Condivisione dell’account Netflix, è legale? Sì, ma solo all’interno del nucleo domestico o pagando l’utente extra. In caso contrario, Netflix può bloccare l’accesso (e non solo).
Dare il proprio account Netflix a un amico era una prassi diffusa, una consuetudine informale tollerata. Una zona grigia in cui studenti fuori sede, coinquilini ed ex compagni di università condividevano credenziali e costi dell’abbonamento senza troppe preoccupazioni.
Oggi, però, lo scenario è cambiato: la piattaforma ha rafforzato le misure contro la condivisione non autorizzata e le implicazioni non sono solo tecniche, ma anche contrattuali e – in certi casi – giuridiche. Le nuove regole parlano chiaro: l’account è personale e destinato solo ai conviventi.
Come è cambiata la politica di condivisione di Netflix?
Inizialmente, Netflix adottava un approccio flessibile riguardo alla condivisione degli account. La possibilità di creare profili multipli e l’assenza di restrizioni geografiche implicite favorivano la condivisione tra amici e familiari non conviventi. Tuttavia, questa pratica, sebbene diffusa, non era formalmente autorizzata dalle condizioni d’uso della piattaforma.
A partire dal 2023, Netflix ha introdotto misure restrittive per limitare la condivisione degli account al solo «nucleo domestico». La motivazione è dettata dalla necessità di contrastare la perdita di introiti derivante dall’uso condiviso degli account da parte di utenti non conviventi. La piattaforma ha introdotto sistemi di monitoraggio basati su indirizzi IP e identificatori dei dispositivi per verificare l’effettiva appartenenza al nucleo domestico.
È legale condividere il proprio account Netflix?
L’accesso ai contenuti avviene tramite abbonamenti personali, la condivisione di credenziali può sembrare un gesto innocuo e diffuso. La questione non riguarda solo l’etica ma il valore vincolante delle condizioni contrattuali e le possibili conseguenze giuridiche.
Cosa dicono i termini di servizio di Netflix?
I termini d’uso Netflix costituiscono un contratto di adesione ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., redatto unilateralmente dal fornitore e sottoposto all’accettazione dell’utente al momento dell’attivazione dell’abbonamento. Tali condizioni contrattuali prevedono espressamente che l’uso del servizio sia limitato alle persone appartenenti al medesimo “nucleo domestico”, definito contrattualmente come l’insieme dei soggetti che risiedono stabilmente nella stessa abitazione.
La clausola contenuta nella sezione “Utilizzo del servizio” delle condizioni contrattuali stabilisce che:
“Il servizio e qualsiasi contenuto visualizzato tramite il servizio è destinato esclusivamente a un uso personale e non commerciale e non può essere condiviso con persone esterne al tuo nucleo domestico.”
La nozione di “nucleo domestico”, pur non trovando un’espressa definizione nel diritto civile italiano, non coincide né con il concetto di famiglia ai sensi dell’art. 29 Cost. né con quello di convivenza more uxorio , bensì assume una rilevanza tecnico-contrattuale, funzionale all’erogazione del servizio e alla verifica di eventuali utilizzi impropri. In questo contesto, Netflix si riserva il diritto di monitorare l’uso dell’account mediante parametri tecnici quali l’indirizzo IP, i dispositivi connessi e l’attività di visione.
La condivisione dell’account con soggetti non conviventi, anche se legati da vincoli di parentela o amicizia, rappresenta quindi una violazione delle condizioni contrattuali. Sotto il profilo giuridico, essa integra un inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c., che può dar luogo a responsabilità dell’utente. In mancanza di una clausola penale, il contratto prevede comunque la possibilità per Netflix di avvalersi della risoluzione espressa ai sensi dell’art. 1456 c.c., qualora la violazione sia grave o reiterata.
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Condividere un account può comportare responsabilità legali?
La responsabilità contrattuale dell’utente, in caso di uso dell’account in violazione delle condizioni accettate, si fonda sul principio di cui all’art. 1218 c.c.:
“il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, salvo che provi che l’inadempimento sia stato determinato da causa a lui non imputabile.”
Anche in assenza di dolo, infatti, l’utente può essere ritenuto responsabile qualora abbia agito con negligenza, imprudenza o imperizia, in base al parametro della diligenza del buon padre di famiglia art. 1176 c.c.. Pertanto, la piattaforma può legittimamente sospendere o disattivare l’account, salvo ogni ulteriore pretesa risarcitoria qualora dimostri un danno patrimoniale subito.
Dal punto di vista penale, la semplice condivisione dell’account, in assenza di condotte fraudolente o elusione di misure di sicurezza, difficilmente integra una fattispecie criminosa. L’art. 615 ter c.p. (accesso abusivo a sistema informatico) richiede, infatti, l’intenzionale superamento di barriere di sicurezza, come password, autenticazioni o meccanismi anti-frode. Diversamente, l’uso improprio tollerato o non protetto da misure attive difficilmente soddisfa tale requisito. Parimenti, la truffa informatica art. 640 ter c.p. presuppone un danno patrimoniale concreto e un intento di profitto, mentre la sostituzione di persona art. 494 c.p. si configura solo in caso di utilizzo consapevole di identità altrui. È dunque necessario un vaglio caso per caso, soprattutto quando l’accesso avvenga mediante piattaforme di terzi o in presenza di un ampio numero di soggetti coinvolti.
Sebbene la giurisprudenza italiana non abbia ancora affrontato in modo sistematico il tema della condivisione degli account digitali in contesti domestici o para-domestici, non mancano precedenti significativi in ambito comparato. Negli Stati Uniti, ad esempio, il caso United States v. Nosal (2012) ha affermato che l’accesso a sistemi informatici tramite credenziali non autorizzate può costituire violazione del Computer Fraud and Abuse Act (CFAA), anche in ambito lavorativo o familiare. Nel Regno Unito, la prosecuzione per “unauthorized use of service” è stata possibile grazie alla Computer Misuse Act. Queste pronunce, pur non direttamente applicabili nel nostro ordinamento, costituiscono spunti utili per comprendere l’evoluzione delle prassi regolatorie e le potenziali derive sanzionatorie, in particolare quando l’uso condiviso avviene tramite servizi terzi non autorizzati.
È legale usare piattaforme come Sharesub o Together Price?
L’uso di piattaforme come Sharesub o Together Price, che consentono di condividere abbonamenti digitali tra più utenti in cambio di una ripartizione del costo, solleva non pochi interrogativi dal punto di vista legale. Tali servizi operano offrendo un’infrastruttura che consente la «messa in comune» degli accessi a pagamento, ma lo fanno senza l’autorizzazione delle piattaforme titolari del servizio.
Sul piano contrattuale, la condivisione organizzata tramite soggetti terzi viola le condizioni d’uso di Netflix, che vietano espressamente l’uso dell’account da parte di soggetti estranei al nucleo domestico. Anche quando vi sia un consenso economico tra le parti coinvolte, ciò non legittima l’uso non conforme dal punto di vista del fornitore del servizio.
In assenza di una normativa specifica, non esiste a oggi un divieto normativo espresso che sanzioni l’uso di tali piattaforme in sé.
Tuttavia, in casi di condivisione massiva o fraudolenta, si potrebbero ipotizzare conseguenze più gravi, quali:
- responsabilità contrattuale dell’utente verso Netflix per violazione delle condizioni d’uso;
- eventuale coinvolgimento penale in caso di accesso abusivo a sistema informatico art. 615 ter c.p., soprattutto se l’accesso comporta l’uso indebito di credenziali;
- configurazione del reato di concorrenza sleale art. 2598 c.c. nei confronti di Netflix per le piattaforme che promuovono e monetizzano tali sistemi.
Sebbene manchi, al momento, una giurisprudenza consolidata italiana sul tema specifico, vi sono precedenti nel diritto comparato (es. USA e Regno Unito) che hanno riconosciuto come illegittimo l’uso di account condivisi in modo massivo tramite canali non autorizzati.
Come condividere legalmente un account Netflix?
La condivisione tra familiari conviventi è l’unica forma gratuita di condivisione consentita dal contratto Netflix. La definizione di nucleo domestico, pur non basandosi su una nozione giuridica del diritto civile (es. art. 29 e ss. c.c.), assume una rilevanza contrattuale e tecnologica autonoma.
Netflix utilizza infatti strumenti di verifica dell’uso coerente, come:
- l’indirizzo IP della rete fissa (Wi-Fi);
- i dispositivi registrati al domicilio dell’abbonato;
- l’attività recente di visione.
Tali meccanismi consentono di accertare se l’uso è effettivamente circoscritto all’ambiente domestico. Qualsiasi utilizzo da parte di familiari che non vivono sotto lo stesso tetto, anche se genitori, figli maggiorenni o fratelli, costituisce una violazione delle condizioni contrattuali.
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Quanto costa condividere un account Netflix in modo legale?
Condividere un account Netflix può essere perfettamente legale, ma solo se avviene nel rispetto delle condizioni previste dalla piattaforma. Dal 2023, infatti, Netflix consente la condivisione dell’abbonamento al di fuori del nucleo domestico esclusivamente tramite l’opzione “utente extra”, disponibile per i piani a pagamento più elevati.
Questa possibilità ha un costo aggiuntivo fisso, che varia a seconda del piano scelto dall’utente principale.
Quali sono i costi per i piani con utenti extra?
Attualmente, Netflix propone tre principali tipologie di abbonamento. Solo due di queste - Standard e Premium - includono la possibilità di aggiungere utenti extra. Di seguito i costi aggiornati al 2025:
- il Piano Standard ha un prezzo base di €12,99/mese e ha 1 utente extra ammesso. Il costo utente extra è di € 4,99/mese. Il piano standard include la visione in Full HD su 2 dispositivi simultanei;
- il Piano Premium ha un prezzo base di €17,99/mese; 2 utenti extra ammessi. Il costo per ciascun utente extra è di €4,99/mese. Il piano premium prevede la visione in 4K + HDR su 4 dispositivi simultanei;
- il Piano Base (non ammette utenti extra) ed ha un prezzo di €7,99/mese con visione su un solo dispositivo e nessuna opzione di condivisione esterna.
L’utente extra, una volta aggiunto, riceve un proprio accesso personale, indipendente da quello del titolare dell’account. Tuttavia, resta tecnicamente e contrattualmente collegato all’abbonamento principale, e il pagamento dell’extra rimane in carico all’intestatario del piano.
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