La guerra tra Teheran e Gerusalemme si combatte da tempo con mosse e attacchi più o meno segreti.
L’attacco con i droni nell’impianto di Isfahan, in Iran, è ancora avvolto nel mistero. Dalla Repubblica islamica e su diversi media israeliani, arabi e americani l’ipotesi più accreditata è che dietro vi sia Israele, da tempo coinvolto in una “guerra ombra” con l’Iran per evitare che quest’ultimo ampli la sua sfera di influenza e realizzi il proprio programma nucleare. Dallo Stato ebraico non sono giunte conferme né smentite: atteggiamento tipico dei governi israeliani, i quali preferiscono evitare di ammettere la propria regia anche solo per lasciare un alone di mistero sui suoi avversari.
Quello che è certo, in ogni caso, è che da diversi anni Teheran e Gerusalemme si combattono con mosse più o meno segrete e attraverso colpi spesso chirurgici, altamente tecnologici e letali, con un misto di cyberattacchi, omicidi mirati, sabotaggi e mosse militari. In tutto questo conflitto, Israele può usufruire di un alleato particolarmente importante, gli Stati Uniti, che più di altre volte in questo caso avrebbe avuto interesse a colpire il territorio iraniano per assestare un duro colpo all’infrastruttura che sostiene la Russia nella guerra in Ucraina.
Da tempo Washington ha accusato Teheran di rifornire Mosca dei droni con cui bombarda il Paese invaso. E in questi giorni, il capo della Cia era volato in Israele per incontrare il vertice del Mossad e le autorità politiche. Del resto non è un mistero che la partnership tra le due agenzie di intelligence abbia spesso portato a frutti utili a entrambi i Paesi. E questo lo si è visto specialmente in Medio Oriente, dove più volte i servizi israeliani e statunitensi hanno condiviso informazioni e si sono aiutati a vicenda nella sfida all’Iran: dal virus Stuxnet all’omicidio di Soleimani e di altre figure di spicco nella loro lista dei nemici.
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