Il mercato valutario è palesemente sotto la pressione del dollaro e aumenta la volatilità su alcune valute come sterlina.
Il mercato valutario è sotto pressione a causa dello strapotere esercitato dal dollaro americano su tutte le altre valute, euro e sterlina in primis. A livello tecnico la situazione non sembra cambiare molto, soprattutto osservando i grafici di lungo periodo del Dollar Index, un indice sintetico che mette insieme le quotazioni del dollaro contro tutte le altre valute.
In pratica vediamo però uno stop di questo movimento, un rallentamento dovuto principalmente ad alcuni interventi mirati da parte delle banche centrali, che ormai non riescono più a sopportare un deprezzamento anomalo delle proprie valute nei confronti del dollaro americano.
Nel frattempo, la situazione sui mercati azionari sembra iniziare a cambiare anche se, come vedremo nell’articolo, questo cambiamento potrebbe richiedere tempo per essere confermato sia nel breve che nel lungo periodo.
Le Banche Centrali hanno paura, tranne la Bce
In questo contesto tecnicamente controverso, dove si può tranquillamente ipotizzare a livello macroeconomico un deprezzamento a breve del dollaro, a livello tecnico vediamo ancora un dollaro forte, almeno fino a prova contraria.
Già la Bank of Japan e la Bank of England sono intervenute sul mercato con azioni volte a fermare il deprezzamento delle loro valute domestiche. La BoJ comprando direttamente Yen sul mercato senza specificare i dettagli, la Bank of England comprando i Gilts (titoli di Stato decennali), ottimizzando la limitazione dei danni su due mercati, quello valutario e quello obbligazionario.
L’unica banca centrale legata alle majors del Forex che non è intervenuta, ma soprattutto che non sembra minimamente preoccupata di questa situazione è proprio la Bce, che risulta essere in un certo senso passiva nei confronti di questo deprezzamento importante della valuta unica. La Bce, anche nelle precedenti conferenze stampa sule mosse di politica monetaria, risulta essere preoccupata solo dal lato inflazione esogena, dovuta all’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche e una conseguente discesa dei livelli di Pil a livello europeo, senza menzionare mai il deprezzamento dell’euro contro il dollaro.
Questo è effettivamente preoccupante in quanto il deprezzamento della valuta unica, oltre a non essere di fatto conveniente sul lato export (non ci sono miglioramenti sull’esportazioni in Europa), è grave su quello import. Inoltre un basso costo dell’euro potrebbe portare a un possibile aumento dell’inflazione.
leggi anche
Forex, relazione tra tassi di interesse e valute
In sostanza l’euro si trova in una situazione molto difficile a livello macroeconomico e un intervento da parte della Bce, che sia esso diretto o indiretto sul mercato valutario, dovrebbe preoccupare non poco gli Stati e l’economia europea in generale. Questo immobilismo da parte della Bce ci dovrebbe far riflettere su quanto, in Europa, la governance politica e finanziaria sia completamente passiva a quanto succede all’esterno, ossia le conseguenze della guerra in Ucraina e lo strapotere del dollaro.
Quest’ultimo aspetto non è da sottovalutare, perché un deprezzamento della nostra valuta corrisponde a un deprezzamento reale della nostra ricchezza a livello globale e del nostro conseguente potere d’acquisito. Inoltre, non sta giovando neanche ai livelli di debito: il mercato stenta a comprare debito europeo vista la stretta monetaria internazionale che sta diminuendo la liquidità in circolo, altro fattore che dovrebbe far apprezzare le valute di aree economiche importanti per una questione di “flight to quality”, ossia liquidità come unico mezzo di salvezza rispetto a tutti i comparti di rischio.
Inversione del dollaro? Serve tempo
C’è ben poco da dire dopo quello che stiamo vedendo sul mercato: BoE e BoJ palesemente preoccupate di questa situazione e una Bce che ignora completamente il problema. Sia ben chiaro che la Bce ha anche ignorato l’inflazione, presente già da prima della pandemia con la forte accelerazione dell’inflazione che si è portata dallo 0% a oltre l’1% in pochissimi mesi.
Il dollaro a livello tecnico è ancora improntato al rialzo e nel corso delle ultime settimane di negoziazione abbiamo visto un rallentamento che ha portato il DXY (Dollar Index) da area 114,70 a 110, quest’ultimo visto come livello di rimbalzo di breve.
In questo momento quindi il trend rimane rialzista e, come è possibile vedere dai movimenti di inversione precedenti, possiamo dire con tranquillità che, dai grafici, servono almeno 4 mesi prima di vedere un’inversione di tendenza nel lungo periodo. Al momento ancora non abbiamo neanche una candela che ci faccia sospettare un’inversione di tendenza.
L’analisi del DXY
Come detto prima, servono mesi. Per il momento abbiamo visto dei massimi in area 114,70 con un ritracciamento in area 110. La candela del mese di ottobre è ancora in formazione, pertanto è ancora presto per parlare di inversione, ma allo stesso tempo abbiamo degli elementi a nostro favore per pensare che ne stia iniziando una di lungo periodo, forti degli interventi delle banche centrali.
L’unica arma a nostra disposizione per ipotizzare un’inversione nei prossimi 3 mesi è quella della pazienza. Nel grafico mensile in allegato, possiamo vedere come prima di un’inversione passa molto tempo, tempo che in questo caso deve ancora passare. L’unica area tecnica da osservare per ipotizzare uno stop di questo trend rialzista è l’area dei massimi tra 113 e 116, quest’ultimo livello ancora non toccato dal dollaro. L’unica cosa da fare in questo momento è aspettare e prepararci, qualora ci fossero le condizioni di accumulo sui massimi, a vedere un’inversione di tendenza che per il momento è valida solo a livello macroeconomico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti