Il senatore del Pd, Andrea Marcucci, intervistato da Money.it chiede di allargare l’alleanza dopo le comunali guardando non solo al M5s, ma anche a Italia Viva, Azione e ai liberali di Forza Italia.
Dopo le elezioni comunali il Pd e il centrosinistra provano a ricostruire il campo largo che non sempre si è rilevato un successo alla tornata del 12 giugno. La nuova coalizione, in vista delle politiche, potrebbe non comprendere soltanto Movimento 5 Stelle e Articolo 1, ma anche altri partiti.
Tra i sostenitori dell’allargamento verso il centro dell’alleanza c’è Andrea Marcucci, senatore del Pd ed ex capogruppo al Senato dem: intervistato da Money.it spiega che il rischio è di soccombere alle politiche e per questo “servono immediate contromisure”.
Secondo Marcucci bisogna ereditare l’agenda di Draghi, che unisce il Pd ad Azione e Italia Viva, senza alcun veto per il M5s. Non solo, perché - prosegue il senatore dem - “parlerei anche con altri, con Marco Bentivogli e con i liberali di Forza Italia”.
Il centrosinistra porta a casa tre sindaci al primo turno, ma resta nettamente dietro al centrodestra. Crede che queste elezioni comunali siano andate male per il Pd e la sua coalizione?
Il Pd è il primo partito dopo questa turno elettorale, un risultato che mi sembra molto lusinghiero. Detto questo, non voglio eludere un problema che esiste, ha ragione. Come dico da mesi, il campo largo assomiglia a un’aia di campagna e, di fronte a un centrodestra unito, rischia di soccombere anche alle politiche, come è avvenuto a Genova e a Palermo. Per questo servono immediate contromisure.
Dopo il voto in molti pongono il tema delle alleanze nel centrosinistra: può davvero esistere il campo largo di cui parla Letta o queste elezioni dimostrano che gli equilibri sono troppo fragili, soprattutto in qualche zona d’Italia?
La chiave di volta sarà il programma. Noi dobbiamo lavorare a un progetto per l’Italia, che erediti l’agenda di Draghi: innovazione, riforme, attenzione ai temi sociali, Europa. Il programma renderà naturali le alleanze da perseguire.
Secondo lei ora la coalizione si deve ricostruire partendo principalmente da un’alleanza con Azione e Italia Viva?
Anche questo lo affermo da tanto, è naturale che sia così. L’agenda Draghi unisce inevitabilmente il Pd ad Azione e Italia Viva. Da parte mia nessun veto al M5s, troverà tanti miei lanci di agenzia di soddisfazione per le posizioni di volta in volta espresse dal ministro Di Maio. Se non sbaglio, il titolare della Farnesina è un esponente di peso del partito di Conte.
Non è preoccupato dal fatto che in alcune città Azione e Iv abbiano puntato su candidati di destra? Ci sono davvero basi comuni per poter riaprire il dialogo?
Alle amministrative considero naturale che possano esistere anche alleanze di altro segno. Renzi è stato segretario del Pd, Calenda un suo ministro, eletto deputato europeo nelle nostre liste, parlare con loro è naturale e il collante è l’agenda Draghi. Tenga presente che di questa alleanza io parlerei anche con altri, con Marco Bentivogli, con i liberali di Forza Italia, con tutti coloro che non vogliono finire sotto il giogo sovranista della Meloni.
E quale sarà il ruolo del Movimento 5 Stelle in questa alleanza? Crede che il Pd debba ancora guardare a loro?
Questo lo devono decidere loro, a partire da Giuseppe Conte. Il Pd deve costruire una alleanza europeista e draghiana, il posto per loro non sarò io a sottrarlo.
Poi c’è la sinistra: il Pd deve guardare a tutto il mondo dei partiti di sinistra e provare a stringere maggiormente i rapporti?
È il momento della politica, è la politica che tiene insieme le differenze, come fece Romano Prodi quando tenne a battesimo l’Ulivo. Lo spazio c’è, se non prevalgono gli steccati e l’egoismo.
L’obiettivo del Pd potrebbe essere quello di arrivare a un sistema proporzionale per competere da solo? Il primo posto tra i partiti in Italia sembra incoraggiare questo scenario…
Certo, il proporzionale servirebbe soprattutto all’Italia, perché consentirebbe una distribuzione geografica più equa e più corrispondente alla situazione politica. Diciamo che da luglio fino a dicembre si aprirà una finestra dove, se si vorrà, si potrà cambiare legge elettorale.
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