Il Bitcoin può essere una buona protezione contro l’inflazione?

Roberto Donzelli

02/07/2022

La principale criptovaluta può essere una buona protezione contro l’inflazione? Vediamo se può essere adatto nelle fasi inflattive.

Il Bitcoin può essere una buona protezione contro l’inflazione?

Con l’inflazione in crescita e ormai a livelli molto elevati, non c’è dubbio che attualmente uno dei principali obiettivi delle scelte d’investimento è proprio quello di trovare adeguata protezione contro la crescita dei prezzi.

Tradizionalmente ci sono investimenti che, in periodi inflattivi, tendono a fare meglio degli altri. Oro, materie prime, asset reali in genere, azioni con alta capacità di trasferire ai clienti gli aumenti dei prezzi (pricing power).

Oggi c’è anche il Bitcoin e le cripto, che secondo alcuni analisti rimangono un buon investimento anti-inflazione. Ma è veramente così?

Bitcoin, perché potrebbe funzionare come investimento anti-inflazione?

Il ragionamento è abbastanza semplice. I Bitcoin che possono essere emessi sono fissi. Non si potrà andare oltre il numero definito e, inoltre, «minare» nuovi Bitcoin è sempre più costoso.

Questo aspetto è alla base della caratteristica anti-inflazione degli asset reali. Oro, argento e risorse naturali sono considerati delle buone protezioni perché, quando il volume di moneta cresce notevolmente, questi beni reali non possono crescere allo stesso ritmo per ovvi limiti fisici. Quindi, più unità monetarie per ogni singolo bene reale equivale a un aumento del prezzo.

Il Bitcoin, avendo la stessa caratteristica, potrebbe funzionare allo stesso modo. Eppure, le cose non stanno andando così.

Il Bitcoin non sta funzionando come strumento contro l’inflazione

In Usa l’inflazione ha iniziato a rialzare seriamente la testa a giugno 2021, con una registrazione per la prima volta dopo decenni di un tasso sopra il 5%. Il Bitcoin all’inizio ha reagito bene, riuscendo a salire e a dare, quindi, una protezione effettiva. Dal massimo di novembre 2021 a oggi, però, la perdita è stata del 70%. Non solo una perdita «notevole» in genere, bensì una perdita molto più alta persino del mercato azionario.

In realtà, il Bitcoin sembra legato maggiormente ad altri elementi piuttosto che all’andamento dell’inflazione.

In primo luogo al comparto tecnologico Usa. Guardando i grafici del Bitcoin e confrontandoli con quelli di Apple, Alphabet o altre società tech del Nasdaq vediamo una correlazione notevole. Con l’aggravante che il Bitcoin tende ad amplificare i movimenti di questi titoli. Nel bene, certo, ma anche nel male. E nei periodi negativi amplificare i movimenti di titoli già di per sé piuttosto volatili può essere molto rischioso.

In secondo luogo, il Bitcoin tende ad aver bisogno di flussi di capitale in entrata per sostenere le quotazioni. Quando i flussi scendono (o diventano negativi), il Bitcoin soffre.

Certo, questo vale per quasi tutti gli investimenti. Quando ci sono deflussi dall’azionario o dall’obbligazionario anche questi asset ne risentono. Tuttavia, in questi casi la base «core» sembra più solida. C’è effettivamente chi detiene azioni e bond per il lungo termine e questi soggetti rappresentano un elemento stabilizzatore per le quotazioni.

Nel caso del Bitcoin questa «base» ancora non c’è e, quindi, le quotazioni dipendono fortemente dai flussi in entrata e in uscita.

Il Bitcoin non è ancora adatto come protezione dall’inflazione

Mettendo tutto insieme, il Bitcoin presenta molte più caratteristiche di un asset speculativo piuttosto che di protezione. Certo, anche oro o argento a volte hanno movimenti violenti, ma non di queste proporzioni e c’è comunque uno storico a cui attingere che offre maggiore sicurezza.

Il Bitcoin al momento è preferibile da tenere nelle fasi positive di mercato piuttosto che in quelle negative. Poiché i periodi inflattivi generalmente non sono periodi di grande ottimismo e fiducia, la conclusione vien da sé.

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