Nel 2025 ci sarà un nuovo taglio dell’Irpef? Tutto dipende dai risultati del concordato preventivo: ma non ci sono buone notizie.
Nel testo della legge di Bilancio 2025 non figura il nuovo taglio dell’Irpef che il governo vorrebbe attuare sull’attuale secondo scaglione di reddito, quello che va da 28.001 a 50.000 euro.
Come spiegato dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, durante la conferenza stampa di presentazione della Manovra, la possibilità che questo nuovo taglio venga finanziato per il 2025 dipende tutta dai risultati del concordato preventivo biennale, sul quale tuttavia le prime indiscrezioni sono tutt’altro che positive.
A oggi sembra che dovremo rinunciare a qualsiasi possibilità che nel 2025 possa esserci un nuovo bonus in busta paga, ma anche sulle pensioni come pure per i redditi da lavoro autonomo, per un valore di massimo 440 euro l’anno che si andrebbe ad aggiungere a quello da 260 euro già introdotto nel 2024 e confermato dall’ultima legge di Bilancio (per la quale siamo ancora in attesa del testo da presentare in Parlamento).
Concordato preventivo verso il fallimento?
I primi dati sul concordato preventivo biennale arriveranno solamente a metà novembre. Solo in quell’occasione quindi il governo, sulla base dei risultati ottenuti, scioglierà le riserve rispetto alla possibilità che le risorse recuperate possano essere utilizzate per un nuovo taglio Irpef in busta paga.
Tuttavia, ci ha pensato Il Sole 24 Ore a dare una prima anticipazione su come sta andando il concordato preventivo biennale - che ricordiamo ha ottenuto il via libera delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato a fine settembre - in queste prime settimane di attività. I risultati di questa indagine però non sorridono al governo: a oggi sembrerebbe che al concordato preventivo, per il quale il termine è fissato al 31 ottobre, abbia aderito solo una piccolissima parte di contribuenti.
Secondo il sondaggio promosso da Il Sole 24 Ore, al quale hanno risposto coloro che operano nell’area Fisco-Lavoro, circa 8 operatori su 10 al momento ritengono che sia troppo limitato il periodo a disposizione del contribuente per scegliere se aderire o meno al concordato preventivo. Ragion per cui molti preferiscono rinunciare a questa opportunità piuttosto che pentirsi in un secondo momento: ecco perché a oggi il tasso di adesione non supera il 10% dei clienti.
E se da una parte le opposizioni già parlano di “flop totale” del concordato, dall’altra il governo preferisce non sbilanciarsi dicendo di voler attendere i dati ufficiali. Una cosa comunque sembra essere certa: allo stato attuale sembra alquanto complicato che il governo possa recuperare dal concordato le risorse necessarie a finanziare un nuovo taglio dell’Irpef.
Addio bonus 440 euro in busta paga?
Ma cos’è questo bonus di cui si parla? Come anticipato seguirebbe a quanto già fatto dal governo Meloni con la legge di Bilancio 2024 con la quale si è passati da quattro a tre aliquote Irpef, accorpando in un unico scaglione i redditi fino a 28.000 euro con un’imposta del 23%.
Questa operazione ha comportato un risparmio annuo fino a un massimo di 260 euro per i redditi compresi tra 15.000 e 50.000 euro (sopra questa soglia gli effetti della minore imposta dovuta sono stati annullati da una riduzione delle detrazioni sul reddito), inizialmente limitato al 2024 ma adesso reso strutturale dall’ultima Manovra.
Nella legge di Bilancio 2025 non ci sarà però un nuovo bonus che nelle intenzioni del governo doveva essere riconosciuto attraverso un ulteriore taglio dell’Irpef, questa volta però sul secondo scaglione, quindi per la parte di reddito compresa tra 28.001 e 50.000 euro.
Oggi l’aliquota prevista per questa fascia è del 35%, l’intenzione sarebbe quella di ridurla al 33%. Ciò significa che per la parte suddetta, quindi fino a un massimo di 22.000 euro, ne risulterebbe un ulteriore risparmio che nella migliore delle ipotesi, ossia al raggiungimento della soglia massima prevista, sarebbe pari a 440 euro annui. E non solo, perché nei programmi di governo c’era anche l’estensione dei suddetti vantaggi fiscali fino a 60.000 euro di reddito (oggi il limite è di 50.000 euro). Tutte misure che tuttavia senza risultati soddisfacenti provenienti dal concordato rischiano di non vedere la luce.
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