Cessione d’azienda affittata: il trattamento fiscale delle plusvalenze

Lucrezia Iuliano

11/05/2020

Cessione d’azienda affittata: focus sul trattamento fiscale delle plusvalenze e sulle regole di tassazione.

Cessione d’azienda affittata: il trattamento fiscale delle plusvalenze

La cessione d’azienda, o di un ramo di essa, è una operazione mediante la quale si attua il trasferimento a titolo oneroso della proprietà di un’azienda, intesa come un complesso di beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.

Ai fini dell’imposizione diretta, la cessione d’azienda può configurare in capo al cedente plusvalenze fiscalmente rilevanti.

Di seguito si approfondiscono gli aspetti fiscali legati all’ipotesi di cessione dell’azienda precedentemente concessa in affitto e in particolare si approfondisce il trattamento delle plusvalenze derivanti dalla cessione in questa fattispecie.

Cessione d’azienda affittata: il trattamento fiscale delle plusvalenze

L’azienda, al termine del contratto d’affitto o in costanza dello stesso, può essere ceduta; in tale ipotesi, sul piano delle imposte dirette, le plusvalenze realizzate concorreranno a formare il reddito complessivo, a seconda del soggetto cedente, come reddito d’impresa o come reddito diverso.

La plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda precedentemente condotta in affitto non va riferita ai singoli beni, ma all’intera azienda e deve essere determinata unitariamente come differenza tra il corrispettivo di cessione e il complesso dei valori fiscali netti dei beni che la costituiscono.

Ai fini fiscali, occorre distinguere le seguenti ipotesi:

1. Cessione dell’azienda affittata nel caso di possesso di una pluralità di aziende

In generale, se il cedente è un soggetto imprenditore, o una società o ente commerciale, in caso di applicazione della tassazione ordinaria, le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo con assoggettamento, ad Irpef o ad Ires.

La plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato.

Si considerano oneri accessori tutti i costi che hanno un legame di causalità con la cessione e che vengono sostenuti in relazione alla cessione stessa (ad esempio imposta di registro, spese notarili, spese di intermediazione, spese professionali per perizie di stima ecc.).

In merito al costo ammortizzato si fa riferimento al costo fiscalmente riconosciuto al netto delle rettifiche di valore e degli ammortamenti.

Per i soggetti IRES, la plusvalenza derivante da cessione d’azienda a titolo oneroso concorre a formare il reddito d’impresa ex art. 86 co.4 del T.U.I.R.

Le plusvalenze da cessione d’azienda si considerano realizzate alla data di stipula dell’atto, o se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà ex art. 109 co.2 lett. a) del T.U.I.R.

Le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito, per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto.

In caso di cessione da parte di società di persone, ex art. 58 del T.U.I.R., si applicano le norme sopra esposte relative alla cessione effettuata da soggetti IRES; le plusvalenze, per l’intero importo oppure rateizzate, concorrono alla determinazione del reddito imponibile che viene attribuito pro-quota ai soci.

Nel caso di cessione di ramo d’azienda da parte dell’imprenditore individuale, se ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 co.1 lett. g) e co.2 del T.U.I.R., l’imprenditore può optare per la tassazione separata.

È possibile ricorrere alla tassazione separata ex art. 17 co.2 Tuir per le aziende possedute dall’imprenditore da almeno cinque anni.

La tassazione separata implica che il presupposto imponibile non confluisca nel reddito complessivo come componente positivo di reddito d’impresa, con assoggettamento ad aliquote progressive IRPEF, ma che venga tassato solo sulla base di un’aliquota fiscale determinata secondo le regole dell’art. 21 del T.U.I.R.

Se non ricorrono i presupposti, o l’imprenditore non opta per la tassazione separata, si applica l’art. 58 del T.U.I.R. e non vi è alcuna differenza rispetto ai casi precedentemente illustrati per cui valgono le regole relative alla cessione effettuata da soggetti IRES.

2. Cessione dell’unica azienda affittata da parte dell’imprenditore individuale

Nel caso di cessione dell’unica azienda, già concessa in affitto, il concedente avendo già perso lo status di imprenditore per effetto del contratto stipulato, realizzerà una plusvalenza configurabile quale reddito diverso ex art. 67 co.1 lett. h) del Tuir con conseguente applicazione del principio di cassa.

I redditi di cui alla lettera h) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.

Nel caso di cessione dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale è possibile applicare i seguenti regimi di tassazione:

  • tassazione ordinaria non rateizzata (Cfr. C.M. 19/12/97 n. 320/E)
  • tassazione separata di cui all’art.17 co.1 lett. g) del T.U.I.R.; ove l’azienda sia posseduta da più di cinque anni (Tale modalità di tassazione prevede infatti un calcolo basato sull’aliquota media determinata sulla metà del reddito complessivo netto del contribuente del biennio precedente la cessione).

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