Investire in startup ESG può essere molto complesso data la loro struttura di queste aziende. Ecco una rapida guida su come muoversi in questo ambito e conoscerle più da vicino
Investire in startup è un desiderio di molti, specialmente se si ha la sensazione che quelle che troviamo in uno stato embrionale possano crescere e portarci dei compensi.
Con l’introduzione del concetto di ESG nel mondo delle startup sono nati anche molti nuovi investitori desiderosi di approfittare di ciò per arricchirsi. In primis però, per poter capire come investire in questo tipo di startup è necessario capire quali sono i parametri che le contraddistinguono.
Quali sono i parametri ESG
Le aziende che desiderano essere considerate startup ESG, con tutti i vantaggi e gli obblighi che ciò comporta, devono badare a questi parametri.
- Ambientale: si inserisce sotto l’ampio spettro della lotta al cambiamento climatico. Per conseguire gli obiettivi ambiziosi tracciati dagli Stati è necessario che il settore dell’imprenditoria agisca in modo responsabile nei confronti dell’ambiente. In questo ambito, i dati che vengono analizzati per realizzare la classifica sulla sostenibilità delle imprese riguardano, tra gli altri, la gestione delle risorse vitali (come l’acqua e l’aria), il rispetto della biodiversità, la sicurezza agroalimentare e il contenimento delle emissioni di anidride carbonica.
- Sociale: fa riferimento alle attività aziendali che hanno un impatto sociale. I parametri ambiscono a rilevare, tra le altre cose, il rispetto dei diritti civili e lavorativi da parte di un’impresa, il mantenimento di uno standard di lavoro a norma di legge, l’osservanza delle leggi relative al lavoro minorile e il più ampio campo dell’uguaglianza sociale.
- Governance: l’ultimo parametro è quello che riguarda la responsabilità di governance interna all’azienda. Questo è particolarmente importante poiché la governance di una società dà agli osservatori esterni indicazioni cruciali sulla sua identità aziendale. Sotto la lente di ingrandimento finiscono, dunque, le retribuzioni, il rispetto della meritocrazia e dei diritti degli azionisti, la remunerazione del comitato esecutivo e la qualità e diversità di quest’ultimo.
Attenti all’ESG-washing
Investire in questo settore può essere molto complesso e rischioso sotto molteplici punti di vista. In primis è necessario sottolineare che, per loro definizione, le startup possono essere molto volatili.
Ciò significa che, sebbene l’idea che giace alla loro base possa essere ottima, il loro management può non essere all’altezza, portando l’azienda ad andare male sul mercato o ancora peggio a fallire.
Un altro rischio al quale è possibile andare incontro è quello di “ESG-washing”. Questo significa che una startup potrebbe fingere di essere interessata alle tematiche di cui sopra solamente per attirare a sé nuovi investitori, salvo poi non rivelarsi veramente responsabile.
Al netto di questi rischi ci sono sul mercato molti analisti esperti, aziende di consulenza e fondi di investimento specializzate in ESG che sono in grado di rintracciare startup promettenti in ambito ESG su cui investire. In questo senso la cosa migliore da fare qualora si decida di investire in questo settore è affidarsi a questi professionisti, certi di essersi messi in mani sicure.
Storie di successo targate ESG
Il grande successo che sta avendo il settore ha portato molte aziende a fare una ricerca costante di nuove realtà su cui investire, sperando di trovare nel proprio portafoglio un «unicorno» ESG, ossia una startup che una volta lanciata sul mercato viene valutata più di un miliardo.
In questa direzione si è mossa 500 Global, azienda americana di venture capital che nel 2020 ha rilasciato il 2020 ESG annual report. All’interno del report si apprende che sono state analizzate 93 startup ESG, cercando di capire al meglio il loro comportamento sul mercato e la loro postura nei confronti delle tematiche ESG.
Global500 ha messo in evidenza che le startup che decidono da subito di utilizzare un approccio sostenibile a tutto tondo, invogliano maggiormente gli investitori attenti a queste tematiche a investire su di loro.
