Bonus Renzi addio con il nuovo taglio del cuneo fiscale? Per chi guadagna tra 8.500 e 9.000 euro è una possibilità. Il governo valuta una soluzione.
Per il momento è solo una possibilità ma se ne sta parlando sempre con maggiore insistenza: rimettere mano al taglio del cuneo fiscale come rivisto dalla legge di Bilancio 2025 per evitare di sfavorire coloro che si trovano nella fascia di reddito compresa tra 8.500 e 9.000 euro per i quali le nuove regole di calcolo dello stipendio netto in busta paga rischiano di comportare l’addio del cosiddetto bonus Renzi.
Una possibilità emersa dopo che, secondo le stime della Cgil, coloro che hanno una retribuzione lorda tra 8.500 e 9.000 euro rischiano di perdere fino a 1.200 euro l’anno con il passaggio dallo sgravio contributivo come previsto per tutto il 2024 al nuovo meccanismo di taglio del cuneo fiscale che per questi redditi prevede l’introduzione di un nuovo trattamento integrativo. Un meccanismo che come vedremo di seguito può portare alla perdita di quello che già viene riconosciuto dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 3 del 2020, l’ex bonus Renzi appunto.
Una vera e propria beffa, sulla quale tuttavia il governo potrebbe presto intervenire per porre una soluzione, come confermato dal sottosegretario all’Economia Lucia Albano.
Perché le buste paga tra 8.500 e 9.000 euro rischiano di perdere il “bonus Renzi”
Come prima cosa va detto che parlare di bonus Renzi non è propriamente corretto visto che questo strumento è stato più volte oggetto di revisione tanto che l’importo negli anni è passato da 80 a 100 euro al mese. Oggi il limite di reddito entro cui stare per godere del trattamento integrativo è compreso tra 8.174 e 15.000 euro; in tal caso, quindi, spetta un contributo annuo di 1.200 euro, non tassato, che va ad aumentare lo stipendio netto.
Attenzione però a un passaggio cruciale: il limite di reddito considerato per valutare se spetta o meno il trattamento integrativo è quello imponibile ai fini Irpef, al netto quindi dei contributi versati all’Inps.
Questo ha fatto sì che nel 2024 sono stati più lavoratori a essere compresi nella platea dei beneficiari del bonus. Grazie allo sgravio contributivo, che ha ridotto di 7 punti l’aliquota contributiva solitamente prevista entro una fascia di reddito di 25.000 euro, infatti, il lavoratore ha versato meno contributi incrementando così la base imponibile.
Quindi, chi versando l’aliquota piena - che ricordiamo essere pari al 9,19% per i lavoratori dipendenti del settore privato - avrebbe avuto un imponibile lordo inferiore a 8.174 euro, grazie allo sgravio è riuscito invece a rientrare in questa soglia avendo così diritto a 1.200 euro di bonus extra grazie al trattamento integrativo.
Nel 2025, però, lo sgravio viene meno e pertanto ritorna la situazione originaria che pone questi lavoratori al di fuori della soglia minima per godere del trattamento integrativo. A tal proposito, secondo Cgil a pagare sono coloro che guadagnano tra 8.500 e 9.000 euro, per quanto probabilmente il sindacato dimentica che anche la legge di Bilancio 2025, pur fissando la no tax area a 8.500 euro, mantiene il diritto al trattamento integrativo anche a chi si trova nella fascia compresa tra 8.174 e 8.500 euro.
Possiamo quindi dire che a essere penalizzati dal nuovo sgravio - che ricordiamo per coloro che guadagnano tra 8.500 e 15.000 euro prevede l’introduzione di un trattamento integrativo pari al 5,3% dello stipendio percepito - sono coloro che guadagnano tra 8.174 e 9.000 euro, per i quali il taglio del cuneo fiscale 2025 comporta, almeno per adesso, la perdita dei 100 euro netti in busta paga.
Il governo correggerà lo sgravio?
Una situazione questa che non dovrebbe passare inosservata al governo, come appunto rassicurato dalla sottosegretaria all’Economia Lucia Albano che proprio in queste ore ha spiegato che la possibile “estensione del trattamento integrativo ai soggetti con una retribuzione lorda tra 8.500 e 9.000 euro” sarà oggetto di “un’attenta valutazione”.
Parole che tuttavia non lasciano trasparire una certezza. Come aggiunto dalla stessa, infatti, una tale modifica richiede di una profonda analisi dal momento che di una modifica dei requisiti per godere del trattamento integrativo ne godrebbero non solo coloro che rientravano in quella fascia di retribuzione nel 2024, ma anche nei prossimi anni.
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