la sentenza della Corte di Cassazione del 2025 sia chiarificatrice, la portata innovativa non è elevata in quanto vi erano dei precedenti.
Già la sentenza 170 del 2023 della Corte Costituzionale ha stabilito che l’acquisizione di messaggi di posta elettronica e WhatsApp dall’apparecchio sequestrato non è qualificabile come intercettazione. Di conseguenza non necessita di apposita autorizzazione.
Tale acquisizione ha ad oggetto flussi di comunicazioni informatiche o telematiche espressamente previsti dall’art. 266 bisp.p., ma la celebre sentenza S.U. 36747/2003 chiarisce che per intercettazione s’intende l’“ apprensione occulta, in tempo reale, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione in corso tra due o più persone da parte di altri soggetti, estranei al colloquio”.
Nell’acquisizione successiva manca tale contemporaneità quindi non si può parlare di intercettazione: l’acquisizione del supporto fisico interessa la memoria di una comunicazione già avvenuta (momento “statico”), non può quindi essere ricondotta a un’intercettazione.
Continuando nell’acquisizione di precedenti, già con sentenza n. 117/2016, la Commissione Tributaria di Trento ha giudicato legittime le acquisizioni documentali ottenute da parte della Guardia di Finanza in sede di verifica tramite accesso al computer del contribuente.
Si ricorda, inoltre, la circolare 1 del 2028 della Guardia di Finanza in cui in modo espresso si sottolinea la possibilità in caso di accessi e ispezioni di verificare anche computer e smartphone nella disponibilità del contribuente.
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