Certificato di malattia retroattivo, come funziona e limiti

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4 Ottobre 2024 - 15:01

Quanti giorni può essere retrodatato un certificato medico telematico per il lavoro? Ecco tempistiche e regole da rispettare per lavoratore e datore di lavoro.

Certificato di malattia retroattivo, come funziona e limiti

Quando ci si assenta dal lavoro per malattia, c’è sempre il rischio di incomprensioni e di autentiche «corse contro il tempo» per certificati vari. C’è bisogno di flessibilità, dato che il primo pensiero del lavoratore deve essere proprio quello di rimettersi in sesto. Tra le varie situazione impreviste che possono capitare in questi casi, c’è la necessità di ottenere un certificato di malattia retroattivo, soprattutto in determinate casistiche.

Questo documento, che attesta uno stato di malattia in un periodo precedente alla sua emissione, può essere cruciale in circostanze in cui sia necessario giustificare un’assenza precedente. Comprendere come funziona e quali sono i suoi limiti, quindi, è essenziale tanto per i lavoratori e i datori di lavoro.

Cos’è il certificato di malattia retroattivo e differenza con quello standard

Il certificato di malattia retroattivo è un documento medico che attesta uno stato di salute passato del lavoratore. Questo tipo di certificato ha lo scopo di giustificare un’assenza dal lavoro avvenuta in date precedenti alla sua emissione. Si tratta di un documento con valore legale, emesso da un medico, che viene richiesto in situazioni specifiche quando non è stato possibile ottenere un certificato standard al momento dell’insorgenza della malattia.

La particolarità di questo certificato risiede nella sua natura retroattiva, ovvero nella sua capacità di coprire un periodo di tempo antecedente alla visita medica. Tuttavia, è importante sottolineare che non sempre è facile ottenere la prova della malattia se non ci si è recati dal medico di base al momento dell’insorgenza dei sintomi.

Il certificato medico retroattivo si distingue dal certificato standard per diversi aspetti. La principale differenza risiede nella formula utilizzata nel documento. Mentre un certificato standard riporta lo stato di salute rilevato dal medico nel giorno della visita, il certificato retroattivo contiene una dichiarazione del tipo «Il Signor ... dichiara di essere ammalato/a dal ...».

Questa formulazione è cruciale perché non attesta direttamente quanto rilevato dal medico, ma si basa sulla dichiarazione del paziente. Il medico, infatti, può esprimersi sulla sussistenza di un evento morboso che impedisce lo svolgimento della prestazione lavorativa al momento della visita, ma non può certificare con certezza l’inizio di una malattia in una data precedente, a meno che non disponga di dati scientifici che dimostrino l’evoluzione della patologia.

Un’altra differenza significativa riguarda la validità del certificato ai fini dell’indennità di malattia. Mentre per un certificato standard l’INPS riconosce l’indennità a partire dal giorno di rilascio del certificato, per quello retroattivo ci sono limitazioni specifiche che vedremo in seguito.

Certificato medico retroattivo, la normativa di riferimento e limiti da rispettare

La normativa di riferimento per il certificato di malattia retroattivo è piuttosto complessa e ha subito diverse modifiche nel corso del tempo. L’INPS, con la circolare n. 147 del 15 luglio 1996, ha stabilito alcune regole fondamentali riguardanti la retroattività dei certificati medici.

Secondo questa circolare, come regola generale, la malattia parte dal giorno in cui è stata effettuata la visita medica. Tuttavia, esiste un’eccezione importante: nel caso di visita domiciliare, l’INPS riconosce la sussistenza della malattia anche per il giorno immediatamente precedente alla redazione del certificato, purché opportunamente provato dal medico in visita.

Questa eccezione si basa sul fatto che, quando la visita domiciliare è richiesta dopo le ore 10, il medico ha la facoltà di effettuarla il giorno immediatamente successivo. Di conseguenza, il medico può emettere il certificato con decorrenza della malattia anche a partire dal giorno prima, ossia dalla data di chiamata del medico.