Dal report si apprende che queste startup prestano una grande attenzione alla componente dell’inclusività: più di un terzo delle aziende analizzate afferma di avere nel proprio organico più dell’80% del personale appartenente a una minoranza.
D’altra parte, sebbene sia emersa una grande sensibilità per l’inclusione delle minoranze la stessa cosa non si può dire del gender gap.
Secondo quanto emerso dalla ricerca di Global 500 infatti, in circa la metà delle aziende censite non c’è nessuna donna con una posizione manageriale o nel consiglio di amministrazione.
Anche dal punto di vista della sensibilità alla privacy emerge grande attenzione da parte delle startup ESG: di quelle censite, la quasi totalità (95,2%) afferma di aver implementato sistemi per proteggere i dati sensibili, sia di proprietà del cliente che dei dipendenti.
Nonostante ci sia la consapevolezza che il monitoraggio dell’energia e delle risorse idriche sia percepita come positiva dagli investitori, è emerso che il 72% delle aziende intervistate non monitora il consumo di queste importanti risorse.
Una startup che può rappresentare questo trend è l’italiana Treedom (di Firenze), che opera nell’ambito green. Il servizio che treedom offre è molto semplice quanto fondamentale: vende la possibilità di piantare alberi. Grazie a questo servizio, gli acquirenti possono sapere esattamente dove acquistano il loro albero, che viene geo-localizzato.
Dopo aver venduto un certo numero di alberi, l’azienda invia sul territorio dei tecnici che dapprima si occupano di curare gli alberi e successivamente formano le persone sul territorio per insegnare loro come prendersi cura degli alberi.
Facendo ciò, Treedom si assicura di svolgere due compiti in materia di ESG molto importanti, il primo, ossia quello di contribuire all’aumento delle aree verdi in determinati territori; e sociale, ossia insegnando alle persone del territorio come prendersi cura degli alberi, consentendo loro di approfittare dei loro frutti. La startup ha attirato l’attenzione di numerosi investitori fra cui Banche Generali, a inizio 2021 era valutata circa 33 milioni di euro.
Venture Radar, realtà che si occupa di discovery e ranking di società, inoltre, ha redatto una classifica contenente alcune delle startup ESG più interessanti.
Un esempio è fornito dalla prima in classifica, Xpansiv, un sito online in cui è possibile commerciare in commodity, che è acclamato come uno dei prossimi unicorni made-in-USA.
Un altro esempio è fornito da Alkymi, startup fondata nel 2017 che trasforma i documenti in dati per aiutare il mercato dei capitali ad automatizzare, comprendere il rischio e prendere decisioni migliori.
Sebbene non si parli ancora della possibilità di essere un unicorno, Alkymi ha raccolto molto successo sui mercati, ricevendo un seed investment di 5 milioni di dollari.
Queste startup sono molto diverse fra loro in quanto assegnano a ognuno dei parametri una diversa importanza.
Nel caso di Treedom ad esempio, spiccano le funzioni ambientali e sociali; dal momento che lavora per impattare positivamente sull’ambiente e sulle società che coinvolge; nel caso di Xpansive il lato predominante è sicuramente quello ambientale, poiché l’azienda punta sul fatto di ottimizzare i consumi di risorse; infine Alkymi, che ha come principale obiettivo quello di ottimizzare i processi aziendali partendo dall’interno, migliorando le dinamiche di governance.
Sebbene non sia dunque possibile analizzare e mappare ogni startup ESG presente sul mercato, questo sintetico riassunto deve servire per capire quali sono i punti di forza e di debolezza di queste realtà, sicuramente in continua crescita.
Chi deve investire in startup ESG
Potenzialmente chiunque può essere interessato al mondo delle startup ESG in qualità di investitore. In questo caso, è possibile immaginare che coloro che saranno più interessati a questo ambito saranno gli investitori che vogliono avere un impatto positivo nell’ambito della sostenibilità e del mondo degli investimenti.
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