Una Bce per donatori e riceventi, col Bund a parametro e condizionalità. Cioé, il MES

Mauro Bottarelli

30 Giugno 2022 - 18:04

Scudo anti-spread, parte terza: eurozona divisa in tre gruppi di Paesi e decisioni di acquisto in base al benchmark tedesco, Ma il vero, nuovo strumento vedrà la Commissione vincolante per l’accesso

Una Bce per donatori e riceventi, col Bund a parametro e condizionalità. Cioé, il MES

Altro giro, altra versione. Lo scudo anti-spread della Bce appare sempre più la tela di Penelope. Ma ora il tempo sta finendo, esattamente come la possibilità di intervento del programma-ombrello APP sul mercato secondario: da domani, 1 luglio, tutto il sostegno che la Bce potrà offrire ai Paesi maggiormente indebitati sarà legato al reinvestimento titoli del Pepp e all’ennesimo ricorso alla flessibilità. Poco, troppo poco in caso di peggioramento delle condizioni macro o di tenuta politica. E fra l’inflazione in doppia cifra spagnola e gli scossoni nel governo italiano, il materiale esplosivo non manca.

Sempre Reuters ha reso nota l’ultima versione di linea Maginot contro la frammentazione dei rendimenti cui si starebbe lavorando a Francoforte. E qui la questione si fa interessante. A livello sistemico e di medio-lungo periodo. Se resta infatti il principio base di acquistare bond periferici in sofferenza con quanto incamerato dalla maturazioni delle obbligazioni dell’Europa core, versione primigenia che era stata smentita e sostituita dal ritorno delle aste di sterilizzazione, ora l’Eurotower sembra voler mettere ordine nel caos. Dividendo i Paesi membri in tre gruppi - donatori, percettori e neutrali -, il ui status verrà revisionato mensilmente. Nemmeno a dirlo, del primo gruppo faranno parte Germania, Olanda e Francia, mentre nel secondo compaiono i vecchi Pigs, ovvero Italia, Spagna, Grecia e Portogallo. Quasi certamente, capofila dei neutrali sarà il Belgio, non fosse altro per la strategica presenza di Euroclear a Bruxelles e le dinamica di debito vagamente ballerine, accompagnato dall’Austria e dal suo 85% di debito/Pil.

Di più, il Bund diviene benchmark de facto dell’intera eurozona, poiché tutti i rendimenti saranno parametrati a quello tedesco nella tracciatura che servirà come indicatore ufficiale della necessità o meno di intervento della Banca centrale. Ma ecco che Reuters nella sua ricostruzione, cui la Bce ha opposto il solito no comment, ammette candidamente come il problema sia stringente e attuale, già da domani. Il semplice reinvestimento titoli del Pepp non sarà infatti sufficiente a schermare scossoni estivi sugli spread in luglio e agosto, mesi perfetti per le incursioni speculative, dati a bassi volumi di trading e la guerra abbassata dei governi causa ferie. Quindi, resta in piedi il nodo del vero scudo anti-spread. Il quale, di fatto, ad oggi non esiste. E dovrà essere creato ex novo, da qui alla riunione spartiacque del board Bce di settembre, quando sul tavolo ci sarà il secondo aumento dei tassi, probabilmente addirittura di mezzo punto.

Ecco quindi che Reuters parla apertamente di condizionalità necessarie per l’accesso al nuovo strumento difensivo da parte dei Paesi che ne facciano richiesta o ne abbiamo emergenziale necessità. E si va oltre, poiché nella ricostruzione si coinvolge direttamente la Commissione Ue e la sua opera di sovrintendenza fiscale nella determinazione delle suddette regole e condizioni. Insomma, c’è uno strano odore di MES. Perché se il tempo stringe, la cassetta degli attrezzi è quasi vuota e la possibilità di evitare l’ufficializzazioni di piramidi che somigliano sempre più a un euro a due velocità ormai pari a zero.

Detto fatto, proprio il MES appare l’unica soluzione. Non solo a livello pratico ma anche politico, intesa come conditio sine qua non che i paesi donatori impongano per accettare quel ruolo in questa ennesima transizione di crisi. Insomma, prepariamoci a una sorpresa al ritorno dal mare. O, se qualcuno decidesse di drammatizzare la situazione per evitare contrapposizioni politiche autunnali in seno ai Parlamenti, nel pieno di un agosto che si preannuncia rovente. Poi dicono che non siamo in un nuovo 2011. In effetti, però, hanno ragione. Rischia di essere molto peggio.

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