È importante sottolineare che questa eccezione vale solo per i giorni feriali e che devono essere indicate le motivazioni per cui il certificato è stato emesso il giorno successivo.

Inoltre, bisogna anche notare che questa eccezione si applica solo se la visita è effettivamente domiciliare. Se il paziente si reca in ambulatorio, anche se il giorno successivo all’insorgenza dei sintomi, non è possibile ottenere un certificato retroattivo. L’INPS precisa che la data del rilascio del certificato non può assumere il significato di «indicazione della data di chiamata del medico».

Tempistiche del certificato medico retroattivo

Le tempistiche per l’emissione di un certificato di malattia retroattivo sono molto limitate. Il certificato può retroagire di un solo giorno dalla data di rilascio. Questo significa che se la visita domiciliare viene effettuata il martedì, il certificato può coprire anche il lunedì, ma non può estendersi a giorni precedenti.

È fondamentale che il lavoratore sia consapevole di queste limitazioni temporali. Se ci si reca dal medico dopo alcuni giorni dall’insorgenza dell’evento morboso, non sarà possibile ottenere un certificato che copra tutti i giorni precedenti. In questi casi, i giorni non coperti dal certificato potrebbero essere considerati come assenza ingiustificata, con potenziali conseguenze sul piano lavorativo e assistenziale.

Un altro aspetto importante da considerare è che questa possibilità di retrodatazione vale solo per i giorni feriali. Nei giorni festivi e prefestivi, è necessario rivolgersi al medico di Continuità assistenziale o al pronto soccorso per il rilascio del certificato di malattia, sia nel caso in cui la malattia sia insorta in questi giorni, sia per giustificare un’eventuale continuazione di un evento certificato fino al venerdì precedente.

Le motivazioni valide

Per ottenere un certificato di malattia retroattivo, non basta semplicemente richiedere una visita domiciliare. Il medico deve indicare espressamente nel certificato le motivazioni per cui il documento è stato emesso il giorno successivo all’inizio della malattia.

Va detto anche che il medico non può certificare con certezza l’inizio di una malattia in una data precedente, a meno che non disponga di dati scientifici che dimostrino l’evoluzione della patologia. Pertanto, la retrodatazione si basa sulla fiducia nella dichiarazione del paziente e sulla valutazione professionale del medico riguardo alla plausibilità di tale dichiarazione.

Le motivazioni valide per l’emissione di un certificato retroattivo possono includere:

  • l’impossibilità del medico di effettuare la visita domiciliare lo stesso giorno della richiesta, a causa di un elevato carico di lavoro o di richieste pervenute dopo un certo orario;
  • la gravità della condizione del paziente che ha impedito di contattare immediatamente il medico;
  • l’insorgenza della malattia in orari in cui non era possibile contattare il medico curante.

Queste motivazioni siano chiaramente indicate nel certificato per giustificare la retrodatazione.

Conseguenze di un uso improprio

L’uso improprio del certificato di malattia retroattivo può avere conseguenze significative sia per il lavoratore che per il datore di lavoro.

Se l’INPS disconosce il diritto del lavoratore alla percezione dell’indennità di malattia per i giorni che considera non coperti da certificazione, la contribuzione che era stata pagata diventa una corrispondente scopertura contributiva. Questo «disconoscimento di compensazione» non è indolore, in quanto, trattandosi di un ammanco contributivo risalente nel tempo, l’istituto si riterrà legittimato ad applicare le sanzioni civili secondo quanto previsto dalla legge 388/2000 con relativi interessi.

Per il datore di lavoro, le conseguenze possono essere altrettanto serie. Se in un anno il datore di lavoro ha pagato, ai suoi dipendenti, giornate di «malattia» del giorno prima della visita ambulatoriale, l’INPS ha motivo di chiedere anche la copertura assicurativa di quelle giornate di assenza che, pur ingiustificata, ha prodotto comunque i suoi effetti contributivi. Questa situazione non darà mai al datore di lavoro la possibilità di riequilibrare le perdite dovute a sanzioni civili ed interessi di legge.

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