L’Italia è ufficialmente uscita dalla “Nuova Via della Seta”, ma quali saranno le conseguenze per il rapporto tra Italia e Cina?
L’Italia dice definitivamente addio alla Belt and Road Initiative, nota anche come “Nuova Via della Seta”.
L’Italia, quindi, è diventata il primo paese del mondo a uscire dal progetto, dopo essere stato il primo e unico paese del G7 a esservi entrato nel 2019. Il governo, infatti, avrebbe consegnato il 3 dicembre ai rappresentanti diplomatici cinesi una “nota verbale”, come scrive il Corriere della Sera, quindi una comunicazione ufficiale che disdice formalmente l’accordo.
Eppure, nessuno dei due governi, italiano o cinese, ha emesso comunicati ufficiali o parlato pubblicamente della questione. Il Governo Meloni aveva sperato di non dover disdire esplicitamente l’adesione alla Via della Seta, pensando sarebbe stato sufficiente non rinnovare l’accordo, che deve essere riconfermato ogni quattro anni.
Sarebbe stato il governo cinese, sempre stando al Corriere della Sera, a insistere per una disdetta formale come previsto dagli accordi. Una disdetta che però è giunta in sordina, senza essere celebrata pubblicamente dal governo come una vittoria.
La Nuova via della Seta è il grande progetto infrastrutturale cinese, annunciato da Xi Jinping nel 2013, che prevede l’investimento di centinaia di miliardi di dollari in vari paesi con l’obiettivo di “rafforzare le infrastrutture commerciali nel mondo”.
Con questo progetto la Cina starebbe estendendo la propria influenza su numerosi paesi tra Africa, Asia ed Europa e per tale ragione i governi occidentali, a partire da quello degli Stati Uniti, hanno osteggiato la sua realizzazione. Ma cosa cambia adesso nei rapporti tra Italia e Cina? Quali saranno le conseguenze? Di seguito ecco quello che potrebbe accadere.
Perché la via della Seta era importante per l’Italia: i rapporti con la Cina
Che l’addio dell’Italia alla Via della Seta sia avvenuto in sordina non deve stupire. Il Governo ha tentato di non attirare l’attenzione su un passo tanto decisivo che non piace a tutti gli esperti. La Cina, infatti, ricopre un ruolo tutt’altro che secondario per l’export del nostro Paese, solo quest’anno sono stati raggiunti i tre miliardi di euro.
Stando a Bloomberg le esportazioni si sarebbero triplicate in poco più di un anno: da febbraio 2023, le esportazioni dall’Italia alla Cina hanno raggiunto il record di 3,3 miliardi di dollari con un aumento del +131% rispetto all’anno precedente, grazie non solo al settore del lusso ma anche a quello farmaceutico.
Sono dati questi che non si possono ignorare. L’Italia non può rinunciare ai suoi rapporti con la seconda - se non prima - potenza economica mondiale. La Cina da sola rappresenta oltre il 20% dell’economia mondiale, con la sua influenza crescente non solo in Oriente ma anche in Africa e nei Balcani.
Proprio per il ruolo che la Cina ha saputo ritagliarsi in questi anni, gli Stati Uniti da tempo premono per un progressivo “decoupling” strategico, con un progressivo sganciamento delle economie occidentali dalla Cina - processo a cui l’Europa si oppone. E se la Belt and Road Initiative nasce come faccenda asiatica con un solo corridoio via terra su cinque destinato all’Europa, l’Italia poteva ritagliarsi un ruolo non secondario.
Oltre l’80% di tutto il traffico tra Europa e Cina avviene, infatti, per via marittima, e l’Italia, con la propria posizione strategica al centro del Mediterraneo e a metà tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Est, avrebbe potuto giocare un ruolo da attore principale.
Addio alla Via della Seta: cosa succede adesso?
Quando a settembre la premier Meloni, durante l’incontro bilaterale al G20 a New Delhi con il primo ministro cinese Li Qiang, aveva annunciato la fuoriuscita dell’Italia dalla Via della Seta, aveva negato più volte ingerenze e pressioni da parte degli Stati Uniti.
Eppure, sembra al quanto difficile crederlo, considerando che il giorno in cui la premier annunciava l’addio definitivo alla Belt and road firmava nel summit di Delhi l’intesa sul Pgii, il grande corridoio economico e ferroviario fra India ed Europa che passa dal Golfo: un progetto che sta a cuore agli Stati Uniti e che riesce a scavalcare il ruolo centrale del dragone nel cuore dell’Asia.
I timori iniziali dietro alla fuoriuscita dalla Via della Seta vedevano la Cina agire una sorta di “rappresaglia economica”. Ma già a settembre la premier aveva rilanciato una collaborazione a 360 gradi, rifacendosi all’accordo di cooperazione strategica siglato nel 2004 dall’allora governo Berlusconi. In questo modo gli scambi con la Cina potrebbero proseguire senza subire danni.
Intanto stando alle premesse non sembra che l’Italia dovrà ricorrere ai ripari, in quanto è negli interessi di entrambi i paesi preservare gli scambi commerciali, mantenendo una relazione stabile fra Italia e Cina.
L’Italia ha tutto l’interesse a mantenere il rapporto economico con la Cina, facendo però una precisa scelta geopolitica filoatlantica, in coerenza con la politica del governo Meloni.
Intanto mentre gli esperti già rimpiangono l’occasione perduta con la Nuova Via della Seta, sembrerebbe che il Governo continui a lavorare al corridoio con l’India. Un corridoio che sarebbe più vantaggioso per l’Italia, come la Meloni ha spiegato a Li Qiang a settembre. Ma solo il tempo potrà darle ragione o, come temono alcuni studiosi, torto.
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