La Cina governa il mondo perché l’avidità lo ha venduto. E ora Xi punta sul warfare

Mauro Bottarelli

16 Ottobre 2022 - 20:35

Basta il grafico sulla proprietà intellettuale che gli Usa hanno ceduto negli anni per spiegare l’attuale assetto. E nel suo discorso-fiume, il presidente ha citato più la sicurezza della crescita

La Cina governa il mondo perché l’avidità lo ha venduto. E ora Xi punta sul warfare

Del discorso-fiume di Xi Jinping (100 minuti, equivalente di una partita di calcio con ampio recupero), chiaramente le sintesi si sono soffermate sui temi destinati a diventare virali. In primis, Taiwan e l’idea di riunificazione della Patria che per il presidente deve essere perseguita anche con l’uso immediato della forza. Nulla di nuovo, in realtà.

C’è stata poi la pandemia e la rivendicazione della politica zero-Covid che ha rinchiuso e confinato intere città, nei fatti descritta come indispensabile e risolutiva di quella sfida epocale, anche a costo di un prezzo salato a livello di crescita economica. Insomma, trattandosi dell’alluvionale prolusione a un Congresso del Partito comunista cinese, tutto come da copione.

Il problema, infatti, non sta tanto nell’assenza di colpi di scena. Certo, il quasi silenzio attorno alla questione ucraina ha fatto rumore, soprattutto dopo l’ennesima astensione in sede di voto ONU. Ma soltanto il pregiudizio ideologico può davvero continuare a sostenere la tesi della Cina che prende sempre più le distanze da Mosca. Non fosse altro per quanto ci mostra questo grafico,

Peso percentuale della Cina sul totale delle importazioni della Russia Peso percentuale della Cina sul totale delle importazioni della Russia Fonte: Macrobond/Western Union

di fatto la certificazione di missione compiuta per il progetto statunitense di polarizzare lo scontro per l’egemonia e, soprattutto, recidere di netto il cordone fra Europa e Federazione russa, utilizzando la leva energetica. Grazie alle sanzioni e prendendo una platea di 40 partner commerciali di Mosca, oggi fanno capo a Pechino oltre il 50% delle importazioni totali russe. Insomma, dipendenza quasi esiziale. E un economic masterplan straordinario per Xi Jinping.

Soprattutto a livello strategico. Perché questo altro grafico

Andamento comparato di import/export fra Germania e Cina Andamento comparato di import/export fra Germania e Cina Fonte: Bloomberg

mostra come anche la Germania veda oggi proprio nella Cina il suo partner commerciale più importante, soprattutto alla luce di una dinamica che per Berlino potrebbe risultare decisamente complicata da risolvere. Se infatti le esportazioni tedesche verso Pechino appaiono stagnanti da tempo, recentemente le importazioni sono letteralmente esplose. Di fatto, Russia e Germania appaiono accomunate da un futuro di totale dipendenza dalla Cina. Ovviamente, l’Europa si preoccuperà di affrontare questo scostamento epocale di equilibri solo quando sarà troppo tardi.

E la ragione è semplice. Per quanto la realtà ci offra quotidiane e sempre più palesi dimostrazioni del contrario, l’Occidente continua a guardare alla Cina come un’enorme fabbrica di chincaglieria a cielo aperto, un laboratorio clandestino da sottoscala dove si cuciono abiti a basso costo e palloni. Al netto del gap tecnologico e del suicidio insito nell’accelerazione verso la rivoluzione industriale verde che ci vedrà totalmente ostaggio del monopolio cinese di terre rare, questo altro grafico

Andamento comparato di spesa per utilizzo di proprietà intellettuale Usa e Pil cinese Andamento comparato di spesa per utilizzo di proprietà intellettuale Usa e Pil cinese Fonte: Matthews Asia, CEIC

appare come la lettera scarlatta dell’autolesionismo occidentale. Anzi, un manifesto dei costi di lungo periodo che un’impostazione mercantilista e votata all’avidità come valore di riferimento di una mal declinata idea di liberismo/globalismo ora sta presentandoci al tavolo.

Negli anni, l’America ha letteralmente mercanteggiato la sua primazia a livello di proprietà intellettuale alla Cina, quasi certamente per un misto di brama di denaro e, appunto, supposta superiorità nei confronti di quella che si riteneva nulla più che un’economia da super-produzione, utile per garantire al supermercato chiamato USA merce a basso costo per quel 70% di Pil basato sui consumi personali. Il prezzo da pagare? Un po’ di deflazione esportata, si pensava. E invece, eccoci a rincorrere. E, soprattutto, eccoci costretti a scendere a patti perennemente in posizione svantaggiosa. E, ormai, a dipendere.

Ed ecco che quest’ultima immagine

Media ponderata dell'utilizzo di «crescita» e «sicurezza» nei discorsi di Xi Jinping Media ponderata dell’utilizzo di «crescita» e «sicurezza» nei discorsi di Xi Jinping Fonte: Goldman Sachs

ci mostra il risvolto maggiormente interessante, inedito e rivelatore contenuto in quei 100 minuti di intervento. Non a caso, a sintetizzarlo e renderlo immediatamente intuitivo nella sua importanza ci ha pensato Goldman Sachs, azienda che bada al sodo. Rispetto ai due precedenti congressi del PCC, Xi Jinping ha mantenuto la stessa media ponderata nel numero di volte in cui ha utilizzato la parola crescita. In compenso, è esplosa la frequenza relativa a sicurezza.

Tradotto, dopo aver carpito la proprietà intellettuale all’America, forse Pechino ha deciso di abbandonare i settori storicamente strutturali ma a ciclico rischio di bolla come l’immobiliare e concentrarsi sul moltiplicatore del Pil per antonomasia. Il warfare, la spesa militare. Scelta strategica. E non solo a livello di numero del prodotto interno lordo. Ma si sa, Taiwan e il Covid garantiscono più click.

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