Eni continua a scendere insieme al prezzo del petrolio ma per gli analisti le prospettive sono positive. Ecco una strategia con i Turbo Certificates di BNP Paribas.
Le azioni Eni stanno vivendo un periodo di calo insieme al prezzo del petrolio. Ma quali sono le ragioni di questa situazione? Diversi fattori si combinano per spiegare questa tendenza al ribasso.
Il calo di Eni e del prezzo del petrolio può essere attribuito a una combinazione di fattori, tra cui la deludente domanda globale, l’aumento della produzione al di fuori dell’OPEC, il mancato rispetto dei tagli alla produzione da parte di alcuni membri dell’OPEC e l’aumento delle esportazioni da parte dei Paesi soggetti a sanzioni. Queste dinamiche creano un ambiente di mercato sfidante per Eni e altre compagnie petrolifere, che devono affrontare queste complessità per mitigare l’impatto sulle loro attività.
In primis, la domanda globale di petrolio è stata rivista al ribasso a causa delle preoccupazioni legate alla crescita economica mondiale. L’eventualità di una recessione negli Stati Uniti, evidenziata dai fallimenti bancari della scorsa primavera, e l’inflazione in Europa, che riduce il potere d’acquisto dei consumatori, hanno contribuito a tale tendenza. Inoltre, la ripresa post-Covid in Cina si sta rivelando più debole del previsto, influenzando la domanda di carburante a causa della crescita economica lenta.
Tuttavia, sebbene la domanda sia un fattore significativo, non spiega completamente la situazione attuale. La Cina ha registrato un consumo record di 16 milioni di barili al giorno di petrolio grezzo in aprile, nonostante una ripresa deludente. La ripresa dei trasporti su strada, del turismo e dei viaggi dopo le restrizioni Covid-19 ha aumentato l’uso di diesel, benzina e carburante per aeromobili. Negli Stati Uniti, la diminuzione del 30% del prezzo della benzina rispetto all’anno precedente offre prospettive positive per la stagione estiva, mentre in Asia ed Europa, le previsioni di temperature elevate creano una maggiore richiesta di energia elettrica generata a gas per il raffreddamento.
Un fattore più convincente che spiega il ribasso dei prezzi del petrolio si trova nell’offerta. Gli alti prezzi degli ultimi due anni hanno stimolato la produzione al di fuori dell’OPEC, con petrolio proveniente da pozzi convenzionali in Brasile e Guyana, nonché da scisti bituminosi e sabbie bituminose in America, Argentina e Canada. Anche la Norvegia ha aumentato la propria produzione. Secondo stime della banca JPMorgan Chase, la produzione non-OPEC aumenterà di 2,2 milioni di barili al giorno nel 2023.
Nonostante i tagli annunciati da OPEC e Russia alla produzione (rispettivamente 1,2 milioni di b/g e 500.000 b/g ad aprile, a cui si è aggiunto un milione di b/g dall’Arabia Saudita a giugno), la produzione di questi Paesi non si è ridotta come previsto e altri membri dell’OPEC stanno incrementando le esportazioni. Le esportazioni del Venezuela sono in aumento grazie agli investimenti di Chevron, mentre quelle dell’Iran sono ai massimi dal 2018, quando gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni. Inoltre, circa un quinto del petrolio mondiale proviene da Paesi soggetti a embarghi occidentali, che vendono a prezzi scontati, contribuendo ulteriormente al ribasso dei prezzi.
Per quanto riguarda Eni, che sotto la guida del CEO Claudio Descalzi punta a rafforzare la sua posizione strategica nel settore petrolifero e del gas nel mercato europeo, una delle recenti mosse è stata l’approvazione dell’operazione Neptune Energy. Eni, insieme alla sua sussidiaria nordeuropea Var Energi, ha acquisito Neptune Energy per un valore complessivo di 4,9 miliardi di dollari. Neptune Energy è una società attiva nel settore del petrolio e del gas, operante in Europa occidentale, Nord Africa, Indonesia e Australia. Questa operazione rappresenta la più grande acquisizione mai effettuata dal gruppo e giunge in un momento in cui l’offerta di gas è limitata a causa dei tagli imposti dalla Russia a seguito dell’invasione in Ucraina e delle riserve sempre più esigue a causa della mancanza di investimenti che affligge da tempo il settore.
Prima di vedere una strategia con un Turbo Unlimited Certificates di BNP Paribas, analizziamo i livelli di supporto e resistenza secondo l’analisi tecnica.
Analisi tecnica di Eni: strategie operative
Le azioni Eni continuano a muoversi all’interno del canale correttivo che scendo dai massimi di aprile, i cui riferimenti si posizionano a 12,10 e 13,10 euro circa. Ma i prezzi sono ormai prossimi al nuovo test di un supporto orizzontale di rilievo a 12,50-12,60 euro, che potrebbe offrire la sponda per una reazione. Per intravedere segnali convincenti di ripresa, il titolo dovrà salire al di sopra di area 13,20 e tentare un nuovo confronto con un’altra resistenza strategica a 13,50. Al contrario, sotto 12,50 euro e alla violazione di 12,10 euro, lo scenario potrebbe deteriorarsi anticipando cali verso 11,70 almeno.
Eni, grafico giornaliero. Fonte: TeleTrader
Sintetizziamo di seguito i livelli da monitorare per la nostra strategia:
Trigger: sopra 13,00 euro
Primo target: 13,20
Secondo target: 13,50
Stop loss: 12,80
Eni: strategia long con i Turbo Unlimited Long Certificate di Bnp Paribas
Nell’ipotesi di una strategia «long» su Eni interveniamo oltre 13,00 euro con stop loss localizzato a 12,80 e obiettivi a 13,20 e 13,50 euro.
Per questa strategia, si adatta il certificato Turbo Long di Bnp Paribas con ISIN NLBNPIT14WB6 e leva 4,28.
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