L’arte contemporanea tra provocazioni e speculazioni: dalla «banana» di Cattelan a pezzi storici come il tappeto Polonaise, un mercato dove valore e autenticità si scontrano.
«Se vai a Palermo, non comprare le banane» diceva un formidabile Benigni nel suo Johnny Stecchino.
Ebbene, ha fatto già persino troppo parlare di sé la “banana” di Cattelan, acquistata per 0,30 cent e rivenduta per 6,2 milioni di dollari. Con enorme stupore (oltre che una punta di sdegno e rammarico) del fruttivendolo, offeso nelle proprie umili ore al freddo per cercare di portare a casa il pane, e di un mercato drogato da discutibili miliardari che, troppo spesso, cercano una copertura artistica per nascondere i propri affari illeciti. E che poi, dopo aver mangiato la banana, come in questo caso, offrono offensive “ricompense” (il tizio in questione avrebbe offerto di comprare l’equivalente di 25mila dollari in banane dallo stesso venditore per poi distribuirle ai poveri, con evidente ignoranza dell’impossibilità per il mercante di fare questo acquisto a fronte di un ritorno economico che, nelle sue tasche, non arriverebbe nemmeno a 6mila dollari. L’ignoranza e l’arroganza di chi i soldi non li suda, e ci può giocare a sfregio).
A farne le spese, come al solito, non sono solo il mercato economico o la società che viene spaccata da queste enormi disuguaglianze, ma anche l’Arte. [...]
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