Caos OPEC+, prezzo petrolio in volata: cosa sta succedendo?

Violetta Silvestri

06/07/2021

L’impennata del petrolio continua, mentre la riunione dell’OPEC+ è stata cancellata a causa di un mancato accordo nelle trattative preliminari.

Caos OPEC+, prezzo petrolio in volata: cosa sta succedendo?

L’OPEC+ non ha l’accordo e il vertice è fallito, spingendo il prezzo del petrolio verso nuovi massimi.

Il conflitto tra l’Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ha bloccato un aumento dell’offerta di greggio.

Cosa accadrà adesso? L’interruzione dei negoziati – che ha fatto salire la quotazione Brent a $ 80 al barile – potrebbe degenerare in un conflitto aspro e distruttivo come la guerra dei prezzi dello scorso anno.

La posta in gioco è alta: la stabilità della ripresa economica globale nel pieno di crescenti pressioni inflazionistiche e la capacità dell’alleanza dei produttori di mantenere il controllo faticosamente conquistato sul mercato petrolifero.

Il prezzo del petrolio, quindi, è tornato in primo piano. Cosa sta succedendo all’interno dell’OPEC+ e cosa aspettarsi?

OPEC+ in forte tensione: che succede?

Si aggiornerà ancora, a data da definirsi, la riunione OPEC+ che giovedì scorso avrebbe già dovuto trovare un accordo sulla produzione di greggio dei prossimi mesi.

Il clima, però, si è fatto incandescente e rischia di far deragliare i prezzi del petrolio, portandoli a livelli allarmanti per la già vivace inflazione.

Cosa sta succedendo tra i principali produttori di greggio?

Gli Emirati Arabi Uniti si sono opposti all’accordo proposto e guidato dal Paese leader Arabia Saudita, con l’appoggio della Russia.

L’intesa intende aumentare gradualmente la produzione di petrolio, estendendo allo stesso tempo la durata dei tagli massicci all’offerta che il gruppo ha concordato nel 2021.

L’anno scorso, per far fronte alla diminuzione della domanda dovuta alla crisi del Covid e alla domanda ferma per motivi di viaggi e spostamenti, l’OPEC+ ha accettato di ridurre la produzione di quasi 10 milioni di barili al giorno da maggio 2020 a fine aprile 2022.

I principali produttori Arabia Saudita e Russia avevano raggiunto un accordo preliminare, che in linea di principio mirava a un’offerta di 400.000 barili al giorno da agosto a dicembre 2021 per soddisfare la crescente domanda, secondo fonti Reuters.

Gli Emirati Arabi Uniti sostengono “incondizionatamente” un aumento della produzione. Questo significa che la decisione di estendere l’accordo dei tagli fino alla fine del 2022 è considerata inaccettabile e inutile.

Inoltre, al centro della nuova guerra del petrolio in seno all’OPEC+ c’è la questione della linea base, ovvero la quantità di petrolio che ogni Paese può pompare.

I tagli o gli aumenti della produzione sono misurati rispetto a questa soglia: più è alta, più petrolio è autorizzato a produrre un Paese.

Gli Emirati Arabi Uniti vogliono che la sua linea di base venga rivista prima di estendere tali tagli fino alla fine del 2022, perché pretendono di produrre più di quanto ora è consentito.

L’attuale base di riferimento per gli Emirati Arabi Uniti è stata presa da ottobre 2018, quando producevano circa 3,2 milioni di barili al giorno. L’anno scorso, il numero è balzato a 3,8 milioni di barili al giorno.

Tuttavia, sui punti richiesti dagli Emirati, l’Arabia Saudita non sembra cedere. Abu Dhabi sta costringendo i suoi alleati in una posizione difficile: accettare le sue richieste o rischiare di disfare l’alleanza OPEC+. Il mancato raggiungimento di un accordo comprimerebbe un mercato già teso, facendo aumentare potenzialmente i prezzi del greggio.

Intanto, martedì 6 luglio la quotazione WTI avanza del 2,26& a 76,86 dollari al barile alle ore 9.29 e i future Brent raggiungono 77,70 dollari al barile con un +0,73%.

Cosa aspettarsi per il greggio?

Lo stallo sarà superato o il conflitto in seno all’OPEC+ si trasformerà in guerra dei prezzi del petrolio?

Questo è l’interrogativo che interessa il mercato. Il principe Abdulaziz ha affermato che senza un’estensione dell’accordo, ci sarà un’intesa di ripiego, in base alla quale la produzione di petrolio non aumenta ad agosto e nel resto dell’anno, rischiando potenzialmente un picco inflazionistico del prezzo del petrolio.

Alla domanda se potevano aumentare la produzione senza gli Emirati Arabi Uniti a bordo, il principe Abdulaziz ha detto: «Non possiamo».

Lo scenario è di un’impennata delle quotazioni di greggio e pressioni sull’inflazione. Oltre, alla drastica possibilità di uno sconvolgimento dell’OPEC.

Gli analisti si dividono tra una proiezione a breve termine di un’impennata del greggio anche sui 100 dollari al barile, che sarebbe deleteria per la domanda.

E, nel medio periodo, la possibilità che ogni Paese vada in ordine sparso, pompando greggio a piacimento e causando un eccesso di offerta, con prezzi del petrolio deboli.

Si attendono sviluppi e, soprattutto, un accordo tra i produttori OPEC+.

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